mercoledì 8 dicembre 2010

"Amo sostenere le idee che mi appartengono, indipendentemente da chi le propone"

Walter Di Gemma (Milano, 1968) è uno degli esponenti più importanti della nuova realtà culturale e musicale meneghina. Nella sua carriera ha fatto un po’ di tutto, passando da cabaret, canzone, teatro, giornalismo televisivo. Ha mosso i primi passi con il Gufo Roberto Brivio nel 1986 e oggi gira la città e la regione con spettacoli da lui scritti e diretti. Il suo primo disco risale al 1990 e si intitola "Duemilanote". Nel 1992 vince il Premio Giovanni D'Anzi, dedicato alla canzone d'autore milanese e partecipa a numerosi programmi televisivi. Fra un'esperienza e l'altra ha modo di frequentare Giorgio Gaber, Claudio Bisio, Lino Patruno, Gianni Magni, e molti altri giganti dello spettacolo. Ha inoltre partecipato come attore nel film "Una fredda mattina di maggio", diretto da Vittorio Sindoni e ispirato al delitto di Walter Tobagi.
Ciao Walter, contenti di poterti finalmente incontrare, vorremmo partire dal tuo ultimo spettacolo "Dove sono finiti i milanesi". Quale il succo dello show?
Posso raccontare solo la buccia, che è fatta di domande, quali: "I milanesi si saranno nascosti? Saranno scappati all'estero? Sono forse chiusi in casa ad aspettare qualche rivoluzione?". Questo è in sostanza il succo dello spettacolo che spero non sia alla frutta!
Dunque i milanesi di una volta non ci sono più?
Ci sono, ma non è un'ovvietà dire che sono rimasti in pochi, anche per un fatto generazionale. Forse dovremmo recuperare i valori di una volta, che non riguardano solo i milanesi, ma le persone in generale.
Cosa ne pensi dei disordini che spesso insorgono in seguito alla difficile convivenza fra etnie diverse? Vedi i numerosi incidenti verificatesi in via Padova…
Penso che ogni tolleranza e ogni convivenza sarebbero possibili se ci fossero comprensione e rispetto dell'altro. Ingredienti questi in via di estinzione, purtroppo.
Un tempo c'erano personaggi "alla milanese" come D'Anzi, Svampa, Magni, lo stesso Gaber. Perché oggi la canzone milanese fa così fatica a emergere?
La responsabilità credo che sia proprio dei milanesi che non hanno davvero a cuore la loro lingua, lo dimostrano con la poca partecipazione alle iniziative che la vorrebbero più protagonista. Esistono operazioni culturali legate alla diffusione del milanese attraverso la musica e il teatro, ma la nostra lingua è in realtà poco vissuta in famiglia e di conseguenza poco trasmissibile ai giovani come bagaglio culturale come lo era un tempo, ecco perché la sua diffusione è diventata difficile. Certo è che se la televisione riproponesse il milanese o usasse alcune parole di questa lingua anche solo come fenomeno di moda, quasi certamente salirebbe anche l'interesse da parte dei giovani.
Eppure ci sono situazioni in cui il dialetto riesce ad avere la meglio sull'opinione pubblica. Lo dimostra il successo di Davide Van De Sfroos…
Davide, con il suo successo, rappresenta un tassello di pensiero molto importante che potrebbe rivoluzionare e sdoganare finalmente il dialetto dalle etichette di sottocultura in cui lo avevano relegato, ciò però credo che non sia sufficiente. Oltre alla musica e alle canzoni, bisognerebbe assolutamente ritrovare gli altri tasselli necessari a ricomporre l'intero quadro, per ridare ai dialetti un volto degno anche nel cabaret, nel teatro e nella letteratura.
Alcuni - forse con un po’ di puzza sotto il naso - accusano le reti televisive locali e le strutture organizzative milanesi di non essere in grado di allestire spettacoli degni di nota. Riferendosi per esempio a realtà come Festa in Piazza o il Premio D'Anzi, c'è chi li definisce prodotti troppo "kitsch" o addirittura "trash" per poter convincere le giovani generazioni. Tu cosa ne pensi?
Io credo che non tutte le puzze sotto il naso abbiano torto, nel senso che se vogliamo recuperare lo spirito tradizionale folkloristico, tutto è positivo, ma bisogna assolutamente andare oltre, non eliminando queste trasmissioni, ma aggiungendone altre. I giovani, giustamente, non possono identificarsi in quelle realtà, proprio perché non le hanno mai vissute. Ritengo quindi necessario rischiare la proposta di trasmissioni legate al nostro tempo, considerando anche il pensiero e il modo di vivere dei giovani d'oggi, in modo tale che possano, anche con i dialetti, identificarsi in qualcosa che tenda a considerarli e a stimolarli.
Adriano Celentano è di origini pugliesi. Enzo Jannacci è di origini pugliesi. Teo Teocoli è di origini pugliesi. Roberto Vecchioni è di origine napoletana. Perfino D'Anzi e Svampa sono milanesi di adozione. Non trovi curioso che la storia musicale tradizionale milanese l'abbiano, in sostanza,"inventata" i meridionali?
Non è strano. Anch'io sono di origini pugliesi.
(Purtroppo) parlando di canzoni "alla milanese" subentra anche l'aspetto politico. Noto per esempio che nei circoli Arci - dove di solito si tende a valorizzare le idee locali, anche in funzione della filosofia antiglobale - paradossalmente non viene dato alcuno spazio alla realtà musicale della città. Magari lo si dà alla "tradizione" celtica, malesiana, kenyota, ma non a quella milanese. Il timore è, dunque, che la canzone meneghina, in certi contesti, venga tenuta a debita distanza perché giudicata in linea con la politica del centro-destra. Ti sembra una tesi verosimile?
Un tempo il dialetto era sostenuto e pubblicizzato dalla sinistra come vero e proprio progetto culturale, oggi il discorso è stato abbandonato e preso da altri movimenti. Il perché sia successo non lo so, il problema è che si tende ad escludere le cose non per convinzione ma per convenzione. Bisognerebbe avere l'onestà intellettuale di riconoscere le cose buone indipendentemente da chi le sostiene.
Rimanendo in tema politico, seguendo le tue "incursioni" su Facebook, si vede che da parte tua c'è una tendenza a favorire le proposte del centro-destra…
Amo sostenere le idee che mi appartengono, indipendentemente da chi le propone.
Come giudichi l'operato della Moratti?
Come tutti ha fatto cose buone e cose meno buone.
Ci parli di qualche canzone contenuta nel tuo nuovo singolo “Zafràn”?
Il nuovo singolo è composto da sei brani in cui ironizzo sui nostri comportamenti globalizzati (anche quando pensiamo che non siano tali) e sui nuovi social network che hanno cambiato la nostra vita, forse perché sostituiscono metodi di approccio e di comunicazione che, normalmente, faremmo fatica ad usare.
Per Nanni Svampa, George Brassens è "il tutto". E per Di Gemma?
Ogni artista trova il suo “tutto” in qualcun altro, succede sempre. Brassens è senza dubbio un grande genio della canzone d'autore.
Per Di Gemma c'è anche Jacques Brel…
Sì, un altro genio che ho trovato più profondo e difficile di Brassens, ecco perché meno conosciuto e meno noto del suo grande “collega” al grande pubblico di oggi.
Sul tuo Myspace ti vediamo in compagnia di molte celebrità fra cui Giorgio Gaber e Claudio Bisio. Come li hai conosciuti e in che modo hanno influenzato la tua arte?
Bisio l'ho conosciuto durante alcune serate fatte insieme a teatro. Ricordo ancora un suo spettacolo allo Zelig intitolato “Guglielma”. Gaber l'ho conosciuto che ero molto giovane e fortunatamente mi ha aperto gli occhi su molte cose; mi sarebbe piaciuto sapere come avrebbe fotografato questo momento difficile. Mi manca molto, è stato per me determinante sotto ogni aspetto, personale e artistico.
Nella tua carriera hai fatto un po’ di tutto. Ma ti senti di più attore, cantante, cantastorie, cabarettista, o scrittore?
Non ne ho idea. Cantante non lo sono mai stato e l'ho sempre detto. Sono una persona che cerca di intonare alla meglio quello che scrive, senza essere uno scrittore vero e proprio. Le strade per arrivare ad avere un'etichetta definitiva non sono nelle mie aspirazioni, anche perché sono arrivato a capire che gli errori e le imperfezioni appartengono sia ai noti che ai meno noti, al di là dei loro titoli. Diciamo che quando canto e quando scrivo mi sento bene.
Come hai iniziato la tua attività artistica?
Devo purtroppo rispondere che non sono nato per caso, nel senso che il mio sogno era proprio il palcoscenico. Quando grazie a Roberto Brivio ho potuto calcarne uno, non ho più smesso.
Che importanza hanno avuto per te i Gufi?
Fondamentale per capire l'essenza del cabaret e il significato di satira. Oggi bisognerebbe ascoltarli attentamente per capire la differenza con quello che vediamo oggi, sia dal vivo che in TV.
Hai ancora contatti con Svampa, Brivio e Patruno?
Capita ogni tanto di incontrarli o di sentirli telefonicamente. Ognuno ha preso strade differenti e talvolta poco incrociabili.
Sai che anch'io qualche volta scrivo canzoni "alla milanese". Quando potrò farti ascoltare qualcosa di nuovo?
Quando vuoi.
Infine ci dici gli angoli di Milano che ami di più?
Direi quasi tutti, sennò che amore è? Il fascino più grande me lo emanano le Colonne di San Lorenzo, è il luogo di Milano che sento più mio, più magico.

