mercoledì 30 dicembre 2009

"Sono pienamente d'accordo con il rettore Decleva"

Partiamo dal disegno di legge sull'università presentato dal ministro Gelmini. Decleva parla di "un'occasione fondamentale e per molti versi irripetibile". È anche lei di questo parere?
Sono pienamente d’accordo con il rettore Decleva: è un momento cruciale a cui nessuno, responsabilmente, può sottrarsi. Il sistema è da riformare profondamente su due direttive che sono la trasparenza del reclutamento su basi meritocratiche, e la distribuzione delle risorse su base premiale con parametri certi e condivisi (sia dal Ministero verso gli Atenei sia, all’interno del singolo ateneo, verso le strutture che lo compongono a tutti i livelli). Ovviamente tutto ciò si articola con criteri, spesso complessi, da applicare cercando di non distruggere ciò che funziona. Mi riferisco alle proposte di governance che, se troppo radicali, potrebbero essere paradossalmente disfunzionali. Condizione indispensabile è poter poi disporre di risorse sufficienti.
Alla luce di queste considerazioni in che modo l'università italiana si appresta a varcare il primo decennio degli anni Duemila?
Malgrado la drammaticità della situazione, il sentimento prevalente è la fiducia: fiducia di poter costruire qualcosa che sia congruo con le sfide di un mondo che è cambiato e che cambia rapidamente.
Ci sono dunque buone prospettive per i futuri ricercatori?
Sicuramente migliori rispetto a quelle dei ricercatori delle ultime due generazioni.
Si parla anche di un 'fondo nazionale per il merito…
Certamente si accentuerebbero i segnali virtuosi, ma come ho detto è tutto il sistema che deve reggere su base meritocratica.
E per ciò che riguarda il nepotismo?
È un fenomeno odioso che deve essere sradicato e che è da eliminare agendo sulla trasparenza del reclutamento come si può e si deve fare. Vorrei ricordare che, anche se i media ne hanno fatto il simbolo dell’università italiana, è sicuramente un aspetto che, ai livelli descritti, è localizzato in alcune realtà e non certo ovunque.
Cosa non le piace della riforma Gelmini?
Ho forti dubbi, a proposito della governance, sull’intenzione di abolire le Facoltà: senz'altro la Facoltà come istituzione deve essere riformata (penso alla non attualità della stessa come assemblea deliberante), ma in alcune aree è proprio questa struttura che può fare da collante fra i dipartimenti, i corsi di laurea e i settori scientifico disciplinari che, anche se ridotti di numero, rappresentano una entità di riferimento che non mi sembra si voglia abolire. In più la Facoltà di Medicina e chirurgia deve vedersela con le convenzioni con i vari ospedali in cui è presente, e non penso che un coordinamento anche di questa funzione sia facilmente sostituibile. Un altro aspetto in cui mi muoverei con cautela è la riforma del Consiglio di Amministrazione ma penso e spero che questi punti possano essere giocati con attenzione e senso di responsabilità nella discussione del disegno di legge.
Cambiamo argomento e parliamo di febbre suina. È vero che comincia a fare meno paura?
Non credo proprio: è una cosa seria e la guardia deve essere sempre alzata. Certo avrebbe potuto essere ancora peggio, ma coi virus e le loro mutazioni non vi è nulla di sicuro e l’attenzione deve essere sempre elevata.
Recentemente si è un po’ polemizzato sul fatto che i medici raccomandino le vaccinazioni ma siano loro i primi a non sottoporsi alla vaccinazione. Qual è il suo punto di vista?
Questo è un aspetto antico e sconcertante della classe medica che sicuramente è a rischio più di altri: non c’è niente di nuovo, anche se mi riferiscono che le vaccinazioni stanno procedendo celermente.
Lei si è vaccinato?
Sì.
Per ciò che riguarda la facoltà di medicina, quali sono le specializzazioni che interessano di più?
Il problema è: quali sono le specializzazioni di cui avremo maggiormente bisogno nei prossimi anni? È una domanda assolutamente attuale e alla cui risposta ci si sta lavorando. Si consideri come alcune specializzazioni - che solo alcuni anni fa sembravano destinate ad esaurirsi - siano diventate importanti nel mondo globale multietnico: si pensi ad esempio a tutte le malattie tropicali che ormai vengono importate con i flussi della migrazione.
E per ciò che concerne, invece, l'anatomia umana, ci sono ancora cose da scoprire?
L’anatomia fa parte di una più grande area di ricerca: la morfologia. Questa disciplina studia i metodi per la misurazione delle forme con i loro aspetti quantitativi e qualitativi, abbracciando il campo ultramicroscopico. Si considerino gli strumenti recentissimi per catturare le immagini e quindi la necessità della loro misura e interpretazione. Penso proprio che ci sia ancora molto da scoprire anche nel valutare l’anatomia funzionale dell’uomo.
Essendo un quotidiano milanese siamo soliti chiedere ai nostri interlocutori qualcosa sulla città… Ci dice, dunque, il medico milanese (o lombardo) che ha influenzato di più il suo pensiero?
Ovviamente mi viene in mente Golgi, vista la mia estrazione isto-anatomica, anche se, lui a Pavia, è stato uno strenuo avversario di Mangiagalli quando, poco dopo gli anni 20, si è costituita la facoltà medica milanese.
E il periodo storico legato alla metropoli che la affascina di più?
Sicuramente, forse legato agli studi delle scuole medie, il periodo delle guerre del risorgimento e quindi, per Milano, le 'cinque giornate'.
Sa che in Porta Venezia è ancora visibile il segno di una cannonata delle Cinque Giornate?
No, non lo sapevo.

