sabato 29 agosto 2009

Contro i box e... l'assimilazione

Tra i vari movimenti politici milanesi il vostro – No Box - è forse quello meno conosciuto. Quando nasce e perché?
Come lista No Box nasce pochi mesi fa. La nostra speranza è quella di riuscire a far eleggere almeno un candidato. Come movimento dei Comitati, invece, sono più di dieci anni che mi batto contro le speculazioni e i box sotterranei. Prima ancora, per sette anni, sono stato consigliere di zona ricoprendo le cariche di presidente delle commissioni demanio, diritto allo studio, commercio e artigianato.
Né di destra, né di sinistra...
No, perché il problema dei box sotterranei è ‘trasversale’. Cinque anni fa, durante le elezioni provinciali, sono venuto in possesso di un documento recante nomi e cognomi di soci delle cooperative che costruiscono i box sotterranei. Ebbene, fra questi c’erano persone sia di destra che di sinistra...
Cos’è il progetto dei box sotterranei?
È il piano parcheggi del Comune contro il quale ci battiamo da anni, avendo solo un valore speculativo.
Oggi come va?
Su molti cantieri sta indagando la magistratura.
Qual è il vero problema?
La cessione del suolo pubblico oltre a mettere in pericolo la potabilità della falda acquifera, impedirà la realizzazione di opere pubbliche come le metropolitane nella circonvallazione interna.
Dal vostro programma elettorale si percepisce la volontà di garantire il verde ai milanesi. Che progetti avreste in serbo?
Secondo noi va innanzitutto tutelato il verde ad alto fusto, perché è il solo in grado di bilanciare in parte lo smog e soprattutto creare quelle indispensabili zone d’ombra per anziani e bambini. È stato dimostrato che in estate, per esempio, un viale alberato tipo Fabio Filzi, ha una temperatura inferiore di 5 gradi rispetto alla limitrofa via Pisani, dove le piante centenarie sono state completamente abbattute. L’amministrazione dice che sopra i box sotterranei pianteranno del verde... La verità è che sul cemento non può crescere granché.
In che modo i comitati cittadini potrebbero contribuire al bene della città?
I cittadini sono i soli che conoscono davvero il proprio territorio. Possono perciò essere sentinelle vigili e attente e in contatto tra loro. Per esempio, si vogliono costruire i box in via Canaletto... Solo i cittadini che vi risiedono dai tempi della guerra sanno che quello non è il luogo idoneo per questo tipo di lavori, perché un tempo era una palude.
Come NordDestra e altri partiti del centro destra siete a favore di un aumento delle risorse per le forze dell’ordine... Così sarà possibile arginare meglio il problema legato all’insicurezza in città?
Le risorse oggi investite per le forze dell’ordine sono inadeguate per una provincia come quella di Milano. È palese.
Ci dice qualcosa di Dolfi Diwald e della sua attività nella comunità ebraica?
Sono nato a Milano da genitori fuggiti dalla Germania nazista, faccio parte della comunità ebraica di cui sono stato consigliere e presidente del primo centro sociale e ricreativo, nonché fondatore di una compagnia amatoriale di teatro Yiddish, recitato in italiano per far conoscere a tutti questa cultura quasi scomparsa.
Perché è contro l’assimilazione?
L’assimilazione, nel gergo della comunità ebraica, non significa “integrazione”, alla quale sono ovviamente favorevole. Infatti gli ebrei milanesi e italiani sono a tutti gli effetti perfettamente integrati nella vita civile italiana di cui fanno parte da duemila anni e oltre. “Assimilazione” significa invece perdita della propria identità e a questo sono contrario, perché ogni diversità è una ricchezza e per confrontarsi con tutte le fedi e le culture bisogna prima di tutto conoscere la propria.
Come vede il futuro religioso di una città come Milano divisa fra intolleranza religiosa e desiderio di uguaglianza?
La comunità ebraica ha ottimi rapporti con la curia milanese e con il cardinale Tettamanzi, dopo anni di fraterna amicizia tra il rabbino capo Laras e il cardinale Martini. Abbiamo ottimi rapporti anche con la comunità islamica COREIS dell’Imam Pallavicini, con cui abbiamo frequenti incontri interreligiosi e teologici. L’intolleranza si combatte con la reciproca conoscenza e il lavoro comune su temi sociali e di tutela delle minoranze.
Quando le tre più grandi religioni monoteiste potranno finalmente andare d’accordo?
Quando prevarrà il rispetto reciproco a tutti i livelli.

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