sabato 27 novembre 2010

"Vorremmo che almeno la tv pubblica desse più spazio a tutti gli sport, non solo al basket, ma evidentemente l'Italia non è pronta"

Milanoweb incontra Dino Meneghin, figura storica del basket italiano, all'indomani della vittoria dell'Armani Jeans Milano su Lottomatica Roma. Meneghin (nato nel 1950 ad Alano di Piave) è attualmente presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Nella sua prestigiosa carriera ha giocato nella Pallacanestro Varese, nell'Olimpia Milano, e nella Pallacanestro Trieste. Ha partecipato a 13 finali di Coppa dei Campioni vincendone 7. A livello nazionale ha conquistato 12 scudetti e 6 coppe Italia.
L’Armani Jeans Milano consolida il primato in classifica dopo la sesta giornata del massimo campionato di basket, vincendo 76-70 contro Lottomatica Roma. Un commento alla partita?
È stata una partita molto tirata e avvincente. Le squadre hanno dato il meglio di sé, ma alla fine ha ottenuto, meritevolmente, il successo l'Armani Jeans Milano.
Hai assistito alla partita?
Certamente. L'Armani ha giocato forte e ha saputo anche sfruttare gli errori dell'avversario.
Anche questa una prerogativa di una grande squadra...
Senza dubbio. L'Armani ha meritato in tutti i sensi.
A inseguire i lombardi di Piero Bucchi c'è adesso solo la Montepaschi Siena, distaccata di due punti e vittoriosa sull’Angelico Biella 101-81...
Anche il Siena è un'ottima squadra.
Però…
Ho l'impressione che stia pagando il cambio di alcuni giocatori: ne sono arrivati di nuovi che probabilmente si devono ancora ambientare, devono ancora metabolizzare i meccanismi del team, la mentalità.
È un passaggio fisiologico ogni volta che si cambia squadra…
Naturalmente. Il Siena, comunque, rimane un gruppo sportivo di grande valore, e l'ha dimostrato contro il Barcellona in coppa.
Com'è andata?
Ha vinto. Non ha surclassato l'avversario ma ha messo in luce la potenza della squadra in difesa e in attacco.
Torniamo al match di Milano, qualcuno ha parlato della vendetta dell'ex Ibrahim Jaaber…
Mah. Io posso solo dire che questo giocatore mi piace moltissimo. Da buon professionista, probabilmente, tiene soprattutto a dimostrare che è stato un buon acquisto.
Nel futuro del basket italiano vede qualche figura promettente?
Ho gli occhi puntati su Niccolò Melli. Non sarà facile per lui guadagnarsi il posto, ma se continua ad allenarsi bene, ha tutte le carte in regola per diventare un grande campione.
Quanti anni ha?
20. È un giovanotto.
Quali sono le armi vincenti dell'Armani?
Buon allenatore, ottimo andamento del mercato acquisti estivo, e la voglia di emergere e portare a casa risultati dei suoi giocatori.
L'Armani vincerà il campionato?
Non sono il mago Zurlì.
Un pronostico, dai…
No, non sarebbe corretto verso le altre squadre.
In ogni caso il prossimo turno dell'Armani vede in cartellone un nome ostico: Montegranaro…
È una squadra forte, come ormai quasi tutte quelle che disputano gare a un certo livello.
Anche qui nessun pronostico?
Il risultato è apertissimo.
Parliamo un po’ della tua carriera… Sei dall'anno scorso Presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Come affronti questa carica?
Con un grande senso di responsabilità. Cerco di lavorare su tutti i fronti, creando i presupposti per un miglioramento complessivo di questo sport. Lavoro quindi sui giovani giocatori, ma anche sugli arbitri e gli allenatori. Sia in campo maschile che femminile.
Cosa ti spinge a dare il meglio di te?
Il fatto di avere avuto tantissimo da questo sport. La carica che copro mi consente di restituire il tanto che ho ricevuto.
Lavori ancora in tv?
Non più. Non ho tempo, non potrei farlo. Magari qualche comparsata. C'è chi sa assolvere molto meglio di me questo mestiere.
Tra i tuoi premi più prestigiosi c'è anche quello che ti ha permesso di entrare nella Basketball Hall of Fame…
Un'emozione senza eguali. Vedere la mia foto di fianco ai più grandi giganti del basket internazionale, è un'emozione che non ha prezzo…
Condivisa…
Con l'intero basket italiano, che mi ha dato la possibilità di esprimermi al meglio. In questo premio ci sono le squadre in cui ho giocato e tutti i miei compagni.
Com'è cambiato il basket dagli anni Ottanta a oggi?
È cambiato tutto.
Tutto?
A partire dai palazzetti dello sport. Sono cambiate le squadre, la preparazione tecnica, è cambiata la struttura fisica dei giocatori. Non ultimo, negli anni Settanta e Ottanta c'erano pochissimi stranieri. Oggi invece è vero il contrario.
E a rimetterci sono i giocatori italiani…
Che, in effetti, trovano meno spazio. Ma noi dobbiamo lavorare per mettere in luce i talenti.
Perché il basket non prende come in USA?
Perché non ci sono i presupposti. In USA esistono delle scuole di basket e non solo delle associazioni, dove la selezione è durissima, e dalle quali emergono campioni eccellenti. Inoltre in Italia tutto è fagocitato dal calcio.
C'è un po’ di rammarico nelle tue parole…
Beh, sì, il rammarico c'è eccome. Vorremmo che almeno la tv pubblica desse più spazio a tutti gli sport, non solo al basket, ma evidentemente l'Italia non è pronta.
Un vero peccato…
Tenuto anche conto del fatto che in Italia il basket è comunque molto apprezzato: ci sono 400mila tesserati e 4mila società.
La tua squadra del cuore?
Tutte quelle dove ho giocato: Varese, Milano, Trieste.
E di calcio?
Ti direi la Juventus. Quando giocavo nel Varese frequentavamo i calciatori della Juve.
In che modo?
Festeggiavamo vicendevolmente i trofei vinti. C'era molta complicità fra gli sportivi anche di discipline diverse.
Bello. Oggi, però, non funziona più così…
I tempi sono decisamente cambiati. Non esiste più spazio per l'improvvisazione e le estemporaneità.
Oltre al basket cosa c'è nella vita di Meneghin?
Mi limiterei a dirti la famiglia: mia moglie e mio figlio che gioca nel Varese. Quando finisco il lavoro sono così stanco che non ho molti altri hobby da coltivare. Anche se non mi dispiace qualche volta cenare con gli amici.

martedì 23 novembre 2010

"Perché in Dylan c'è tutto e anche di più!"