"Parliamo di integrazione, senza demagogia"

Da qualche mese è responsabile della vicepresidenza alla Provincia. Può raccontare ai nostri lettori le sue prime mosse?
Al di là degli aspetti organizzativi, fra le prime mosse c’è stata quella di sistemare il bilancio, dopo il buco lasciatoci dalla passata legislatura. Poi abbiamo dovuto sostenere dei tagli, senza però penalizzare i comuni.
E per ciò che riguarda la cultura?
Manteniamo gli eventi ‘storici’ intoccabili come Invito a Teatro, che richiama ogni anno migliaia di appassionati. E’ inoltre appena finita la rassegna cinematografica curata da Maurizio Cabona, Invictis Victi Victuri. Per ciò che riguarda le nuove iniziative siamo lieti di proporre una stagione teatrale particolare coinvolgendo 17 teatri: 8 spettacoli a 68 euro. Per ora abbiamo a che fare solo con teatri milanesi, ma in futuro vorremmo coinvolgere anche le sale di provincia. Poi citiamo la mostra allo spazio Oberdan sulla caduta del muro di Berlino – con la partecipazione di Vittorio Sgarbi – che proseguirà sino a fine novembre.
Altre iniziative?
Parliamo di integrazione, senza demagogia. Un’integrazione che punta a far conoscere e valere le nostre tradizioni, la nostra cultura e la nostra lingua.
In che modo?
Con corsi di lingua e offrendo agli stranieri strumenti per diventare cittadini italiani.
Parlando di integrazione non si può fare a meno di citare uno dei problemi più grossi per la città di Milano (e la provincia): i rom. Come pensate di venire a capo della situazione?
È un grosso problema di ordine pubblico. Per i rom regolari bisogna predisporre delle aree ben definite e vigilate, per gli altri va previsto il rimpatrio.
E per chi commette reati?
Sai cosa dice Prosperini?
Più o meno...
Barchetta, cammello e torni a casa tua... Espulsione secca.
Addirittura...
Non si fa integrazione mandando la gente ai semafori a chiedere l’elemosina.
Altro tema caldo è quello degli islamici. Mai stato in una moschea?
No.
Non le piacerebbe fare un giretto?
Non è tra la mie attuali priorità.
Come vede il dialogo fra cristiani e musulmani?
Il punto è assai delicato. Io ho rispetto per tutte le religioni. Tuttavia qui siamo in Italia, perciò non vedo perché si debba mettere il cristianesimo al pari dell’islam.
Crede che dietro l’esplosione di una bomba - poche settimane fa - presso la caserma di Santa Barbara ci sia qualche trama terroristica?
Non lo so. Tuttavia credo che se una persona arriva a fare quel che ha fatto Game, è facile possa esserci alle sue spalle una strategia di qualche tipo. La risposta ce la darà la magistratura, indagando sul caso.
Come fa a gestire le numerose cariche che contraddistinguono il suo operato?
In realtà da quando sono vicepresidente della Provincia mi sono dimesso da vicesindaco di Segrate e da Vice coordinatore vicario del Pdl della città di Milano.
Lei comunque rimane un politico anomalo, poiché continua a gestire una sua attività...
Sono un ingegnere elettronico laureato al Politecnico, e come tale amo portare avanti la mia professione legata a questo ambito professionale. Lavoro dal 1983 presso un'azienda giapponese che si occupa di componenti elettronici per la ricerca e l’industria.
S’è sentita anche da voi la crisi?
Inevitabilmente. Tuttavia non ci sono stati licenziamenti e questo è stato un bel risultato.
Silvio Berlusconi parla già di ripresa...
Bisognerà vedere da aprile in poi. Secondo me per tornare ai livelli produttivi pre-crisi ci vorranno almeno due anni. In ogni caso la ripresa si sta già facendo sentire.
Cosa ci dice della sua esperienza con la Colli?
È stato molto stimolante ma anche faticoso. Gestivo cinque deleghe, fra cui Protezione Civile e agricoltura. Abbiamo rivalorizzato i parchi e le aree verde lombarde come non era mai stato fatto prima. Per ciò che riguarda la Protezione Civile abbiamo condotto un gran lavoro, anche grazie alle migliaia di volontari attivi nel Milanese.
E la delega alle cave?
Anche questa è stata una mia mansione.
Quali sono le cave più importanti?
Le zone ideali per l’escavazione sono quelle attorno a Malpensa, e in generale tra il nord ovest e l’Altomilanese.
Sente ancora la Colli?
Ci siamo visti in occasione della vittoria di Podestà, ma ci sentiamo meno.
Ha conosciuto Gaber?
No, però ho partecipato al dolore della moglie, in occasione della sua perdita. Devo dire che non conoscevo molto bene le canzoni di Gaber, ma durante il periodo della sua scomparsa ho avuto modo di scoprire il suo genio e la sua bravura. Adesso posso dire di apprezzarlo come pochi altri.
Cosa le piace di Milano?
Probabilmente la zona storica del centro, via Dante, Duomo, Castello Sforzesco. Sono posti con un fascino e un’energia impareggiabili.
E in Provincia?
La lista è troppo lunga; penso ai Navigli, al Parco del Ticino, all’abbazia di Morimondo…
Cosa non le piace di Milano?
Soprattutto il traffico.
I Maya prevedono la fine del mondo entro il 2012. Lei cosa ne pensa?
Con tutto il rispetto per la storia che rappresentano i Maya, francamente non credo a questa previsione. In ogni caso, vorrei che quanto meno ci fosse concesso di finire il mandato amministrativo della Provincia, che scade nel 2014...

sabato 19 dicembre 2009

"Mi sono stancata di aspettare gli altri e mi sono buttata"

