giovedì 20 agosto 2009

A tu per tu con il cattivo maestro del quartiere Bovisasca

Qualche giorno fa, in Piazzale Cadorna, Sinistra Critica con il candidato alla presidenza della Provincia di Milano Pietro Maria Maestri (detto Piero), distribuisce migliaia di tessere di “accesso garantito” sui trasporti pubblici a tutti i milanesi. Una risposta alla provocazione di Salvini?
Assolutamente si. È chiaro che la provocazione di Salvini è quasi esclusivamente elettorale, ma questo non la rende meno grave e pericolosa. La Lega Nord fornisce una risposta razzista e discriminatoria al disagio sociale e al peggioramento della socialità e della qualità della vita nei nostri quartieri. Di questo peggioramento sarebbero responsabili gli immigrati, secondo loro, e non gli amministratori che governano la città da quasi vent’anni – e tra questi proprio la Lega. Noi pensiamo invece che Milano può e deve essere una città aperta e accogliente e dare una risposta a questo disagio con più servizi sociali e culturali.
Trova analogie fra l’immigrazione meridionale del dopoguerra e quella degli extracomunitari di oggi?
Le due principali analogie sono la chiusura e la diffidenza di molti cittadini milanesi e la ricerca di migliori condizioni di vita degli immigrati. Diversa la condizione che si trovano di fronte: troppi stranieri sono costretti alla clandestinità e all’invisibilità dalle leggi che non permettono loro di regolarizzarsi – e questo li espone a un doppio ricatto (economico e legale).
Ci dice qualcosa della manifestazione nazionale “Da che parte stare”, organizzata per il prossimo 23 maggio proprio a Milano?
Si tratta di una manifestazione “delle e dei migranti e delle/degli antirazzisti” che vuole affrontare due questioni: da una parte si contesta in maniera decisa il disegno di legge “sicurezza” appena approvato dalla Camera che renderà ancora più invisibili i migranti e rappresenta una nuova e ulteriore forma di discriminazione nei loro confronti; dall’altra scegliere, di fronte alla crisi economica, di “stare dalla parte” dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati – italiani e migranti. Se i salari italiani sono i più bassi d’Europa la responsabilità non è degli immigrati, ma di imprenditori e padroni che in questi anni hanno aumentato i loro profitti scaricando i costi sui lavoratori, sui pensionati e così via.
Secondo Sinistra Critica le amministrazioni locali stanno amplificando l’allarme “sicurezza”, veicolato a livello nazionale dal governo e dalla sua maggioranza. Eppure ogni giorno i giornali parlano di reati ai danni di comuni cittadini...
Infatti i giornali sono buoni alleati di questa “amplificazione”. Le statistiche ufficiali parlano di una diminuzione di reati, ma le pagine dei giornali si concentrano su questi, perché la “retorica pubblica” razzista e discriminatoria oggi fa vendere di più (economicamente e politicamente).
“Sindaci-sceriffo” e presidenti di Provincia “democratici” che scimmiottano la Lega. Quale la realtà peggiore?
Non c’è una grande differenza, fanno tutti un lavoro sporco e demagogico per fini elettorali. Concretamente non si affronta quel disagio di cui parlavamo prima. E sono anche contradditori: da una parte ci spiegano che grazie ai soldati in città sono diminuiti i reati, dall’altra insistono sulla necessità di sicurezza (perché sarebbero aumentati i reati…) in campagna elettorale. Comunque per certi versi fanno più danni i presidenti “democratici”, perché rendono più credibile la retorica della Lega Nord.
Chiariamo meglio in che modo “l’orientamento riformista e l’autocentratura settaria stanno facendo vacillare il concetto di sinistra...”.
La frase si riferisce alla scelta di Prc e PdCi di presentarsi alle elezioni europee insieme. Da un lato non fanno i conti con le scelte sbagliate fatte durante il governo Prodi (aver votato per la guerra, per esempio…) - a causa di quel “riformismo” che porta a partecipare a governi che non possono e non vogliono rappresentare un’alternativa politica vera; dall’altro difendono settariamente i loro simboli senza provare ad allargare e discutere seriamente con la sinistra anticapitalista diffusa la possibilità di liste nuove in rottura con le scelte degli anni passati.
Sinistra Critica – per le imminenti elezioni - propone un programma assolutamente anticapitalista incentrato sulla questione del lavoro, della crisi economica e della necessità di far pagare la crisi stessa a chi non ha mai pagato. Ci racconta qualcosa della vostra Legge popolare sul Salario minimo?
Qualche settimana fa abbiamo consegnato al Senato oltre 70mila firme di sottoscrittori per una proposta di legge di iniziativa popolare che istituisca un salario minimo intercategoriale di 1300 euro (cifra considerata dai più seri istituti di ricerca come il minimo livello di sussistenza), oltre che un salario sociale di 1000 euro per disoccupati e pensionati, la restituzione del fiscal drag (che ogni anno erode parte del salario dei lavoratori) e la previsione di una nuova scala mobile, strumento importante di recupero salariale. È una legge che proclama “noi non vogliamo pagare la vostra crisi”, rivolto a banche e imprenditori che in questi anni hanno visto aumentare i profitti – mentre i lavoratori hanno visto diminuire i loro salari (oltre alle garanzie e i diritti sul lavoro).