Ciao Gianluca, come va il tour? Lo chiamiamo tour perché è un po’ quel che fanno le band quando vanno in giro a promuovere un album...
Il tour va benissimo, ha toccato Bologna-Ferrara-Bergamo-Modena-Gallarate-Rimini-Vimercate-Firenze e ora si muove verso Novellara e Genova! E poi via, oltre l'infinito...
Di cosa parla "Cicatrici"?
Un tipografo di periferia, grigio e innocuo, ha ucciso una persona con un coltello da cucina davanti a decine di testimoni, senza motivo apparente. Una psichiatra va in carcere per decidere se il tipografo è pazzo o no. E poi c'è una ragazza dal nome di uomo, un massacro in Irlanda, un medico, una canzone dei Beatles....
A chi ti sei ispirato per il protagonista principale?
Al mio ex coinquilino, tipografo dagli occhi azzurrissimi.
Preferisci definirlo un "post-noir" o un "progressive-noir"?
Progressive-noir. Come Twin Peaks.
Come passi dall'esilarante "Età del Porco" alla cupezza di "Cicatrici"?
Giro il mio interruttore mentale. Pensando ad Andrea Pazienza, che passava da Pertini e il Partigiano a Pompeo. O a Neil Young, che può fare Comes a Time come Ragged Glory...
Fiammetta che ieri sera ti ha fatto compagnia sul palco, dice che la tua scrittura è un misto fra semplicità e immediatezza. Ti va di aggiungere qualche altro aggettivo?
E' un po' meditata e un po' punk. Ed è adattabile alla storia: il mio stile cambia in base al registro del romanzo.
Sei uno degli scrittori più prolifici della tua generazione. 13 romanzi in 9 anni di attività. Quante ore scrivi in media al giorno?
Mah, dipende. Sono pomeridiano, e scrivo quattro, cinque ore...
Non si parla male dei colleghi, ma bene sì. Chi fra i nuovi autori italiani in circolazione ami di più?
Non potendo citare i miei amici e conoscenti, direi Tullio Avoledo.
Aspetti con ansia l'ultimo di Piperno?
Mah, insomma.
Davvero si sa già chi vincerà il prossimo Strega?
A me non lo hanno riferito. Se lo vinco io offro da bere. Ma non credo.
Che tipo è Mr. Guanda?
Un uomo altissimo, elegantissimo, saggio, con gli occhi di brace.
Dicci una "minchiata di Morozzi"...
Questa l'ho detta oggi alla Melbooks di Firenze: le due parole più belle della lingua italiana non sono Ti amo, ma Ti pubblico.
Oltre a scrivere suoni nella band Street Legal. Perché il menestrello del Minnesota continua a influenzare le nuove generazioni?
Perché in Dylan c'è tutto e anche di più! E c'è sempre da scoprire. Ma noi Street Legal siamo contrari all'abusata definizione di "menestrello".
Scartabellato e udito il nono Bootleg Series da poco nei negozi?
Che domande! Certo.
Andrea Pazienza e Neil Young. Perché proprio loro?
Vedi sopra, Pompeo e Ragged Glory ecc.!
Pinco Pallino ha la faccia di Marlon Brando con i capelli rasta e… Come descrive i volti dei suoi personaggi Morozzi?
Odiando scrivere cose tipo "ha gli occhi ravvicinati e il naso adunco e gli zigomi ecc.", dico: somiglia a Carmen Consoli strabica. O De Niro biondo. Così ci capiamo senza annoiarci.
Com'è andato l'esordio con Mr. Fernandel?
Bene, mi ha telefonato il 31 dicembre 2000 per dirmi le due parole più belle della lingua italiana (vedi sopra).
Con Despero sei finito per essere definito il più rock degli scrittori in circolazione. Cosa ne pensi, dunque, del tuo alter ego d'oltremanica, Nick Hornby?
Che io sono più bravo di lui. E che lo ringrazio per avermi dato una direzione con Alta fedeltà.
Lui ha appena fatto un disco, dunque ne aspettiamo presto uno anche da te…
Per ora ho partecipato al disco di Enrico Brizzi & Yu Guerra...
Un'anticipazione del tuo prossimo lavoro?
"Stanotte muoio", progressive noir al femminile con un po' di umorismo.
La squadra del cuore?
IL BOLOGNA! Che discorsi.
E infine, quando bazzichi per Milano, c'è un angolo che trovi più suggestivo degli altri?
Supergulp, sui Navigli. Ma di angoli me ne piacciono parecchi.

"Noi non siamo per il copyright, ma per il copyleft"