Ha solo 27 anni ma ha già ricevuto importanti riconoscimenti dall'ONU, quest'anno è stata premiata dal Consiglio d'Europa con il World Aware Education Award, ha parlato al Congresso degli Stati Uniti, di lei si sono occupati numerosi media stranieri. Il suo nome è Selene Biffi ed abita a Mezzago, alle porte di Milano. La sua idea? "Youth Action for Change", la prima organizzazione a livello mondiale per giovani gestita da giovani, nata per mettere in contatto tutti coloro che hanno idee e voglia di fare, grazie all'aiuto di internet. Oggi la sua attività coinvolge 120 paesi. MW l'ha incontrata poche ore prima della sua (ri)partenza per Kabul…
Quando è iniziata la tua attività e in cosa consiste esattamente?
Youth Action for Change (YAC) è nata in seguito alla mia partecipazione all'International Youth Parliament, un'iniziativa di Oxfam, nel 2004, in Australia. All'inizio volevo creare un semplice portale informativo, che permettesse ai ragazzi italiani di ottenere informazioni riguardanti esperienze in paesi stranieri, ma una volta arrivata a Sydney mi sono resa conto che si poteva fare di più, dando vita a un 'ponte' fra i ragazzi di tutto il mondo che volevano rendersi utili nelle proprie comunità, e quelli che avevano già una grossa esperienza in ambito sociale. Una volta a casa mi sono data da fare fondando YAC e organizzando il primo corso a gennaio 2005.
Sono dunque passati cinque anni dall'inizio della tua avventura… Qual è il tuo stato d'animo attuale?
Sono molto contenta. Avevo 22 anni quando, dopo molte porte chiuse in faccia, mi sono stancata di 'aspettare gli altri' e mi sono buttata. All'inizio è stata dura, pochi credevano in me, ma oggi… A cinque anni di distanza, i risultati cominciano a vedersi, e non posso che esserne orgogliosa.
Cosa fa per i ragazzi, di concreto, Youth Action for Change?
YAC offre ai ragazzi l'opportunità di diventare protagonisti attivi del cambiamento in ambito sociale, offrendo loro strumenti e conoscenze per migliorare le cose in contesti chiave come i diritti umani, l'ambiente, la salute, l'educazione, ecc. Il tutto offerto in maniera gratuita e prevalentemente online, con corsi tenuti da ragazzi appoggiati da esperti adulti.
In questi giorni parti di nuovo... dove ti porterà questa nuova esperienza?
Ritorno a Kabul, dove, per conto dell'ONU e del Ministero dell'Istruzione afgano, sto lavorando a un programma per aiutare i bambini in difficoltà.
Sentendoti parlare mi fai venire in mente un'ambasciatrice… Quanti paesi hai visitato grazie al tuo lavoro?
Trentasette, equamente distribuiti in tutti i cinque continenti.
È il sogno di molti giovani poter viaggiare tanto…
Io, infatti, mi ritengono molto fortunata.
Un mondo più giusto in cui tutte le persone possano avere le stesse chance. È ancora viva questa speranza?
Mi piace pensare di sì, ma credo che non sia facile e che ognuno di noi abbia il dovere morale di provarci anche nel suo piccolo, nel suo vivere quotidiano. (Per migliorare il mondo non è necessario girare i continenti, lo si può fare anche semplicemente rispettando e aiutando il prossimo che ci abita vicino e che troppo spesso snobbiamo).
C'è qualche figura politica o religiosa che ti ha ispirato?
Politici e religiosi non ce ne sono. Semmai il mio punto di riferimento sono mia madre e mio padre. I miei genitori sono persone semplicissime, due commercianti che, con grandi sacrifici personali ed economici hanno fondato, in dieci anni, un ospedale, un asilo e una scuola elementare per i poveri a Varanasi, India, dove ogni servizio è gratuito.
Come reagiscono i tuoi amici e famigliari a questa tua voglia di 'cambiare' (e girare) il mondo'?
Ormai ci sono abituati! In fondo sono contenti per me, perché sanno che è quello che ho sempre voluto fare.
Ci dici qualcosa dell'iniziativa 'tutta in bici' in Kenya per contrastare l'Aids?
I corsi che YAC offre gratuitamente nel mondo, consentono alle realtà locali di organizzare attività senza appoggi esterni. La campagna informativa sull'Aids in Kenya - frutto del corso offerto su 'Social Leadership and Empowerment' - ne è un esempio. Il giovane che l'ha organizzata, in un paio di mesi, ha girato in bicicletta alcuni villaggi africani, spiegando cos'è il virus Hiv e come prevenirlo.
Oxfman e Unicef ti hanno conferito degli importanti riconoscimenti. Cosa si prova a ricevere simili onorificenze?
Fa sempre uno strano effetto. In ogni caso le soddisfazioni più grandi sono quelle relative ai tanti giovani che riescono a creare qualcosa per il proprio bene e quello degli altri.
Che musica ti piace, e che libri leggi abitualmente?
Ascolto un po' di tutto, ma preferisco il rock e lo swing. In genere leggo saggi.
Essendo di Mezzago, non possiamo non chiederti se ti piacciono gli asparagi...
Direi di sì, anche se non li mangio spessissimo!