Peraltro è in discussione in Senato...
Sì, l’iter parlamentare è iniziato proprio in questi giorni alla Commissione lavoro con la relazione e ora anche i rappresentanti di Sinistra Critica saranno chiamati in Senato per un’audizione. Ci auguriamo che la prima legge di sinistra di questa legislatura sia portata presto al voto dell’aula.
Si può ancora aderire alle legge?
Certo, visitando il sito http://www.51000.it/.
Sempre in tema di leggi, cosa ne pensa di quella sul federalismo fiscale?
La legge sul federalismo fiscale è negativa perché da una parte rafforza il rispetto del Patto di stabilità europeo, che produce privatizzazioni e riduzioni drastiche dei servizi sociali e dall’altra introduce la logica del più forte a scapito del più debole, legando le disponibilità finanziarie dei comuni, delle province e delle Regioni agli equilibri complessivi definiti dalla Banca centrale europea e dai governi europei. Altro che “autodeterminazione”: si permette alle Regioni forti di rimanere agganciate all’Europa liberista, mentre quelle deboli vedranno una sempre maggiore riduzione di servizi e garanzie per i loro cittadini.
La tangenziale est esterna risolverà i nodi di traffico che da sempre condizionano Milano e hinterland?
Non solo non risolverà il problema del traffico, ma ne richiamerà di nuovo e contribuirà al peggioramento dell’inquinamento atmosferico della metropoli milanese. Oltretutto per riuscire a “vendere” questa autostrada ai sindaci della zona, è stato firmato un accordo di programma che legava la realizzazione della TEM ad una serie di interventi sul ferro, come il prolungamento M2 fino a Vimercate, quello di M3 a Paullo, il servizio metropolitano sulla ferrovia verso Treviglio. Opere che non sono affatto garantite, invece. Siamo convinti che non si possano più costruire autostrade “ma anche” ferrovie: è necessaria invece una svolta radicale: una moratoria nella costruzione di autostrade per puntare allo sviluppo delle infrastrutture del trasporto collettivo. Senza mega-progetti, razionalizzando l’esistente.
Tassa Ici. Voi proponete di reintrodurla per chi guadagna più di 50mila euro all’anno...
L’Italia non è il paese dove si pagano troppe tasse, ma quello dove le tasse sono pagate quasi esclusivamente dai lavoratori dipendenti e dai redditi medio bassi. Se vogliamo rilanciare progetti di recupero ambientale e produttivo e ridare fiato all’economia e ai servizi pubblici, chi ha redditi più alti deve contribuire di più. L’abolizione dell’Ici oltretutto ha danneggiato i comuni, che hanno meno risorse per i servizi e saranno spinti a concedere sempre più aree alla speculazione edilizia, in cambio di oneri di urbanizzazione necessari a “fare cassa”.
Relativamente all’attuale amministrazione della Provincia, come spiega lo sfaldamento della coalizione Penati?
L’elezione di Filippo Penati alla presidenza della Provincia di Milano aveva suscitato aspettative e interesse, perché rompeva l’occupazione delle istituzioni milanesi da parte del centrodestra e portava al governo locale istanze e progetti di quella che si chiamava “sinistra radicale”. Questa non è stata però in grado di determinare le scelte politico-amministrative della maggioranza e ha dovuto subire – in maniera subalterna e accondiscendente – le scelte del presidente Penati: nuovi inceneritori, nuove autostrade, retorica della “sicurezza”... Alla fine anche il Prc ha capito che presentarsi alle elezioni appoggiando Penati sarebbe stato un suicidio.
E ora Rifondazione Comunista (da cui vi siete separati l’anno scorso) si presenta per conto suo?
Appunto. E lo fa principalmente perché il PD ha scelto la strada della rottura alla sua sinistra e non per una sua scelta strategica di alternativa reale al PD e alle sue politiche. Una decisione tardiva e incoerente.
La sua carriera politica inizia nel 1978 quando appena sedicenne si iscrive a Democrazia Proletaria. Nel nuovo partito militano anche esponenti di Avanguardia Operaia, movimento sorto proprio a Milano nel 1968. In che modo il suo nuovo partito affronta il difficile tema della lotta armata, perseguito per anni da gruppi di estrema sinistra?
Democrazia Proletaria – come prima A.O. – si è sempre opposta con trasparenza e decisione alla scelta della lotta armata: nostro era lo slogan (tanto criticato) “Contro le BR e contro lo stato”. Con queste parole volevamo significare la nostra contemporanea opposizione al sistema economico, sociale e politico capitalistico e ai gruppi armati, dei quali non condividevamo metodi e obiettivi. La sconfitta dei gruppi armati è stata anche il frutto dell’esistenza e della resistenza di un’opposizione sociale e politica radicale alla luce del sole.
Per concludere, ci dice un aggettivo bello e uno brutto per definire il quartiere Bovisasca dove è nato nel ’62?
Brutto perché carente di servizi sociali e culturali ed esposto al crescente traffico automobilistico (se il progetto della Gronda Nord verrà messo in pratica sarà molto pesante l’impatto). Bello perché verde e sufficientemente tranquillo (senza essere un quartiere finto e circondato da cancellate). E comunque è difficile non provare affetto per il quartiere in cui si vive da oltre 47 anni.

(Intervista condotta nel mese di maggio 09)

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