MW incontra Pippo Civati all'indomani del congresso "Prossima fermata: Italia", conclusosi il 7 novembre, presso la stazione Leopolda di Firenze. Il cosiddetto "raduno dei rottamatori" s'è rivelato un successo, anche grazie all'interessante intervento di Civati, che ha trattato un po’ tutti i temi caldi del momento: crisi di governo, problema della casa, "rottamazione". Civati è nato a Monza nel 1975. Si è laureato in filosofia nel 2004. La sua carriera politica prende il via nel 1997 con l'elezione al Consiglio comunale di Monza; nel 2008 diviene segretario cittadino dei Democratici di Sinistra. Dal 2005 è consigliere regionale in Lombardia: oggi fa parte del gruppo consiliare del PD.
Un voto alla convention dei cosiddetti "rottamatori" da poco conclusasi…
10 e lode. E stiamo bassi.
Non tutti però sanno chi sono i "rottamatori". Lo puoi ricordare?
È una semplice espressione, sicuramente discutibile, nata in seguito all'intervista a Repubblica realizzata da Renzi.
Qual era l'intenzione originaria?
Far luce sulla necessità di far sapere che noi siamo contrari ai mandati elettorali superiori ai tre anni. Dopo tre anni di mandato un vero politico dovrebbe tornare a fare quello che ha sempre fatto.
Dunque è una parola che è stata strumentalizzata...
Era fin dall'inizio una provocazione e come tale va considerata. In ogni caso sono altre le cose a cui guardare.
Non vale la pena fissarsi sulle parole.
Non vale la pena guardare il dito che punta alla luna.
In un tuo recente discorso affermi che "la prima Repubblica è finita come sappiamo, la seconda non è mai iniziata e ora è arrivato il momento della terza". Chi guiderà la terza Repubblica?
Difficile dirlo. Di certo non dovrebbero essere coloro che hanno fatto politica dal '94 a oggi, ma nemmeno gli oppositori che di fatto non hanno mai saputo contrastare la maggioranza.
Fini?
Fini non è credibile. Come fa uno che arriva dal fascismo a schierarsi con Berlusconi e poi pensare di allearsi con la sinistra?
Quindi chi guiderà la terza Repubblica?
Auspico una classe politica completamente rinnovata. Non basta "assumere" giovani nella segreteria di un partito, "rinnovare" significa rinnovare da cima a fondo.
Importante dire comunque che non è vostra intenzione creare una corrente a se stante, poiché intendete "organizzare il consenso intorno al Pd e al centrosinistra". In che modo pensate di creare un filo conduttore concreto fra i "rottamatori" e Bersani?
Tutte le cose che abbiamo detto sono a disposizione di Bersani. Noi non siamo per il copyright, ma per il copyleft.
Puoi spiegarci meglio?
Se un'idea è buona è giusto che ne usufruiscano tutti, senza necessariamente rivendicare "l'appartenenza". Una buona idea deve fare l'interesse di un certo schieramento, indirettamente da chi l'ha proposta. Le nostre idee, dunque, sono al servizio del Pd.
Ti riferisci a proposte simili al Pd tradizionale, ma con una marcia in più…
Mettiamola così.
Perché la parola "leader" porta sfiga?
Beh, non mi sembra che i leader politici di sinistra abbiano goduto di particolare successo negli anni della seconda Repubblica. Ogni leader, in pratica, ha fallito nel tentativo di fronteggiare la maggioranza berlusconiana.
Cos'è mancato?
La passione, il sentimento.
C'è chi, però, associa la vostra azione a una sorta di retorica tardo obamiana…
Sinceramente lo prendo come un complimento. Se essere 'popolari' significa esprimersi chiaramente e con successo, ben venga. Io credo che si debba portare più rispetto per certi avvicendamenti politici.
Per esempio?
Al di là della nostra azione che ha portato al coinvolgimento di 25mila persone via internet, andrebbe riflettuto anche sul successo di Beppe Grillo e sulla vittoria di Vendola alle primarie in Puglia.
Quali i vostri temi prioritari?
Ambiente, cittadinanza, fisco.
Bello sentirvi dire che i "promettenti", finalmente, avranno la meglio sui "conoscenti". Ma tu non avresti difficoltà a "dire no" a una persona che ti è particolarmente vicina?
No. Dobbiamo uniformarci alla lealtà di non coinvolgere amici o parenti nella nostra battaglia politica e puntare tutto e solo sulla meritocrazia. Ecco perché un altro tema caldo della nostra iniziativa politica è la scuola. Alla scuola bisogna guardare per individuare il futuro, colui che ha i numeri per farcela e quindi formare la nostra classe dirigente.
Cosa succederà se si continuasse a favorire i conoscenti?
I ricchi diverrebbero sempre più ricchi, e i poveri più poveri, e il malcontento regnerebbe sovrano.
Nel tuo intervento sei riuscito in più occasioni a scuotere la coscienza civile di molti giovani nati negli anni Settanta (come il sottoscritto), riferendoti a temi come quello della casa. Tu dici che qualche nostro genitore è riuscito a regalarci una casa, di certo, però, noi non riusciremo a fare altrettanto…
Noi non potremo farlo, perché non esistono più io presupposti per farlo. Per questo motivo è necessario formare una classe dirigente giovane, che tenga innanzitutto conto dei bisogni di questa generazione.
Si parla di filosofia morale e di mancanza di morale nella politica. In che modo, dunque, la filosofia potrebbe aiutare la missione di un politico?
La filosofia può essere di grande aiuto nel momento in cui ci si rende conto che l'attività di un politico non deve avere zone d'ombra, deve essere completamente trasparente. Deve essere come dovrebbe essere il rapporto puro e rispettoso fra due fidanzati. Solo così si può smuovere davvero la coscienza collettiva, indirizzandoci verso un futuro più felice.
Il Berlusconismo è al tramonto? In questi giorni un articolo su Repubblica parlava dell''inizio della fine dell'impero"…
Di certo esiste una crisi strutturale di un sistema che non sta combinando nulla da anni. Perfino i problemi che sembravano risolti - come i rifiuti di Napoli - si sono ripristinati.
Berlusconi quindi?
Non so. Ogni volta che sembra sul punto di "mollare", poi s'inventa qualcosa e in qualche modo riesce sempre a cavarsela. Andiamo cauti con le affermazioni.
L'altro giorno a San Babila a Milano c'è stato l'intervento di un fedele di Boeri. Il suo intervento è durato circa 15 minuti. E in un quarto d'ora non ha fatto altro che rinfacciare al premier di essere un puttaniere. Quando avremo la possibilità di confrontarci con un politico in grado non solo di concentrarsi sulle magagne dell'avversario ma anche su dei programmi veri e concreti?
Io spero presto. Personalmente mi sono sempre attenuto a questa regola. La critica deve sempre essere completata da una controproposta, sennò non ha alcun senso puntare il dito sull'avversario se non si hanno idee per contrastarlo efficacemente.
In che modo quindi è possibile replicare concretamente alle condotte poco ortodosse del premier?
Sottolineando che il problema Ruby non è solo relativo a un presidente del Consiglio che ama circondarsi di escort, ma è anche e soprattutto quello legato alla condizione femminile spesso bistrattata e al modo degli stranieri.
Cosa ne pensi dei quattro candidati alle primarie per il centro-sinistra a Milano?
Li stimo tutti e quattro, anche se conosco poco Sacerdoti. Ho visto parlare più volte Pisapia, ma credo che Boeri avrebbe potuto contrastare la Moratti con più forza. Personalmente ho una riverenza sacrale per Onida.
Anche tu ti sei dato da fare per le primarie…
Ho lavorato perché l'uscita dei candidati fosse contemporanea, sottolineando il "fattore unità".
Sacerdoti, però, se avesse vinto Boeri non l'avrebbe appoggiato…
Tuttavia durante la fase organizzativa iniziale, Sacerdoti non si era ancora presentato.
Parliamo "bene" d'immigrazione…
Occorre iniziare a dire la verità.
Qual è la verità?
Tutto quello che ci viene detto quotidianamente sul mondo immigrati non è reale. Gli immigrati non vanno inquadrati né come una risorsa, né come un problema. Gli immigrati sono 5 milioni di persone - gran parte dei quali lavoratori - che faticano ogni giorno a tirare avanti, e probabilmente consentiranno di pagarci le nostre pensioni.
Il problema va affrontato anche e soprattutto in ambito lavorativo...
Naturalmente. Se le aziende assumono in nero, mandano all'aria qualunque buon proposito di migliorare la situazione immigrati. E in ogni caso non ci si può dimenticare dei diritti umani e del lavoro sottopagato.
Stai combinando qualcosa per Monza, tua città natale?
Stiamo cercando di spiegare che la Villa Reale non è da privatizzare; stiamo lottando contro la cementificazione selvaggia del territorio e la speculazione edilizia; stiamo contrastando la criminalità organizzata: prima la mafia in Brianza non esisteva.
C'è poi l'annoso problema dei trasporti…
Bisogna potenziare soprattutto la circolazione ferroviaria.
Anche la metropolitana… Si potrebbe appoggiare la proposta di Salvini di riservare dei convogli solo ai milanesi…
Poi, però, io e te che veniamo dalla Brianza rimaniamo a piedi.
Bre-be-mi e tangenziale est-esterna?
Sono scettico su entrambi i progetti. Va bene inaugurare un nuovo cantiere, ma bisogna anche essere chiari sui tempi di lavoro e sugli obiettivi.
La tua prossima uscita pubblica?
Ti direi quella del 14 dicembre con Onida a Milano.
Location?
Non la sappiamo ancora ma sarà disponibile sul mio sito a breve.

martedì 16 novembre 2010

"Anno Zero? Bella trasmissione, ma un pò troppo faziosetta"

Ed eccoci all'ultimo appuntamento con i quattro candidati alle primarie del centro-sinistra: Valerio Onida (classe 1936), docente di giustizia costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano. Onida non è mai stato iscritto ad alcun partito, ma ha condotto numerose battaglie civili da cittadino e da avvocato. Tra le principali tappe della sua carriera ricordiamo la nomina di giudice costituzionale nel 1996, e l'assunzione della carica di presidente della Corte costituzionale nel 2004. È sposato e ha cinque figli.
Mancano pochi giorni alle primarie del 14 novembre. Come è stata la "corsa" di Valerio Onida?
Senza una macchina organizzativa paragonabile a quella messa in piedi dai partiti (impropriamente), ma con l'entusiasmo e un gruppo sempre più numeroso che crede nel progetto, per oggi e per domani.
L'obiettivo è quello di superare la quota degli 82mila elettori del 2006. Ce la farete?
Penso di sì.
Quale l'argomento che le sta più a cuore e che per primo affronterebbe nel momento in cui dovesse trovarsi a guidare la metropoli?
La casa. La battaglia per rifondare la gestione delle case popolari.
Ad Affari Italiani rivela che "la Moratti è prigioniera, da una parte dalla Lega, dall'altra dalla sua maggioranza. Come vede il futuro milanese se il centro-destra dovesse accompagnare la città fino a Expo 2015?
Gramo. Ma penso che non avverrà.
A proposito di Expo, come dovrebbe comportarsi la commissione antimafia?
Come tutte le amministrazioni, quelle che si occuperanno di Expo, dovranno essere in prima linea nel rilevare e nel combattere anche i segni preliminari o i sintomi d'infiltrazioni mafiose, senza aspettare che siano le indagini giudiziarie a farlo.
Cosa ne pensa dei suoi sfidanti?
Il problema non è quello dei candidati, persone assolutamente perbene (in particolare Giuliano Pisapia è per me un amico e un compagno di battaglie civili). I problemi sono due: il primo è chi c'è dietro ai candidati, e che potrebbe domani condizionarne l'attività. Il secondo è: chi è meglio in grado di parlare alla larga parte della città che vuole un'alternativa? Rispetto al primo problema temo che con Boeri governerebbero gli attuali gruppi dirigenti locali del Pd, espressione di una vecchia politica. Rispetto al secondo temo, invece, che Pisapia non raccoglierebbe i consensi di un elettorato oltre gli steccati della sinistra storica.
Tutti comunque a favore dell'Ecopass, che con una giunta di centro-sinistra verrebbe potenziato…
No, non sono favorevole a una semplice estensione dell'attuale Ecopass. Piuttosto credo sia necessaria una vera congestion charge.
Perché è importante girare la città in bicicletta…
Perché non s'inquina, ci si muove più liberamente. Però ci vogliono strade adatte!
Ultimamente ci sono state incomprensioni fra Maroni e La Casa della Carità, relativamente al problema Rom. Lei come arginerebbe il problema?
Se fossi stato il sindaco che si sentiva imporre dal Ministro degli Interni (e dalla propria maggioranza) l'ingiunzione di non attuare una misura elementare di giustizia, già sottoscritta, mi sarei rifiutato di proseguire il colloquio e avrei messo sul piatto le mie immediate dimissioni.
Altra nota dolente è il difficile dialogo con l'Islam. Pisapia si dice favorevole a una moschea milanese, e lei?
Le moschee, come le chiese, sono edifici di culto che le comunità religiose interessate hanno diritto di realizzare e utilizzare nel rispetto, ovviamente, delle normative urbanistiche. L'ente pubblico ha solo il dovere di garantire a tutti, in condizioni di uguaglianza, il diritto fondamentale alla libertà di culto, sancito dalla Costituzione.
"Annozero"?
Bella trasmissione, talvolta un po' troppo piazzaiola e faziosetta...
L'angolo di Milano che ama di più?
I Navigli, dove c'è la scuola che hanno frequentato i miei figli, in via Brunacci. Lì, negli anni Settanta, abbiamo fatto storiche battaglie per la partecipazione scolastica.