venerdì 11 dicembre 2009

'Twenty Questions' a Mario Giordano

Nome, cognome e luogo di nascita...
Mario Giordano, Alessandria.
Che soprannome aveva da piccolo?
Andrew.
Il primo ricordo dell’infanzia?
Una gita con i miei genitori all’Arena di Verona.
Su che giornale ha scritto il primo articolo?
Gazzetta del Popolo.
Il nome del giornalista che, più di altri, ha influito sul suo stile...
Vittorio Feltri.
In che percentuale gli assunti regolarmente in una redazione si possono dire ‘raccomandati’?
Non esiste una percentuale.
Lenin diceva che “i comunisti sono la parte progressiva più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi; Mussolini che “il fascismo non è un partito, ma un movimento”. Quale frase preferisce?
Nessuna delle due.
Cosa ama di Milano?
La capacità di accogliere tutti.
E cosa la disgusta?
Il traffico.
Un vizio al quale non può rinunciare...
Il lavoro.
Proust diceva: “Lasciamo le donne belle agli uomini senza immaginazione”. Come interpreta questa massima?
Masochismo. Ho molta immaginazione.
L’effetto serra: è tutta colpa dell’uomo... Oppure: l’uomo non c’entra niente, è la natura che fa il suo corso...
L’uomo c’entra meno di quello che si vuol far credere.
Scopriremo gli extraterrestri fra il 2015 e il 2025. È il parere di molti scienziati. Dovesse incontrarne uno affamato, che piatto gli consiglierebbe?
Gli agnolotti al plin.
Quanto è difficile pronunciare la parola “ti amo”?
Niente, se ami.
Emily Dickinson spiegava così l’aldilà: “È invisibile come la musica, ma concreto come il suono”. Margherita Hack invece: “Io non credo assolutamente né a Dio, né all'anima, né all'aldilà: l’anima è nel nostro cervello”. Dove si ritrova di più?
Emily Dickinson.
Quante mail riceve in media al giorno il direttore di un giornale importante come il suo?
Tantissime.
E quante ore passa al telefono?
Meno di quello che dovrei.
Salari bassi per molti, altissimi per pochi. È la cosiddetta crescita diseguale, (in inglese “growing unequal”, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Perché l’uguaglianza sociale continua a essere un’utopia?
Se non sa rispondere l’Ocse, come posso darti una risposta sensata io in poche righe?
La sera prima di addormentarsi... un quotidiano o un romanzo?
Romanzo. I giornali li leggo al mattino.
Un pomeriggio di relax: un disco rock o un cd di musica classica?
Musica classica.

"Come le onde del mare balla la gente, quando suono il mio violino"

Ciao Angelo, partiamo dal concerto di stasera. Cos’hai in programma per i
tuoi fan?

