giovedì 20 agosto 2009

"Impossibile scegliere fra Dylan e Young"

Come è andata la serata di lunedì alla Salumeria della Musica in compagnia di Beppe Gambetta e Riccardo Zappa?
Direi molto bene. La proposta di vedere all’opera due giganti della chitarra acustica come Zappa e Gambetta si è rivelata vincente. Il primo, abile col plettro, il secondo, con la tecnica del fingerpicking, hanno dato il meglio di sé con i rispettivi strumenti e si sono in più raccontati al pubblico, che ha così potuto scoprire i retroscena più significativi della loro eccezionale carriera: Zappa ha suonato con tutti i più grandi musicisti italiani, da Mina a Ramazzotti, Gambetta può ormai considerarsi un artista di livello internazionale.
Hanno proposto anche qualche pezzo insieme?
Sì, ed è stato molto affascinante. Hanno duettato in un brano di De André, tratto dall’album Creuza de Ma.
Quali saranno i prossimi appuntamenti in via Pasinetti 4?
Il 12 gennaio, in occasione del decennale della scomparsa di Fabrizio De André, proporremo una serata in onore del maestro genovese. Fra gli ospiti ci sarà anche Massimo Bubola che ha reinciso i pezzi di ‘Rimini’ e ‘l’Indiano’, due importanti dischi di De André registrati a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta. Il 19 gennaio, invece, sarà la volta di Cesare Picco, pianista e compositore.
Suoni ancora in giro con i Country Jamboree?
No (ride). È un’esperienza che fa parte del passato. Oggi, per ciò che riguarda le mie esibizioni pubbliche, propongo soprattutto spettacoli a tema dove, fra una canzone dal vivo e l’altra, si dà spazio al racconto di aneddoti e vicende legate ai personaggi o alle band che si stanno promuovendo. Recentemente, per esempio, abbiamo dedicato una serata ai Beatles, con ospiti di riguardo come Alberto Fortis e Laura Fedele.
Come sei arrivato a Lifegate?
Cinque anni fa – su Jam – dedicavo ampi spazi all’approfondimento biografico delle più leggendarie rockstar. Nel frattempo avevo conosciuto Lifegate che diffondeva generi musicali in sintonia con la mia rivista. In pratica non ho fatto altro che proporre alla radio ciò che già facevo con Jam e da lì è iniziata la mia collaborazione.
Oggi di cosa ti occupi?
Mi occupo sempre di “Rockfiles” - programmi in cui viene dato appunto risalto alla figura di un determinato artista attraverso ‘pillole quotidiane’ – e ultimamente anche di interviste a musicisti di ogni provenienza. Recentemente ho, per esempio, intervistato Joan Baez, Vinicio Capossela, Franco Battiato, Ivano Fossati...
Nella tua carriera hai scritto parecchi libri: “Musica, I Love You”, “Figli dei Fiori, Figli di Satana”, “Peace & Love”. Hai qualche nuovo titolo pronto da dare alle stampe?
Ho un paio di progetti in cantiere, di cui però – più per scaramanzia che altro – preferirei non parlare.
Rai Due, Canale Cinque e Italia Uno. Sono solo alcune delle tv alle quali hai offerto il tuo contributo. In questo momento dove possiamo seguirti sul piccolo schermo?
Da nessuna parte. L’ultima esperienza in tv l’ho avuta con Jimmy, canale di Sky. Poi però sono cambiati i vertici amministrativi e il mio programma non ha più trovato spazio. In questo momento, comunque, sto preparando un documentario per il 40ennale del Festival di Woodstock.
Recentemente, in Polonia, si è fatto il punto della situazione climatica, in attesa della scadenza del Protocollo di Kyoto del 2012. Come vedi il futuro del pianeta da un punto di vista ambientale?
Premesso che non sono un esperto di ambiente, credo sia difficile fare delle previsioni. Posso solo dire che oggi, al di là di ogni considerazione scientifica, si vive meglio di 40 anni fa. E che certe previsioni catastrofiste andrebbero prese con le pinze.