lunedì 1 novembre 2010

"I Rom ogni volta vengono considerati come 'arma' per ottenere più voti"


MW interview don Massimo Mapelli, della Casa della Carità, centro fondato nel 2004 dal cardinale Martini e oggi punto di riferimento per tutti gli emarginati sociali.
Buongiorno don Massimo, vorremmo affrontare con lei il tema caldo dei Rom. Proprio oggi abbiamo saputo che - nonostante gli accordi presi con l'amministrazione quest'estate - "i Rom non avranno le case popolari". Cosa ne pensa?
Il discorso rientra nel cosiddetto Piano Maroni, gestito dal Comune di Milano e dalla Provincia, con la nostra partecipazione attiva. Ai Rom designati - 11 famiglie - andavano assegnati gli alloggi Aler prestabiliti. Il progetto non è andato come previsto e vorremmo ora avere delle giustificazioni valide. Non si può risolvere le cose con dei semplici comunicati giornalistici.
È così che è accaduto?
Oggi i giornali hanno diffuso il succo della conferenza stampa tenuta dal Ministro Maroni. Noi, dunque, ci aspettiamo di vedere qualche documento nero su bianco che attesti la nuova presa di posizione di Palazzo Marino.
Stiamo, dunque, parlando dei famosi alloggi esclusi dalla disciplina Erp, così come da delibera della Regione Lombardia del 5 agosto…
Certamente. Sono case inutilizzate, inagibili e che necessitano di ristrutturazione. La legge prevede che il 5% del patrimonio di case pubbliche, venga escluso dalle graduatorie e destinato alle emergenze.
Pertanto non sono case popolari sottratte ai milanesi come molti si ostinano a pensare…
Assolutamente no. Sono appartamenti dati al terzo settore per gestire delle emergenze e delle fragilità sociali. E il campo di Triboniano, per la Casa della Carità, è un'emergenza, dato che deve chiudere tra 15 giorni.
Come spiegate questo cambiamento dell'ultima ora?
Probabilmente è per via della campagna elettorale ormai incombente. Quando c'è da andare al voto i programmi fatti assumono sfaccettature completamente diverse. E ad andarci di mezzo sono sempre i Rom.
Ora la palla passerà al prefetto…
Così sembra. Sarà lui a individuare una nuova sistemazione per queste persone.
È comunque un buon risultato…
Ma il problema Rom non riguarda esclusivamente la curia e le associazioni di volontariato. Concerne l'intera città, che deve mettersi in moto con tutti i suoi mezzi, prefettura compresa.
Perché è così difficile integrare i Rom?
Perché negli anni le campagne politiche hanno affrontato il tema Rom col piglio sbagliato. I Rom ogni volta vengono considerati come "arma" per ottenere più voti, e intanto la loro situazione rimane sempre la stessa. Ci vuole la serenità giusta per capire che anche i Rom possono essere parte integrante della nostra città, con le loro risorse fisiche e mentali.
C'è anche una buona fetta di opinione pubblica che insiste nel dire che i Rom vanno cacciati perché sono solo capaci di delinquere e rubare…
Come in ogni tipo di struttura sociale c'è chi vuole fare il furbo. Così accade anche nei Rom. Il problema è che nel loro caso ogni aspetto negativo viene enfatizzato, alimentando stereotipi che nel 2010 non dovrebbero più avere senso di esistere. E in ogni caso non si può stigmatizzare una persona solo perché ha compiuto un reato nel 1979.
Com'è il campo di via Triboniano?
Per tanti anni è stato un punto di aggregazione urbano dove confluivano kosovari, macedoni, romeni, ecc. Ci sono state fino a mille persone. Oggi le cose vanno un po’ meglio. Siamo a circa 600 persone distribuite in 102 famiglie. Rimane comunque un ghetto dove non si vive bene, non è certo la casa del Mulino Bianco.
Di cosa vivono i Rom?
Sono tante famiglie con usi e costumi diversi. Molti lavorano regolarmente, molti sono rimasti disoccupati in seguito alla crisi. Certo, c'è anche qui chi vive di espedienti illegali.
Cosa ne pensa della decisione di Sarkozy?
È una decisione che rischia di diventare una grossa propaganda politica e nient'altro. Non si tratta di chiudere gli occhi alla sicurezza, ma di investire adeguatamente le proprie energie per assicurare a tutti un futuro decente.
Anche con gli islamici il dialogo è spesso difficoltoso. D'accordo, quindi, con Tettamanzi quando dice che è necessario dar modo di edificare una nuova moschea?
Direi di sì. La gente, i musulmani, si troverebbero comunque per pregare, in strada, in un garage, in un cortile. Una città come Milano deve assicurare la possibilità di culto a ogni persona.
La Casa della Carità?
Nasce nel 2004 per volere di Carlo Maria Martini con due scopi: ospitare e accogliere. Il nostro impegno è quello di restituire una vita e una dignità a chi le ha perdute. Non siamo per l'assistenzialismo ma per la reintegrazione sociale. Negli anni abbiamo accolto persone da 95 nazionalità diverse.
Quante le persone coinvolte?
Sessanta operatori e settanta volontari.

"Stavolta possiamo vincere"