Il programma di stasera punta sui brani più conosciuti del mio repertorio, ce n’è quindi per tutti i gusti. Ci saranno anche canzoni che mi chiedono spesso, ma che talvolta non faccio, come “Alla fiera dell’est”. Sarà un concerto equilibrato, con momenti malinconici ed altri più aggressivi. Potremmo definirlo un ritratto tutto tondo della mia carriera, tenuto conto che, come diceva Vittorio Gassman, ho un grande avvenire alle spalle.
Quando inizia la tua carriera?
Ho iniziato come "turnista" (session man) a 18 anni. Oggi ne ho 59, vedi tu. Tralasciando i dieci anni di conservatorio. Avevo 5 anni quando ho preso le prime lezioni di musica.
Quanti musicisti ti accompagneranno stasera sul palco?
Siamo un quintetto. Tutti polistrumentisti. La scelta è "oculata" per poter dare maggiore dinamicità ai suoni.
E tu cosa suonerai?
Nella prima parte, diciamo quella principale dello spettacolo, suonerò il violino, il mio strumento d’elezione. Poi farò dei pezzi con la chitarra classica.
Niente strumenti 'antichi'?
Quelli li utilizzo quando propongo concerti di musica classica, rinascimentale. Oggi, quindi, non sono previsti.
Prima di arrivare a Milano hai suonato a Bologna e a Roma...
In realtà non erano dei veri concerti, ma degli show case per presentare il nuovo singolo "La Tempesta". L’ultimo vero concerto l’ho tenuto a Magonza, in Germania.
È vero che a Roma hai incontrato il Papa?
Certamente. Ero, però, con altri 260 artisti provenienti da tutto il mondo. Si sentiva male, la voce rimbombava ed era difficile seguirlo. Comunque il Santo Padre ha parlato di trascendenza e della spiritualità dell’arte, alludendo a una scintilla divina che contraddistingue gli artisti, non sempre favorevole, che dà grandi estasi ma anche grandi tormenti. Ne parlerò anch’io stasera.
Ti piace questo Papa?
Mi piace perché è un uomo mite, non è un Papa rock. È un uomo timido e schivo, un grande intellettuale, un filosofo.
Il 2009 è stato per Branduardi un anno ricco. Due i momenti 'clou': l'album "Senza Spina" e "Futuro Antico VI". "Senza spina", in particolare, è il risultato di un concerto acustico effettuato nel 1986 con l'aggiunta di tre inediti. Da chi è nata l'idea di ridare vita a un live risalente a venti anni fa?
All’ingegnere del suono, Franco Finetti, un 'mito', che ha per caso ritrovato nei suoi archivi 2 cassette risalenti a oltre venti anni fa. Era infatti il 1986 - anni prima della moda dei concerti ‘unplugged’- quando decidemmo di realizzare uno spettacolo completamente "acustico", portandolo in giro per l’Europa e per il mondo, nell’arco di tre mesi. Ricordo che la gente ci guardava stupita chiedendosi che cosa stessimo facendo. Io alla fine ho approvato l’idea di Finetti perché oggi ci sono molti branduardiani che nel 1986 non erano ancora nati, e che vorrebbero dunque potersi confrontare con una realtà che, per questioni anagrafiche, non gli è mai appartenuta. In secondo luogo c’è la volontà di rendere pubblico un documento storico particolarmente originale.
Nel 1986 Branduardi è rapito dalle liriche di Yeats...
Infatti.
Cosa ti intriga(va) di questo letterato?
È uno straordinario poeta. Tutto è iniziato con alcune "traduzioni" che stava facendo mia moglie. Io, fino a quel momento, lo conoscevo solo vagamente. Mi cadde l’occhio sull’incipit del "Violinista di Dooney" che diceva: “Come le onde del mare balla la gente, quando suono il mio violino”. Mi sono detto che il personaggio descritto da Yeats mi rappresentava perfettamente, così ho cominciato a lavorare sui suoi testi.
Hai anche incontrato il figlio dell’autore dublinese?
Certamente. È stato lui ad approvare il lavoro, dopo averlo analizzato nei minimi dettagli. Pensa che, poco prima, aveva bocciato un progetto analogo di Van Morrison.
Fra i singoli spicca "La Tempesta". Quel genere di tempesta che i marinai vincono “attendendo che il vento buono gonfi le loro vele". E Branduardi come vince le tempeste della vita?
Branduardi, in realtà, le "cerca". Io sono un uomo irrequieto e cerco nella musica la quiete. Anche se a volte succede il contrario.
E se ci son tempeste troppo forti...
In effetti c'è il rischio di sbagliare rotta.
In "Futuro Antico VI" si parla invece della notte di San Giovanni. Un tempo in occasione del solstizio d'estate si mangiavano le lumache e si appendevano fuori dalla porta rametti di rosmarino per tenere lontane le streghe in volo verso il noce di Benevento. Oggi cosa rimane di queste antiche tradizioni?
Quel poco che rimane si ritrova in alcune regioni del centro e del sud Italia. La secolarizzazione le ha spazzate via un po’ ovunque. Sono, comunque, tradizioni che affondano le loro radici nella notte dei tempi, di stampo pagano.
C'è, probabilmente, anche qualcosa di etrusco…
Sicuramente.
Nella tua carriera hai collaborato con altri importanti esponenti della musica italiana come Vecchioni e Battiato. In futuro prevedi nuove collaborazioni di questo tipo?
In questo momento non c'è nulla in programma, tuttavia sarei ben contento di poter confrontarmi ancora con altri artisti, dal liscio, all’hard rock. Colgo l'occasione per lanciare un appello a nuovi collaboratori.
Qualche grande nome incrociato sul tuo cammino?
Sono davvero tanti. Ho lavorato, per esempio, con Crosby, Stills & Nash.
Il mitico trio della West Coast?
Eravamo Crosby, Stills, Nash & Angelo (ride, Nda). Abbiamo fatto una tournee per l'Europa e per il mondo nei primi anni Ottanta.
Ad aprile e maggio hai compiuto un lungo tour in Germania. È la conferma che un certo tipo di musica italiana è in grado di travalicare con successo i confini della nazione. Che differenza c'è fra il pubblico italiano e quello tedesco?
Quando ho iniziato a suonare in giro, sul finire degli anni Settanta, c'era molta differenza. In Italia si suonava in un clima "teso": questioni politiche. C'era sempre un gran caos. I concerti erano ospitati spesso in palazzetti che per l'occasione si trasformavano in bolge umane. In Germania, al contrario, c'era molto più ordine, le sale dei concerti erano spaziose e silenziose. Oggi, però, il discorso è cambiato e non c'è più tanta differenza fra l'Italia e gli altri paesi europei.
E per ciò che riguarda la musica di Branduardi?
Come diceva il giornalista Mangiarotti, la mia musica è come l'aglio, contraddistinto da un gusto inconfondibile che piace moltissimo, o fa veramente schifo.
"L'infinitamente piccolo" (con oggi ormai più di 300 rappresentazioni e un successo insperato) è San Francesco, "State buoni se potete" è Filippo Neri(fondatore degli oratori). Qual è il rapporto di Branduardi con il cristianesimo?
Questa è una domanda molto privata, cui non do volentieri una risposta. Posso dirti che la mia fede non è a prova di bomba. Tuttavia è vero che, essendo un musicista, vivo la spiritualità in modo particolare. Come dice il mio amico Morricone con cui ho spesso collaborato "la musica è l'arte più astratta e quindi più vicina a Dio".
Sei quindi a favore del mantenimento dei crocifissi nelle scuole…
Assolutamente sì. Su questo sono categorico. Il crocifisso è un simbolo delle nostre radici giudaico-cristiane e non va toccato.
"Confessioni di un malandrino" è sempre la tua canzone preferita di Branduardi?
Sai, è la prima che ho composto, a 18 anni…
Essendo di 'MilanoWeb' vorremmo chiederti, infine, qualcosa del tuo rapporto con la città. Tu peraltro nasci a Cuggiono, a pochi chilometri di distanza dal capoluogo lombardo… Cosa ti piace e cosa, invece, non riesci a mandare giù della realtà milanese?
Mi sento molto più legato a Genova che non a Milano. A tre mesi ho lasciato Cuggiono per la città ligure e li ho frequentato il conservatorio e mosso i miei primi passi in ambito artistico.

