lunedì 14 novembre 2011

"Io sono sempre stato mainstream"


Bugo (al secolo Christian Bugatti) è una delle proposte più interessanti del nuovo panorama musicale italiano. Ha appena pubblicato il nuovo disco – Nuovi rimedi per la miopia - e a dicembre suonerà a Milano, ai Magazzini Generali.
Caro Bugo, buongiorno a te. Tre aggettivi con cui definire il nuovo disco.
Introspettivo, energico, risoluto.
Lo definisci un lavoro intimista dove la “miopia” assume un significato inedito. Però i tuoi occhi vedono, perché vedono “lei”...
Intimo perché parlo di me, ma è un disco aperto nei confronti del mondo. Parlando di me mi apro al mondo raccontando cosa mi piace e cosa no. Diciamo che sono partito dalla miopia (un termine che include tutto ciò che non ci fa vivere bene, le difficoltà quotidiane, la crisi...), per arrivare a raccontare quali sono i miei rimedi per andare avanti e migliorare la mia esistenza.
C''è qualche nuova comparsa - musicisti, produttori - rispetto ai lavori precedenti?
Il produttore è Saverio Lanza, che ha arrangiato buona parte del disco. Con lui ho lavorato anche alla scrittura di alcuni brani. È intervenuto anche Carlo Dall'Amico (conosciuto come Cecilé) che ha conferito il suo tocco particolare ad alcune canzoni.
Tempo fa leggevamo un articolo sul tuo rapporto con l'India. Ti sei sposato laggiù... però non sei stato influenzato come è successo a George Harrison...
No. Il disco l'ho consegnato all'Universal un anno fa, prima del mio trasferimento in India. Con ciò, come puoi capire, non c'è alcuna influenza del mio vivere in oriente. È, insomma, un disco completamente occidentale.
Qual è l'angolo indiano che hai amato di più?
Il kashmir mi ha colpito molto, soprattutto Springar e il suo lago, Nigeen Lake. È una località famosa per le houseboat, case di legno in cui si può alloggiare. Nel 1966 George Harrison passò da qui. Io ho dormito nella stanza in cui il beatle pernottò.
Dai Quaxo alla carriera solista. E prima?
Prima ero un batterista, ma è durato pochissimo. Cercavo di scrivere poesie. Alla fine, però, sono approdato alla chitarra, componendo canzoni che sarebbero state utilizzate dal mio primo gruppo, i Quaxo, appunto.
Torni ancora a San Martino di Trecate?
No, ho lasciato quei luoghi dieci anni fa.
È vero che si fa di tutto per abbandonare la provincia, ma poi non si vede l'ora di tornarci per sempre?
Me ne sono andato perché volevo entrare nel mondo della musica. Così mi sono trasferito a Milano nel 2000. E nel 2002 ho firmato con la Universal, con cui tuttora lavoro. Lasciare la provincia è stato l'unico modo per poter fare qualcosa di interessante. Ho molti bei ricordi di Trecate, ma non sono un nostalgico. Ora vivo a Delhi, il mondo è così grande!
Un critico, forse su RS, ha accennato a un tuo atteggiamento più mainstream. È possibile che tu ti stia muovendo in questa direzione?
Ma io sono sempre stato mainstream.
Perché qualcuno ti ha battezzato “fantautore”?
L'idea è di un giornalista che la utilizzò la prima volta nel 2005. È il frutto di un gioco linguistico fra 'fantasia' e 'autore'. Un'idea azzeccata.
Com'è andata con Silvio Orlando?
Benissimo. Lui è un attore professionista, molto disponibile e anche molto divertente. Sul set di “Missione di pace” mi ha dato vari consigli, facendomi sentire a mio agio. Ma il bel clima instauratesi durante le riprese è stato anche merito del regista Francesco Lagi.
Parlavi di crisi già prima della Grande crisi.
La crisi era già nell'aria agli inizi del secolo. Ricordo che andavo in giro qua e là e sentivo persone che cominciavano a trattare insistentemente il termine. Nel 2005 scrissi l'omonima canzone ma la scartai da “Sguardo contemporaneo” (disco del 2006), perché non ne ero abbastanza soddisfatto. L'ho ripresa nel 2007 includendola in “Contatti”, uscito nel 2008. Poi, nell'autunno dello stesso anno, è scoppiata la crisi economica mondiale che tutti conosciamo.
Due parole sulla nuova realtà musicale italiana, da Dente alle Luci della Centrale Elettrica.
Beh, che dire. Mi piacciono molto. Ora mi sembra che, finalmente, ci sia molta attenzione rivolta ai “nuovi cantautori”, mentre gli anni Novanta erano maggiormente sensibili alle band, tipo Subsonica, Marlene, Bluevertigo. Non li amavo più di tanto, vivendo la necessità di fornire nuova linfa ai cantautori. Fra gli autori di oggi inserirei anche Caparezza, Fabri Fibra, Jovanotti. Mi piacciono, però, anche gruppi come Baustelle, Zen Circus, Cani, Negrita, Ministri. Insomma, non c'è crisi fra i musicisti!
Mentre oggi su Repubblica ci racconta qualcosa della sua vita (che se ne va) un gigante come Enzo Jannacci...
Jannacci, un grande!
Che tipo di concerto offrirai ai Magazzini?
Sarà un live energico, come energico è il disco che ho appena pubblicato. Il nome del nuovo tour “Qualcosa di più importante” prende vita dal ritornello della canzone “Non ho tempo”. Il riferimento è al fatto che, per me, suonare dal vivo è un'esperienza enorme, un toccasana, un evento davvero importante. Chi mi ha già visto sa che abbraccio letteralmente il pubblico e lo rendo partecipe. In questa occasione ho un gruppo nuovo che mi accompagna e una bella scenografia.
In scaletta?
Canzoni vecchie e nuove del mio repertorio.
Inter, Milano o... Novara?
New Delhi.