Il 14 novembre gli elettori decideranno il nome di colui che sfiderà la Moratti per il posto di sindaco. Il confronto è fra quattro candidati del centro-sinistra: Michele Sacerdoti, Stefano Boeri, Giuliano Pisapia, Valerio Onida. Dopo aver incontrato Pisapia qualche settimana fa, MW affronta ora il tu per tu con Stefano Boeri (1956), professore di Urban Design presso il Politecnico della città.
Buongiorno Boeri, partiamo col fatto del giorno: "Gli estremisti di destra Hammer inaugurano la sede con un incontro su Degrelle". Una specie di minaccia all'ordine pubblico?
Trovavo estremamente offensiva l’idea di dedicare una conferenza all’ex generale belga delle SS Lèon Degrelle nell’anniversario della Marcia su Roma. Un’offesa grave a una città che ha partecipato alla Resistenza antifascista con migliaia di suoi cittadini e ha vivo il ricordo delle persecuzioni e delle deportazioni naziste. Un’offesa a chi crede nei valori della democrazia e dei diritti dell’uomo. Da quanto abbiamo appreso, il raduno è stato rinviato al 3 novembre.
Come è andata la serata con Dario Fo?
È stata una serata di chiarimenti, di grande correttezza, di passione politica. Un vero dibattito dove è stato possibile confrontarsi sulle idee. Ho apprezzato il maestro Dario Fo che ha esposto con chiarezza tutti i suoi dubbi sulla mia candidatura e quindi mi ha dato modo di rispondere. Ora gli chiedo di darmi una mano a portare avanti il mio progetto per la città, perché possiamo farcela e insieme possiamo veramente dare un nuovo futuro a Milano.
I giochi sono fatti. Sarete in quattro a correre per le primarie: uno dei quattro sfiderà la Moratti per il ruolo di sindaco. Come affronta questa nuova esperienza?
Sono molto contento che alla sfida delle primarie partecipino personalità importanti, di rilievo e che da sempre hanno a cuore il bene di Milano, come Giuliano Pisapia, Valerio Onida e Michele Sacerdoti. Questo è un percorso bello e inclusivo: Milano è diventata un laboratorio politico in cui si dice veramente qualcosa di nuovo per il Paese. Dopo le primarie, tutti saremo disponibili a collaborare col candidato sindaco. Ho sempre detto che se fossi io, sarei felice che gli altri candidati confluissero nella mia squadra di lavoro per raggiungere un risultato che a Milano manca ormai da troppo tempo. Stavolta possiamo vincere.
In un comunicato dice di voler "cambiare radicalmente la città". In che senso?
Cambiare radicalmente la città per me ha un significato ben preciso. Ho affermato di essermi candidato non per cambiare gli assetti politici o dare un nuovo equilibrio tra maggioranza e opposizione, ma per costruire una nuova classe politica fatta di giovani e di persone che lavorano per Milano e non corrono per una poltrona che gli permetta di regolare i propri affari, come è successo fino a oggi. L’ho detto anche al Teatro Smeraldo: Letizia Brichetto Moratti e Silvio Berlusconi lascino il governo di Milano, tornino ad occuparsi solo dei loro affari che sono molti e importanti. A Milano ci pensiamo noi, noi che amiamo questa città e vogliamo restituirle lo splendore e la vitalità che l’hanno caratterizzata in passato.
Quali i temi "milanesi" che le stanno più a cuore?
Sono la scuola, la famiglia, l’ambiente, la sicurezza, la casa, a cui ho deciso di dedicare le nuove Cinque Giornate di Milano, da qui al 14 novembre. La scuola è la più grande infrastruttura sociale della nostra città, dove le generazioni dovrebbero dialogare e dove ci sia l’incontro e il confronto di culture e tradizioni. Penso anche alle scuole civiche, un vero e proprio orgoglio di Milano, che sono state chiuse da questa giunta. Oggi per molti giovani e donne è diventato impossibile lavorare e studiare. Milano deve tornare a essere una città delle opportunità e dell’integrazione attraverso il lavoro, non una città faticosa in cui tanti non riescono più a vivere. C’è la questione dei nidi che hanno rette impossibili e per le giovani madri è quasi impossibile lavorare. Vogliamo che la scuola sia un luogo fisico in cui le reti di quartiere trovino spazio e accoglienza: scuole aperte tutto il giorno e per tutte le età. Con l'obiettivo di rendere nuovamente Milano un laboratorio dell’innovazione in Italia.
Cosa non condivide della politica morattiana?
La signora Brichetto Moratti ha perso completamente il polso della città: tra Palazzo Marino e le esigenze dei cittadini c’è un abisso. Non c’è nessun progetto per Milano. Penso anche a come è stata affrontata la questione Expo, dove fino a poco fa ero impegnato in prima persona. C’è la necessità di cambiare passo e dare una svolta al governo di questa città, e i milanesi lo sanno.
Quando si è saputo della sua candidatura qualcuno ha storto il naso dopo i suoi trascorsi professionali al fianco della giunta. Come risponde a queste prese di posizione?
Non rinnego il mio passato, anzi sono fiero della mia attività e di quello che ho fatto, compreso il mio ruolo nel progetto Expo. Non ho lavorato per il Sindaco, ho lavorato per la città e nell’interesse della città. Il progetto al quale ho lavorato insieme ad altri colleghi è stato pensato nell’interesse pubblico come un regalo alla città. Abbiamo progettato un grande orto botanico e non metri cubi di cemento. Non ho costruito solo edifici, ma in questi anni ho cercato quindi di dare valore sociale alla mia professione. Ho lavorato con le reti del territorio per indagare le forme dell’abitare a Milano. Ho lavorato al progetto di rivalorizzazione delle cascine pubbliche milanesi.
Cosa significherebbe per Milano avere un sindaco architetto?
Ho sempre detto che qualora diventassi sindaco di Milano, lascerei la mia professione. Inoltre sono un urbanista e credo che questa visione possa essere uno strumento in più per cercare di valorizzare la città nel suo insieme.
D'accordo con Celentano che vuole ripristinare i Navigli e risanare la città col verde pubblico?
Non si tratta di essere d’accordo o no con Celentano. Penso che Milano abbia diritto di riappropriarsi del suo patrimonio urbanistico-ambientale. Sabato 23 ottobre siamo stati alla Darsena e nella zona dei Navigli. La Darsena dovrà rinascere con un progetto forte per tutto il quartiere, coinvolgendo Porta Genova, Ticinese, Corso San Gottardo: deve diventare un luogo pubblico che appartenga davvero alla città e per questo abbiamo aperto un dialogo con le associazioni. Siamo tutti stufi di soluzioni rattoppo, di soluzioni temporanee che non fanno sì che quest'area sia veramente recuperata all'acqua.
E con la proposta di Piano di rinverdire piazza Duomo?
Milano ha bisogno di più verde e più alberi, in tutte le zone della città. È fondamentale valorizzare i parchi. Io sono particolarmente sensibile alla realizzazione di una cintura verde attorno a Milano, un nuovo polmone d’ossigeno per la città e per la Provincia. Ricordo infatti che ho lavorato al progetto Metrobosco, con cui abbiamo piantato 300mila nuovi alberi.
La sua posizione sulla privatizzazione dell'acqua è assolutamente chiara…
Esatto, sono convinto che l’acqua debba rimanere un bene pubblico e proprio per questo abbiamo pubblicato il manifesto per l’acqua che potete leggere sul mio sito www.stefanoboeri.it e dove è possibile unirsi a noi in questa battaglia con la firma di una petizione online.
E sul nucleare?
Riguardo al nucleare sono fermamente contrario. Mi sembra contraddittorio parlare di nucleare in Lombardia quando stiamo organizzando l’Esposizione Universale in cui si sta puntando sulle rinnovabili e sull’agricoltura biologica. Puntare sulla green economy e sull’efficienza energetica, che fa risparmiare imprese e cittadini, significa creare nuovi posti di lavoro. Contrariamente alla costruzione di una centrale nucleare, che è una scelta vecchia, costosa e problematica, vista la questione non risolta dello smaltimento delle scorie radioattive.
Può farci un commento sui suoi tre "colleghi" in corsa?
Sono tutte persone competenti e stimabili. Amano Milano come me e pensano che la città abbia bisogno di risollevarsi dopo anni di malgoverno. Come ho già detto, queste primarie sono davvero una grande occasione e abbiamo tutti la responsabilità di coglierla al meglio.
Rinuncerà ai superpoteri in caso di elezione?
Certo, l’ho detto anche nei giorni scorsi. L’atteggiamento della signora Brichetto Moratti è totalmente sbagliato: ci si aggrappa a una presunta emergenza per chiedere aiuto al Governo e scavalcare in questo modo il Consiglio comunale.
Saremo pronti in tempo per Expo?
È stato perso molto tempo. Ora è fondamentale lavorare a Expo senza pensare agli interessi privati, bensì a quelli della città, partendo da un concetto di esposizione universale radicalmente nuovo. Il progetto dell’Orto botanico, realizzato nel modo corretto, va esattamente in questa direzione. Rimane il nodo della differenza tra le aspettative dei privati e le esigenze pubbliche: il contesto, ricordiamolo, è quello dell’unica esposizione universale che si tiene su terreni privati e che rischia di essere un enorme regalo di volumetrie ai privati. Credo che il caso Expo non sia chiuso, ne riparleremo senz’altro nelle prossime settimane.
Funzionerà la Commissione anti-Mafia?
Il nostro progetto per la sicurezza prevede, oltre all’eliminazione delle ordinanze “coprifuoco”, anche la creazione di una Commissione Antimafia comunale che lavori con la Commissione Parlamentare Antimafia, che si affianchi a un comitato di iniziativa e vigilanza sulla correttezza degli atti amministrativi e sui fenomeni di infiltrazione di stampo mafioso. La Commissione funzionerà: cominciamo a farla, anzitutto, perché il tema non può essere più eluso. La mafia esiste, anche a Milano.
Penultima domanda: ci dice l'angolo di Milano che ama di più?
I ragazzi di 11 Metri all’Arci Bitte mi hanno fatto la stessa domanda. C’è un edificio in Corso Italia che ho sempre adorato, fatto da Moretti, architetto importante del dopoguerra: è un gesto di rottura che dà un senso a un pezzo di città. Eccolo: http://www.architettoluigimoretti.it/site/it-IT/Sezioni/Opere_e_progetti/Scheda/158_1949.html
E la squadra del cuore…
Amo moltissimo il calcio e non posso essere ecumenico: sono un interista sfegatato.