'Twenty Questions' a Luciano Di Pietro

Nome, cognome e luogo di nascita...
Luciano Di Pietro, Castel San Giovanni.
Che soprannome aveva da piccolo?
Nessuno.
Il primo ricordo dell’infanzia?
Una macchina rossa a pedali.
Su che giornale ha scritto il primo articolo?
Sul giornale studentesco 'Michelaccio'.
Il nome del giornalista che, più di altri, ha influito sul suo stile...
Augusto Guerriero.
In che percentuale gli assunti regolarmente in una redazione si possono dire ‘raccomandati’?
Nessuna.
Lenin diceva che “i comunisti sono la parte progressiva più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi; Mussolini che “il fascismo non è un partito, ma un movimento”. Quale frase preferisce?
Nessuna delle due.
Cosa ama di Milano?
I ristoranti.
E cosa la disgusta?
I ristoranti.
Un vizio al quale non può rinunciare...
Fare domande intelligenti.
Proust diceva: “Lasciamo le donne belle agli uomini senza immaginazione”. Come interpreta questa massima?
Fantasie da gay.
L’effetto serra: è tutta colpa dell’uomo... Oppure: l’uomo non c’entra niente, è la natura che fa il suo corso...
L'uomo e la natura a braccetto.
Scopriremo gli extraterrestri fra il 2015 e il 2025. È il parere di molti scienziati. Dovesse incontrarne uno affamato, che piatto gli consiglierebbe?
Slicrofi.
Quanto è difficile pronunciare la parola “ti amo”?
Quanto quella 'ti odio'.
Emily Dickinson spiegava così l’aldilà: “È invisibile come la musica, ma concreto come il suono”. Margherita Hack invece: “Io non credo assolutamente né a Dio, né all'anima, né all'aldilà: l’anima è nel nostro cervello”. Dove si ritrova di più?
In nessuna delle due affermazioni.
Quante mail riceve in media al giorno il direttore di un giornale importante come il suo?
Molte ma non ne leggo una.
E quante ore passa al telefono?
Dai 5 ai 10 minuti.
Salari bassi per molti, altissimi per pochi. È la cosiddetta crescita diseguale, (in inglese “growing unequal”, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Perché l’uguaglianza sociale continua a essere un’utopia?
Viva le decrescita uguale!
La sera prima di addormentarsi... un quotidiano o un romanzo?
Un trattato di teologia.
Un pomeriggio di relax: un disco rock o un cd di musica classica?
Cori di montagna.

martedì 1 dicembre 2009

"... una crisi che ci porterà tutti alla disoccupazione"

