domenica 30 agosto 2009

"Per me milanese 'sino all'osso'"

16 giugno 1938. La data di nascita di Carlo Tognoli. Com’era la Milano di allora?
Ricordo la Milano di fine-guerra: l’evacuazione dei tedeschi qualche giorno prima del 25 aprile; le case distrutte dai bombardamenti e le macerie con le quali venne ‘formata’ la montagnetta di S.Siro; l’entusiasmo per la ricostruzione; la campagna elettorale del 1948, non perché mi occupassi di politica, ma perché vedevo manifesti attaccati in ogni angolo degli edifici (non c’erano regole per le affissioni, ndr). Negli anni ’50 c’erano tanti problemi: scarsità di abitazioni e di scuole, ma non mancava il lavoro e la città era tutto un cantiere. Il ‘boom’ economico si faceva vedere attraverso i consumi, gli ‘scooters’, le utilitarie. Ricordo, infine, che l’Inter si salvò per un pelo dalla retrocessione nel primo campionato postbellico.
Tra le sue cariche ci sono state anche quelle di sindaco di Milano, ministro della Repubblica, membro del Parlamento Europeo. Quale le ha dato più soddisfazioni?
Indubbiamente l’essere stato sindaco di Milano, dal maggio 1976 al dicembre 1986. Per me, milanese ‘sino all’osso’, significava identificarmi con la mia città, con i suoi cittadini, con la sua cultura, con i suoi pregi e con i suoi difetti.
L’esperienza di sindaco l’ha dunque riguardata nel periodo clou della realtà milanese che passa dagli anni caldi della contestazione giovanile alla cosiddetta Milano da bere. Cosa le è rimasto impresso di quel decennio?
Il passaggio dalla crisi alla ripresa. Gli anni ’70 non furono solo anni di contestazione giovanile, ma di terrorismo brigatista, di criminalità diffusa, di congiuntura economica negativa, di inflazione crescente. La gente non usciva alla sera. La Galleria era deserta dopo le 20. Il centro era intristito ed esposto agli ‘espropri proletari’ ogni sabato. L’azione del Comune, con il rilancio delle opere pubbliche (passante ferroviario, MM3, avvio della ristrutturazione del Palazzo Reale e del Castello, case popolari, nuove scuole) e le iniziative culturali (mostre, concerti, sostegni ai teatri) – unitamente al miglioramento della situazione economica – favorì la rinascita di Milano. Si passò dalla Milano da morire alla Milano da vivere: ‘Milano da bere’ fu un felice ‘slogan’ della Ramazzotti, che capì come il peggio fosse alle spalle e interpretò in tal modo la svolta positiva in atto.
Tognoli aderisce al Partito Socialista Italiano nel 1958. Quali sono le sue prime esperienze in campo politico?
Ero già in contatto con i giovani socialisti a scuola e poi all’Università Bocconi. Lavoravo in un’azienda farmaceutica (come perito chimico industriale, ndr), studiavo e mi occupavo di politica universitaria. Nei primi anni ’60 cominciarono le esperienze amministrative e di partito. Fui eletto consigliere comunale di Cormano, divenni responsabile del settore ‘stampa e propaganda’ del PSI di Milano e, nel 1967,onsigliere della Società esercizi aeroportuali (SEA). Nel 1970 entrai a Palazzo Marino, dove ricoprii l’incarico di assessore, prima all’Assistenza e Sicurezza sociale, poi al Demanio e patrimonio e, poco prima di diventare sindaco, ai Lavori Pubblici.
Il 1 maggio 1992 riceve un avviso di garanzia nell’ambito dello scandalo Tangentopoli. Oggi cosa resta di quell’esperienza?
L’amarezza di essere stato ingiustamente sotto accusa.
Come è visto Antonio Di Pietro nei primi anni Novanta?
Rispondo così: “Non giudicare se non vuoi essere giudicato”.
Nel 2001 stava per diventare di nuovo sindaco di Milano... Poi, però, le cose sono andate diversamente...
Nel 2001 mi venne offerta da una parte della sinistra una candidatura: con molta sincerità risposi che ero lusingato, ma pur non essendo collocato nel centro destra non avrei potuto schierarmi con una sinistra antisocialista, anti Craxi, vetero marxista e massimalista.
Nel 2005 il numero uno della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, la nomina presidente della “Fondazione Ospedale Maggiore di Milano”. Come è arrivato a questo traguardo?
Il presidente Roberto Formigoni voleva aprire una porta alla sinistra riformista e mi propose la presidenza della Fondazione che riuniva due storiche istituzioni dell’assistenza sanitaria di Milano: la Ca’ Granda divenuta Policlinico, legata all’Università degli Studi e gli Istituti Clinici Ospitalieri, uniti ai nomi di Luigi Mangiagalli e di Luigi Devoto. Non mi ha mai creato condizionamenti. Indicando me ha dimostrato di non volere fare scelte di parte.
Ha contatti con Giampaolo Landi di Chiavenna, attuale assessore alla salute della giunta Moratti?
Certo e ne apprezzo le iniziative in un settore nel quale il Comune non ha poteri, ma dove la ‘governance’ municipale è importantissima.
E con Umberto Veronesi?
Umberto Veronesi è un maestro, non solo di medicina, ma anche di vita, di civismo e di valori morali.
Quante e quali sono le sedi ospedaliere dell’Ospedale Maggiore?