"Ritengo che quando si parli di moschee sarebbe giusto considerare il concetto di reciprocità"

Silvia Garnero, classe 1984, è il più giovane assessore d'Italia, con deleghe a Moda, Eventi ed Expo. Laureata in Graphic and Virtual Design presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, è cugina di Daniela Santanché, dal 1° marzo 2010 sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio.
Buongiorno Silvia, ti abbiamo già sentita per Stile qualche mese fa, pertanto vorremmo in questa occasione compiere un'intervista un po’ informale, per farti conoscere meglio soprattutto ai nostri lettori più giovani… Di cosa si occupa l'assessore quando non è impegnata in politica?
Il tempo che mi rimane lo investo principalmente nella mia formazione. Non rinuncio però allo sport. Dunque riassumendo: politica, yoga, studio, yoga, politica, yoga e una serata fra amici ogni tanto.
Che locali consiglieresti ai tuoi coetanei milanesi?
Milano è una città incredibile. È capace di offrire grandissime opportunità da vera metropoli internazionale e allo stesso tempo non rinuncia ad "angoli provinciali". Cosa consiglierei? Brunch all'"Angar Bicocca", aperitivo alle "Biciclette", cena ai "Ronchi", musica dal vivo al "Bluenote" e tutti al "Plastic" per ballare.
Ti sei da poco lasciata alle spalle la settimana della moda. Come sono andate le cose?
Sono soddisfatta perché dopo trent'anni di sfilate in Fiera, la moda è tornata nel centro storico di Milano e dopo tante polemiche sul precedente calendario "ristretto a tre giorni" ha segnato anche il ritorno ai sette giorni canonici di manifestazione. La ciliegina sulla torta è arrivata dai dati di settore: la moda nell’ultimo trimestre è in crescita e le stime più recenti sulle collezioni prossime prevedono un aumento del fatturato del 6,5%, rispetto all'anno precedente.
Da un po’ è iniziato X-Factor. Morgan, uno dei capisaldi delle passate edizioni, dice che questo tipo di programmi serve solo a creare burattini televisivi. Sei anche tu di questo avviso?
Non mi piace l'atteggiamento di chi come Morgan, che deve buona parte del suo attuale successo proprio a X-factor, "sputa nel piatto dove ha mangiato". Ma tralasciando questi problemi di coerenza, credo che i talent show abbiano riacceso la passione di tanti giovani per musica e danza, insegnando, a loro modo, che il successo è frutto d'impegno e sacrificio.
Qual è la tua squadra del cuore?
Il mio cuore batte per la Nazionale.
Moda/modelle/anoressia. Perché è così difficile far capire alle più giovani che per essere belle non è necessario essere magre?
L'anoressia e la magrezza patologica, non hanno niente a che vedere con l'eleganza e non sono nemmeno utili in passerella per presentare al meglio i capi delle collezioni. Hanno solo il potere nocivo di scatenare emulazione mettendo in crisi le giovanissime. È proprio questo il problema. Il mondo della moda influenza tantissimo i giovani, che nonostante tutte le campagne di informazione, continuano a vedersi proposte modelle magrissime. Dobbiamo risolvere questa contraddizione.
Milano è sempre più al centro di fatti di cronaca, relativi al difficile dialogo fra cristiani e islamici. Recentemente Tettamanzi ha proposto una moschea milanese (in contemporanea Obama ne vuole costruire una nel cuore di New York). Sei d'accordo sulla necessità di andare incontro concretamente alle esigenze di altre forme di credo?
Ritengo che quando si parli di moschee sarebbe giusto considerare il concetto di reciprocità. Mi spiego: quale trattamento è riservato all'iniziativa di aprire una nuova chiesa cristiana nei paesi islamici? Potremmo cogliere l'occasione per verificare se esiste corrispondenza fra le richieste delle minoranze in Italia e i diritti concessi ai cristiani nel mondo arabo. Detto questo, ignorare la presenza mussulmana a Milano è praticamente impossibile e sarebbe molto stupido. Una soluzione va trovata, ma si deve partire dai presupposti di controllo e legalità. Luoghi di culto, non fabbriche di odio.
Intanto Expo è sempre più vicino…
E nonostante le difficoltà, stiamo lavorando perché sia una grandissima opportunità per Milano e per tutto il Paese.
Ultima domanda: pensi che siano utili social network come Facebook o Myspace, o li consideri prodotti che stanno progressivamente allontanando l'uomo dai più sani contatti sociali?
Se i Social Network sono intesi come strumenti per comunicare, non sono soltanto utili ma imprescindibili. Sbagliato è trasformare il mezzo in un fine e fare di Facebook o Myspace l'unico momento di relazioni della propria vita. Ben vengano nuove occasioni per confrontarsi e diffondere informazioni, ma assicuriamoci sempre di farne il giusto uso.

sabato 16 ottobre 2010

"Brassens è un esempio di anarchia e trasgressione che i vari Marylin Manson o avariate Lady Gaga si possono scordare"