Nathan Never, Zagor, Martin Mystère... Vogliamo far sapere in anteprima ai lettori di MW su cosa sta lavorando Mirko Perniola?
Per Nathan sto scrivendo in questi giorni due storie. La prima, introspettiva e intimista, vede Nathan in Africa, muoversi nel caotico traffico di natanti tra i canali di una capitale africana, per passare poi in suk nel deserto e in aeroporti per dirigibili privati... il tutto per aiutare una madre a trovare quello che potrebbe essere un figlio creduto morto. La seconda storia vede Nathan, e il suo collega robotico Link, indagare nello spazio; ma non avendola ancora definita preferisco non anticipare nulla. Ci sono poi altre tre storie in mano ad altrettanti disegnatori, se non ricordo male: Atzori, Calcaterra e Vercelli (spero di non sbagliare) ma non so dire quando verranno pubblicate. Riguardo a Zagor sto lavorando su quello che viene amichevolmente definito un “balenottero” cioè un maxi da 286 tavole, che Marcello Mangiantini sta già disegnando. Vede Zagor muoversi in Louisiana tra coccodrilli, militari, paludi e cajun. Scoprire chi sono questi ultimi, con le loro tradizioni, il loro stile di vita ma, soprattutto, la loro cucina, è stato - per un ex-cuoco come me - davvero stimolante. Con i pennelli di Alessandro Chiarolla uscirà nell’Almanacco dell’Avventura 2010 una storia in cui Zagor dovrà scoprire di chi è la mano che sta dietro al rapimento di alcuni indiani; oltre a questa ci sono altre tre storie, disegnate rispettivamente da Gramaccioni, Cassaro e ancora Mangiantini, ma non so quando vedranno la luce edicolare. Per quanto riguarda Martin Mystère ho proposto alcune idee che ad Alfredo Castelli sono piaciute, ne sto sviluppando una ma, non essendo stata ancora approvata definitivamente, sarebbe prematuro parlarne.
Il tuo debutto ufficiale l’anno scorso con il Maxi Zagor 2008. Come è stato, dopo tanti anni di sforzi, trovare finalmente il proprio lavoro in edicola?
In realtà l’emozione di avere tra le mani un proprio lavoro stampato lo avevo già avuto spesso negli ultimi dieci anni, grazie a diversi lavori a fumetti per agenzie pubblicitarie, associazioni per didattica e, ovviamente, Anno Domini e Star & McCoy, ma vedere il proprio nome legato a quello che è un personaggio simbolo del fumetto italiano causa ovviamente una grande euforia, soprattutto quando si ricevono apprezzamenti e critiche costruttive dagli autori più “anziani” che sono sempre stati per me un punto di riferimento.
Cosa rimane oggi dello studio grafico ArtNu (Artigiani delle Nuvole) con cui hai cominciato la tua avventura nel mondo del fumetto nel 2000?
Lo studio esiste, lavora e non si è mai fermato. Ovviamente adesso non siamo più solo in tre, ma il parco autori si è espanso, grazie alla possibilità che mi è stata data di insegnare per diversi anni alla Scuola del Fumetto di Milano, dalla quale sono uscite penne e pennelli in gamba, che oggi collaborano più o meno stabilmente con noi. Da quest’anno, insegnando anche alla Scuola Internazionale di Comics di Padova, credo che il discorso si amplierà...
E della serie fantascientifica Star & McCoy?
Anno Domini e Star & McCoy erano pubblicate dalla casa editrice della Scuola Del Fumetto di Milano, che veniva utilizzata principalmente per promuovere i corsi. Oggi l’editore ha deciso di fermare questo tipo di promozione indipendentemente dalla qualità e dalle vendite, per motivi collegati alla scuola stessa. Perciò siamo in cerca di un nuovo editore, anche se, considerato il panorama, non sono per nulla ottimista.
Che consigli ti senti di dare a un giovane che intende iniziare la tua professione?
Quella di cuoco? Che se si è bravi un lavoro lo si trova! Se invece intendi quella di sceneggiatore, beh, qui potrei esibirmi per ore come degno allievo della dottrina di Pessimismo Cosmico di Antonio Serra! Io amo i fumetti, fanno parte della mia vita e ho fatto di tutto per poter fare questo mestiere (guadagnandomi da vivere nel frattempo come cuoco, receptionist, barista, portiere di notte e parecchio altro) perciò lo ritengo il lavoro più bello del mondo; ma bisogna considerare che in Italia ci saranno circa un migliaio di persone che si guadagnano onestamente da vivere grazie al fumetto; e se Gianni Morandi cantava Uno su mille ce la fa... qui il rapporto è uno su sessantamila. Che ciascuno decida per sé, se il gioco vale la candela!
Come vedi il futuro del fumetto? Si parla di crisi dagli anni Novanta, tuttavia non si riesce a vivere senza 'nuvole parlanti'…
Ci sono due correnti di pensiero in proposito: la prima vuole che ci sia una crisi che ci porterà tutti alla disoccupazione; l’altra vuole che il settore si stia trasformando, passando dal prodotto da edicola venduto per pochi euro alle masse, al prodotto editoriale costoso venduto agli appassionati. Non so chi abbia ragione, mi piace pensare che la seconda sia la più auspicabile, ma è indiscutibile che in edicola Dylan Dog non venda più un milione di copie; e che le fumetterie siano dei veri e propri ghetti. Se gli autori, gli editori, e gli appassionati, non si daranno da fare nel proprio piccolo, nel quotidiano, a cambiare lo stereotipo che vuole il fumetto una cosa sfigata fatta dagli sfigati per degli sfigati, non ne potrà venire nulla di buono. Odio ammettere che oggi più che mai l’abito fa il monaco, perciò attenzione all’immagine che diamo di noi, del nostro lavoro, della nostra passione, a chi non li conosce!
Cosa ne pensi dell'ultima proposta di casa Bonelli, Greystorm?
Mi piace, sia per l’ambientazione steampunk, sia per la scelta di raccontare eventi collegati per causa-effetto, ma slegati temporalmente anche a distanza di anni. Per il momento ho letto i primi tre in fase di lavorazione, e la curiosità mi è rimasta.
E di Caravan?
Un altro esempio di come le miniserie si prestino per presentare nel classico stile bonelliano sistemi narrativi differenti. Michele Medda riesce a far vivere personaggi anche in situazioni che, in mano ad altri, correrebbero il rischio di annoiare. Per me lui è davvero un grande maestro.
Che tu sappia, bollono in pentola altre mini serie?
Non mi viene in mente nulla. Come la maggior parte dei miei colleghi lavoro nel mio studio, e vado in redazione saltuariamente, perciò è difficile restare aggiornati. Scopro principalmente le novità tramite internet.
Ti piace Joann Sfar?
L’avevo scoperto al festival di Angoulême per il suo Merlino, di cui ho un ottimo ricordo, ma credo che siano passati almeno dieci anni. Poi però devo ammettere che non ho seguito più i suoi lavori, non per motivi di qualità, ma perché non sono un gran lettore di fumetti...
Puoi farci il nome di qualche promessa, italiana e non, del mondo del fumetto?
No. Non perché non voglia, ma semplicemente perché non ne ho idea. Come dicevo prima, non sono un gran lettore di fumetti, ma non per snobismo, beninteso. Scrivere è un modus vivendi, una parte del cervello di chi fa questo mestiere è perennemente sintonizzata sulle storie che sta scrivendo, sui personaggi che sta facendo vivere (e, checché ne dica mia moglie, è questo che causa ritardi agli appuntamenti, smarrimento di vie maestre nonostante il navigatore satellitare acceso ecc...). A ciò si aggiunge la voglia/il dovere di leggere le storie scritte da colleghi e amici. Perciò, quando voglio staccare la spina, l’ultima cosa che mi viene in mente è di aprire un fumetto per svagarmi. Ecco perché non sono assolutamente aggiornato. Se devo tirar fuori un nome, comunque, parlo di chi conosco molto bene, e ritengo che Cristian Baldi e Claudio Baratti abbiano delle buone cartucce da sparare, speriamo che qualcuno gli dia qualche bersaglio.
Detto fra noi, qual è il personaggio bonelliano che ti piace di più?
“Detto fra noi” stona un po’ in un’intervista che verrà resa pubblica, perciò mi avvalgo della facoltà di non rispondere! Ovviamente sto scherzando. Ho scoperto che dietro ai fumetti esisteva un mondo lavorativo con Cagliostro Dylan Dog n° 18; avevo 16/17 anni, e quell’albo mi è rimasto nel cuore. Comunque, come capita a tutti, ho avuto passioni cicliche legate a volte ad uno, a volte ad un altro personaggio, che fosse Bonelli, Marvel, francese o giapponese. Oggi vengo coinvolto più dai serial televisivi.
Conservi qualche collezione completa di albi bonelliani?
Ho le serie complete di tutti gli eroi per i quali scrivo, più Dylan, Legs, Giulia, Dampyr e Brendon. Ho parecchio anche di Tex ma, per motivi d’età, mi mancano parecchie cose del passato. Attenzione però, serie, non collezioni… non sono un collezionista, e mi piace riprendere i vecchi albi, o i vecchi libri, rileggerli, usarli... sono uno di quelli che fa le “orecchiette” alle pagine per capire dov’è arrivato.
Infine, essendo un quotidiano di Milano, non possiamo non chiederti cosa ami della città e cosa invece non riesci a mandare giù…
Sono nato e cresciuto in provincia di Milano, e non smetterò mai di ringraziare i miei genitori per essersi trasferiti dalla Puglia, per il semplice motivo che Milano mi ha dato delle possibilità che, altrimenti, forse non avrei avuto. Perciò è questo che mi piace: in questa città possono sempre nascere possibilità anche per chi è squattrinato, basta che abbia testardaggine, voglia di fare e buona capacità autocritica. Cosa non mi piace? La mancanza di rispetto per il prossimo, che spinge ad ignorare le regole nel quotidiano, abbandonando le deiezioni dei nostri amici a quattro zampe sul suolo pubblico infischiandosene delle conseguenze (mio figlio ci si è beccato la salmonella a due anni, giocando in un parco pubblico!) a parcheggiare su strisce pedonali e posti per disabili, a non rispettare il codice della strada e così via. Sempre pronti però poi a lamentarci del Governo, del Comune e dei disservizi vari. Non è una cosa relativa a Milano ma riguarda tutta l’Italia in generale. Se ci rispettassimo di più tra noi, che grande Paese potrebbe essere questo!