La sede è una sola, i padiglioni sono molti nell’area compresa tra via Francesco Sforza, via S.Barnaba, via Commenda, via Lamarmora. Altri sono in via Pace, dove perderanno la funzione sanitaria a ristrutturazione completata, quando tutto sarà contenuto nella zona sopra indicata.
È vero che anche Napoleone Bonaparte contribuì allo sviluppo dell’Ospedale Maggiore?
All’arrivo dell’Armata d’Italia, Napoleone nel 1796 sancì la definitiva soppressione del Capitolo ospedaliero, sostituito da una commissione di cinque Cittadini. In quell’anno le crociere ospedaliere rigurgitavano di soldati francesi, e anche negli anni seguenti il nosocomio dovette farsi carico di un aggravio insostenibile, provocato dallo stato di guerra e dalle modifiche fiscali introdotte, con un inevitabile tracollo finanziario; per tentare di riequilibrare le finanze Bonaparte cedette il 9 giugno 1797 i beni del soppresso Collegio Elvetico, tra i quali le terre e l’edificio dell’antica abbazia di Mirasole. Nel campo assistenziale, tra le azioni promosse dal governo francese c’è la costituzione, tra 1807 e 1808, di una “Congregazione di Carità”, con sede presso l’Ospedale, avente compito di accentrare sotto un’unica amministrazione tutti gli enti assistenziali cittadini.
La struttura di cui è presidente possiede un rilevante patrimonio culturale. In particolare, l’Archivio storico, conserva documenti a partire dal secolo XI, per un totale di circa 15mila cartelle. Mentre la Biblioteca storica di medicina annovera oltre 100mila volumi, con libri editi a partire dal XV secolo. È possibile consultare questo materiale?
Attualmente la consultazione è consentita agli studiosi su appuntamento, ma si sta operando in vista di una piena accessibilità. Negli ultimi anni è stata offerta la possibilità di visite ai locali dell’archivio storico e alle raccolte sanitarie a gruppi di studenti nell’ambito di laboratori didattici (corsi di laurea in infermieristica, o in storia), la giornata FAI di primavera 2008 ha visto l’affluenza di circa 2500 visitatori. Si prevede una consultazione remota, con la disponibilità sul web dei cataloghi e degli inventari attualmente in corso di realizzazione.
Ci sono poi opere d’arte dei più rilevanti artisti che hanno lavorato in Lombardia negli ultimi quattro secoli. Per esempio, Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Anton Francesco Biondi, Francesco Hayez, Mario Sironi, Carlo Carrà, Emilio Tadini...
Cardine delle raccolte d’arte è la celebre quadreria di benefattori, nata per celebrare e ricordare la generosità dei sostenitori dell’Ospedale. Dall’inizio del Seicento ha preso il via una serie di ritratti a olio su tela di grandi dimensioni, che assommano oggi a oltre 900 unità. Autori dei dipinti sono i principali artisti operanti sul territorio lombardo negli ultimi quattro secoli, tra i quali – come diceva - spiccano i nomi di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Anton Francesco Biondi, Francesco Hayez, Carlo Carrà, Emilio Tadini... Da gennaio 2008 le tele anteriori alla metà del XX secolo sono ubicate in un apposito ambiente di conservazione, presso gli uffici amministrativi della Fondazione.
Altro?
Il patrimonio culturale comprende anche altre collezioni di dipinti, sculture e oggetti d’arte pertinenti agli edifici di culto o pervenuti con le eredità dei benefattori. Tra queste ultime si ricorda la raccolta Litta - a cui appartiene La preghiera del Mattino, capolavoro dello scultore Vincenzo Vela - che è oggi visitabile presso le Raccolte Storiche del Comune di Milano in Via Sant’Andrea 6. Un importante nucleo di dipinti antichi, tra i quali si menzionano le opere di Alessandro Buonvicino detto il Moretto, è a sua volta in deposito presso la Civica Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano, dove si trovano anche due sculture campionesi sempre della Fondazione.
La Fondazione è attiva anche nel campo della ricerca. In questo momento quali sono gli studi più interessanti che gli scienziati stanno conducendo?
Le principali missioni di ricerca attuale sono indirizzate alla fisiopatologia delle malattie rare e alla medicina riparativa e rigenerativa. Va poi detto che tra gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico pubblici, la Fondazione si posiziona al primo posto per produttività scientifica (Impact Factor) nella classifica redatta dal Ministero della Salute e al primo posto assoluto per efficienza di produzione scientifica, cioè più basso rapporto tra fondi ricevuti e punti di IF prodotti.
A quando la nascita del nuovo Istituto nazionale di genetica molecolare?
L’istituto è già nato. La sede, finanziata con una generosa donazione dei coniugi Invernizzi, che sta sorgendo in luogo dell’ex-convitto infermiere, sarà pronta e funzionante fra poco meno di tre anni.
E la Cittadella della Salute?
Penso che tutti i lavori saranno terminati entro 5 anni circa.
Altri progetti per Expo 2015?
Il campus universitario di ‘eccellenza’ per docenti e discenti, da realizzarsi negli edifici di via Pace dove, come già sottolineato, non ci sarà più assistenza sanitaria.

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