Come sempre, a livello internazionale, dettano legge in musica gli americani e gli inglesi. In particolare in Inghilterra stiamo assistendo all’ennesima ondata indie capitanata da band come per esempio i Klaxon. Cosa ne pensi di questo fenomeno d’oltremanica?
Penso che non lascerà alcun segno significavo nella storia della musica. Non trovo nulla di veramente interessante in questi gruppi, sono tutti ‘derivativi’. Riferendoci a un ipotetico libro stampato fra 500 anni possiamo prevedere 100 pagine dedicate ai Beatles e mezza riga ai Kooks, 50 pagine a Bob Dylan e una riga ai Klaxon.
Però Pete Molinari...
Mah. Gli unici artisti che trovo veramente un po’ originali sono i White Stripes e Ben Harper, con una preparazione musicale ben più elevata di molte altre proposte indie in circolazione.
Ci racconti qualche aneddoto della nascita di Jam, giornale da te fondato nei primi anni Novanta?
L’inizio dell’avventura di Jam risale al 1994, grazie all’incontro con Maria Marcucci, titolare di Videomusic. Andammo avanti insieme per qualche mese, poi, con la vendita del canale televisivo a Cecchi Gori, proseguii da solo con la casa editrice Arcana. L’idea del giornale nasce a New York dopo aver acquistato Mojo, un giornale musicale inglese fatto molto bene, al quale, poi, mi sono ispirato.
Anche Uncut non è male...
Verissimo.
Sia Mojo che Uncut offrono mensilmente ai lettori un cd... Mai pensato di fare la stessa cosa con Jam?
Ci ho pensato. Il problema sono i costi, che sarebbero davvero eccessivi per noi.
Hai contatti con Paolo Carù e Max Stefani, rispettivamente di Buschero e Mucchio Selvaggio, magazine in qualche modo assimilabili a Jam?
Conoscendoci da 30 anni capita di sentirsi. Ho molto rispetto per il loro lavoro. In particolare credo che Mucchio Selvaggio abbia avuto un’importanza fondamentale in Italia per la diffusione della musica di qualità.
Fai ancora parte di Greenpeace?
Non più. È un impegno importante che non riesco più a gestire, oltretutto la sede dell’associazione è a Roma...
Cosa ne pensi di Emergency?
Non ne so molto e non conosco Gino Strada.
E della Tremonti Card?
Anche su questo tema non sono molto ferrato. Come avrai capito parlo quasi esclusivamente di musica o... di Milan.
Secondo “Gens” Guaitamacchi è un cognome rarissimo, presente esclusivamente nel milanese. Da dove proviene la tua famiglia?
Non abbiamo mai fatto ricerche genealogiche approfondite, ma so che il mio casato proviene dal lodigiano.
Sei pronto a rispondere a un po’ di domande botta e risposta?
Vai.
Eagles o Byrds?
Gli Eagles hanno sicuramente venduto più dei Byrds, ma questi ultimi hanno avuto un’importanza storica maggiore.
Jackson Browne o James Taylor?
Sono due grandi. Penso però che James Taylor abbia più personalità.
Bob Dylan o Neil Young?
Sotto tortura direi Bob Dylan, ma è veramente troppo difficile – in questo caso - esprimere una preferenza. È un po’ come scegliere se gettare dalla torre i Beatles o Elvis Presley.
E a proposito di Beatles: Paul McCartnery o John Lennon?
Scelgo il primo per il talento musicale, il secondo per l’eccezionale carisma.
Fender Stratocaster o Fender Telecaster?
Fender Stratocaster, molto più affidabile.
Il disco che ti ha cambiato la vita?
Impossibile dirlo. Al massimo posso elencarti gli artisti che mi hanno folgorato...
Sentiamo...
Jimi Hendrix, Crosby, Stills & Nash, Joni Michtell…
Il libro più bello?
Non sono un gran lettore, se si escludono i libri di musica, viaggi e qualche giallo. In ogni caso ho recentemente apprezzato un libro su Woodstock.
Il tuo regista preferito?
Scorsese, Altman, Salvatores...

(Intervista condotta il 10 dicembre 08)

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