"Stanno scomparendo le belle specializzazioni di Medicina Interna"

Dopo la sua lunga carriera professionale arriva a essere presidente dell'ordine dei medici di Milano. Cosa rappresenta per lei il raggiungimento di questo traguardo?
È motivo di grande soddisfazione. Da ragazzetto, secoli fa, avevo letto la “Cittadella” ed ero rimasto affascinato dall’Ordine dei Medici britannico, dalla autorevolezza dei suoi componenti, dall’importanza delle sue funzioni. Negli anni settanta, in un clima politico “di piombo” non metaforico, mi fu offerta la carica di consigliere che subito accettai iniziando un lungo cammino che mi vide per anni consigliere, segretario, quindi vicepresidente ed ora presidente del 2° Ordine italiano per importanza e per numero di iscritti.
Qual è la giornata tipo del presidente dell'ordine dei medici di Milano?
Rigoroso orario d’ufficio. Si parte alle 9 del mattino. Varie le mansioni: disbrigo la corrispondenza, fisso appuntamenti, scrivo di articoli, preparo interventi… Spesso, però, sono in giro per la Penisola per il Consiglio Nazionale della Federazione degli Ordini o per la Commissione Centrale degli Esercenti delle Professioni Sanitarie, di cui sono componente, che è una sorta di corte di appello della magistratura ordinistica, composta da un presidente magistrato, da funzionari del Ministero e da medici.
Quanti medici ci sono a Milano?
25mila dopo il distacco delle provincie di Lodi e recentemente di quella di Monza Brianza.
Purtroppo, però, molti medici continuano a migrare all'estero…
Purtroppo sì. Ma è meglio non entrare nel merito del problema. Tutti i giorni, firmo certificati di good standing di medici, anche non giovani, che se ne vanno alla ricerca di quello che qui non trovano: lavoro, gratificazioni e talora giustizia…
Milano resta comunque una città all'avanguardia in campo medico. In questo momento quali sono i centri tecnologicamente più avanzati?
Possiamo considerarci fortunati da questo punto di vista per i numerosi Centri di eccellenza che si trovano nella nostra città. Pensiamo all’Istituto per i fanciulli rachitici fondato da Gaetano Pini, al settore oncologico, a quello della cardiochirurgia e a tanti altri.
Quali sono le specialità più 'gettonate' e quelle invece prese meno in considerazione? Per esempio si dice che nessuno voglia fare l'anestesista…
Potrà sembrare in controtendenza ma, in sede di Giuramento dei neolaureati, alla mia domanda, noto non pochi volonterosi che vorrebbero divenire anestesisti o ostetrico-ginecologi; stanno scomparendo le belle specializzazioni di Medicina Interna e di Chirurgia generale, pochi i pediatri. Tra qualche anno, non ne avremo più.
In questi giorni si fa un gran parlare di febbre suina. Soprattutto stupisce il fatto che molti medici dicano di non volersi vaccinare. Qual è la sua posizione a riguardo?
Io sono per la vaccinoprofilassi. Una cattiva informazione ha disorientato i cittadini e con loro anche i medici, psicologicamente allo stesso livello di chi medico non è. Non sono stati fugati i dubbi sulla realtà della suina: è una pandemia tipo 1918-19? Il comunicato ottimista si alterna con quello terrorista. È sospetta la velocità di allestimento del vaccino (segno di gravità della pandemia) e ci si chiede se sarà del tutto innocuo…
Lei si vaccinerà?
Vorrei ma non posso perché ho scoperto di essere per regolamento una quercia della società, avendo superato i 65 anni.
Ma la suina è davvero pericolosa come si vuol far credere, o stiamo vivendo un allarme eccessivo?
Allarmismo giustificato o ottimismo ingiustificato, this is the question…
La storia di Ugo Garbarini è un po’ anche la storia della città che le ha dato i natali e che la ospita da sempre. Come è cambiata Milano dagli anni Trenta?
Di Milano, città che amo e di cui conosco le nascoste bellezze, ricordo purtroppo l’assenza di sensibilità dei vari, numerosi, anonimi o noti, reggitori politici che non pensarono mai al futuro, distrussero quello che di bello c’era e costruirono quel che di brutto vediamo. Ricordo, per esempio, (a parte la copertura dei navigli) che abbatterono i bastioni di Porta Garibaldi con la passeggiata costruita sulle mura spagnole e oggi fermano da anni i lavori del parcheggio perché hanno scoperto i ruderi fatti da loro stessi. Monumenti in sfacelo, targhe stradali illeggibili… Una, in via San Damiano, apposta sul muro delle antiche mura medievali che si raccordavano agli archi di Porta Nuova, opera dell’architetto militare Guintelmo da Guintellino, illeggibile. Deiezioni canine ovunque. Vigili urbani addetti solo alle contravvenzioni per il divieto di parcheggio. La lista è lunga…
Cosa c'è che la rende perplesso e cosa invece che le piace di Milano?
Perplesso quando su un mezzo pubblico mi scopro l’unico indigeno in una folla cosmopolita. Di Milano mi piace la sua grande storia che mi aiuta a sopportarne l’attuale degrado. Non parlo dell’EXPO che ritengo argomento vergognoso e da nascondere sotto la terra (come fanno alcuni animali domestici).