Vacanze finite, tempo di ripresa. Quali i prossimi appuntamenti con Patrucco?
Durante il tempo di ripresa, farò quello che ho fatto nel periodo delle vacanze: porterò in giro Chi non la pensa come noi, il mio spettacolo. Tra le altre tappe, sarò al teatro della Cooperativa di Milano per una settimana intera – dal 3 al 7 novembre – e aprirò la stagione teatrale a Mantova, al Teatro Ariston, il 23 novembre. Di quest’anno, beninteso.
“La sua faccia e soprattutto la sua verve”. Da chi ha ereditato queste doti?
Non vorrei apparire snob, ma ho cercato di non prendere niente a nessuno. Soprattutto per non ferire l’ignaro “benefattore”. Nei limiti del possibile, ho sempre evitato di guardare “comicità”, per frequentare altro. Ammesso che abbia qualche dote, è farina del mio sacco. O almeno, così credo. Magari, senza rendermene del tutto conto, avrò preso dalle cose che mi piacciono. Detesto la comicità fatta a tormentoni, mi hanno stufato i personaggi caricaturali, mi infastidiscono abbastanza le imitazioni… Immagino che tutto il resto possa far parte del mio bagaglio.
Cosa si intende con scuola minimalista?
“Parola e recitazione, senza troppi orpelli. Contenuto e “contenente”, per intenderci. Nel mio caso, il filo del ragionamento è sporcato da uno scarto finale in grado di suscitare la risata. Per fare questo, massima attenzione su mani e volto. Da qui l’abito rigorosamente scuro, in omaggio, appunto, alla scuola minimalista”.
Cosa ricorda del suo debutto al Teatro Cabaret La Bullona in Corso Sempione a Milano?
Tanta ricerca mista a improvvisazione, imperizia e ingenuità. Non era tutto oro, c’era anche una buona dose di cialtroneria. Tuttavia, non mancava un certo rigore. Anche un palchetto sgangherato e cigolante andava guadagnato sul campo. Generalmente parlando, oggi la cosiddetta gavetta è ritenuta una perdita di tempo e i risultati si vedono.
Cosa sono stati per lei i Gufi?
Un bel punto di riferimento.
"Pessimismo cosmico” e “pessimismo comico”. Qual è la differenza?
La differenza è totale. Leopardi non c’entra assolutamente nulla. Nel mio piccolo, ho fondato una corrente satirica, detta per l’appunto del «Pessimismo Comico». Di questa corrente faccio parte soltanto io, nessun altro. Più che una corrente, uno spiffero, ma ci sono affezionato. Con questo gioco di parole ho trovato una definizione della mia comicità che mi pare calzante. Quella che propongo in scena, non è certo una visione edificante dei tempi che corrono. Pessimismo comico sintetizza bene.
Fra i tanti premi vinti, qual è quello che ricorda con maggiore soddisfazione?
Premesso che il “rito” mi ha sempre imbarazzato, non è ruffianeria dire che tutti quelli che ho avuto occasione di ritirare – non poi così tanti – mi hanno fatto piacere. Se qualcuno sente l’impulso di assegnarti un premio, va ringraziato senza fare classifiche. Il prestigio dell’attestato, in questo caso, non conta.
Perché Georges Brassens?
Perché considero Brassens il più grande autore di canzoni. Una persona geniale che utilizzava parole e musica povere di sentimentalismo e ricchissime di sentimento, acume e ironia. È la mia passione “musical – letteraria” di sempre. Perché è estremamente moderno e ha scritto brani straordinari, sia sotto il profilo della parola, sia dal punto di vista musicale. Con la mia traduzione e gli arrangiamenti di Daniele Caldarini, se possibile, lo restituiamo al pubblico ancor più attuale.
Oggi hanno ancora senso di esistere gli chansonnier?
Nella loro forma classica, forse no. Tuttavia, lo ripeto, Brassens è un esempio di anarchia e trasgressione che i vari Marylin Manson o avariate Lady Gaga, si possono scordare. Questi odierni provocatori, sono convinti di sconvolgere la platea con banali messinscena studiate a tavolino. In realtà sono la massima espressione dell’omologazione. I testi di Brassens graffiano ancora oggi, segno che la parola è sempre più rivoluzionaria di qualsiasi cortina di fumo che le si crea intorno. Se vogliamo, torniamo al minimalismo, anche se dal vivo sono accompagnato da una band che, mi si passi il gergo, pesta duro.
La vedremo ancora a Zelig?
Dipendesse da me, forse, perché no? Ma, onestamente, penso proprio che non siano interessati alle mie cose. Purtroppo, noto che la tivù ha sempre meno voglia di mischiare i generi, di azzardare, di osare… Ho come l’impressione che di un mio monologo manderebbero in onda solo le preposizioni semplici.
Dopo “Tempi bastardi” e “Vedo Buio!”, ha idea di pubblicare qualche altro libro?
Con Foschi Editore è in uscita, a ottobre, NECROLOGICA, un libro lapidario, col quale intendo chiudere la trilogia del Pessimismo Comico, dopo Tempi bastardi e Vedo Buio. È un lavoro al quale tengo molto, in quanto decliniamo la satira in tre forme: scritta, cantata e disegnata. È un libro sul quale, con Antonio Voceri, abbiamo lavorato parecchio e nel quale c’è parecchio: oltre 400 fra coccodrilli ed epitaffi umoristici su personaggi rigorosamente in vita, alcune formidabili illustrazioni di Sergio Staino e un CD con cinque brani mai tradotti in italiano di Georges Brassens (tre inediti e due live) sul tema della morte. Se l’argomento trapasso è un classico della comicità, possiamo dire che NECROLOGICA è roba da morire dal ridere.
Vive ancora a Carate Brianza?
Sì. Mi spiace per i residenti.
Infine, l’angolo milanese che Patrucco ama di più…
Si parla troppo spesso male di Milano. È vero, anche a Milano si respira una minor voglia di scoprire, di curiosare, di partecipare… E un bel po’ di polveri sottili. Ma non credo sia un problema solo di Milano. L’omologazione e la sciatteria di pensiero, così come lo smog, stanno prevalendo ovunque. Sarebbe il caso di contrastarli, ognuno con i propri mezzi e con le proprie capacità. Ecco, il luogo di Milano che più mi piace e quello dove si prova a combattere questa battaglia. Ce ne sono e spero che ognuno cerchi di scovare il suo”.

"Amo moltissimo il soul e il blues"

Il musical il "Mondo di Patty" - dopo il grande successo all'Arena di Verona - diventa un evento cinematografico (sold out in molte sale lombarde). E per l'occasione Milanoweb ha intervistato una delle protagoniste: Ambra Lo Faro, nella parte di Giusy. Ambra è nata a Milano nel 1991, da genitori musicisti. Ha debuttato con Mike Bongiorno in una serie di programmi televisivi per ragazzi e nello spot pubblicitario del Mulino Bianco. Con le lezioni di recitazione e ballo, continua a studiare anche pianoforte e violino e a sostenere esami all'università. Il suo motto? Andar d'accordo con tutti.
Ciao Ambra, cosa ci dici di questa tua ultima avventura artistica, il musical "Il Mondo di Patty"?
È stata un'esperienza meravigliosa, umanamente e artisticamente. Ho potuto confrontarmi con bravissimi ballerini e attori, che mi hanno insegnato moltissimo, e ho conosciuto persone meravigliose cui voglio un mondo di bene. Artisticamente ho lavorato a 360 gradi: canto, ballo e recitazione.
Chi è Giusy, il personaggio che interpreti?
Giusy è la fidanzata di Guido, sorella di Matias, migliore amica di Patty. Durante il film Giusy ha diverse storie d'amore, come quella con Alan, o Gonzalo; ma il suo cuore batte soprattutto per Guido, un sentimento per lei fortissimo. All'interno del musical Giusy rappresenta soprattutto il valore dell'amicizia, ed è il pilastro su cui Patty si appoggia ogni qual volta le capita qualcosa di brutto. La vera amicizia è lei. E non dimentichiamoci, ha una passione sfrenata per la musica.
Com'è il rapporto con i tuoi colleghi?
Stupendo. Sapere di avere accanto delle persone su cui puoi contare non soltanto in scena ma anche nella vita è fantastico. È raro tutto questo. Stare insieme 24 ore su 24 non è sempre facile: ci sono diverse tensioni legate anche agli spostamenti, alle poche ore di sonno, allo stress in generale, l'ansia... ma se stai con le persone giuste, tutto diventa perfetto, e ci si sostiene, sempre.
Con chi hai più feeling?
Devo dire che con tutti ho instaurato un bel rapporto. La mia compagna storica di stanza è stata Francesca Merli, una bravissima ballerina del cast, e ha sopportato il mio disordine e le mie valigie scombinate. Sicuramente però ho legato moltissimo anche con Laura, che è ormai il mio portafortuna argentino: sapere di poter contare su di lei mi fa molto felice.
Appuntamento all'Arcobaleno di Milano?
Non vedo l'ora! Fra pochissimo inizierà sul sito del "Mondo di Patty" una rubrica online, dove risponderò a tutti i fan, ai loro messaggi, e li porterò a scoprire quel che faccio quotidianamente. Alla prima del film a Milano qualcuno di loro sarà senz'altro beccato e intervistato. Quindi preparatevi!
Quando inizi a recitare?
Il mio debutto a livello professionale in televisione è stato all'età di 8 anni con il “Bravo bravissimo club” di Mike Bongiorno. Lavorare con lui mi ha dato moltissimo, passione e rigore verso quello che si fa. Sempre. La vera recitazione è arrivata con Quelli dell'intervallo su Disney Channel.
Sei stata la protagonista di vari spot pubblicitari come quello del Mulino Bianco e di Giovanni Rana. Qual è stata la tua soddisfazione maggiore?
Sicuramente lavorare in America. Le pubblicità sono delle parentesi molto divertenti del mio lavoro, e mi piace moltissimo farle, ma è ovvio che quando lavori negli Stati Uniti ti rendi conto di tutto quello che è Los Angeles, e cioè il meglio a livello di televisione e cinema. E musica. Praticamente tutto.
Cosa consiglieresti a un giovanissimo della tua età che vuole entrare a far parte del mondo dello spettacolo?
Frequentare una scuola, come il conservatorio. E soprattutto non abbandonarla mai. Io frequento l'università, faccio Ingegneria Meccanica al Politecnico, frequento il conservatorio, e riesco benissimo a coltivare tutto quello che è televisione, spettacoli live con la mia band, recitazione e canto... insomma, è fattibile, ma con tanti sacrifici. Se ti piace però non ti pesa.
Che fai al conservatorio?
Da 12 anni studio violino. Mi ha aiutata molto per la formazione musicale: hai più consapevolezza di quello che fai mentre lavori.
Chi sono i tuoi cantanti preferiti?
Jesse McCartney è da sempre il mio idolo, lo stimo moltissimo. Sua madre Ginger McCartney adesso è diventata la mia manager a Los Angeles in California, e tutto questo mi sembra un sogno. A livello prettamente musicale sicuramente ci sono Aretha Franklin, Christina Aguilera e Beyoncè. Amo moltissimo il soul e il blues.
Hai altri hobby?
Amo leggere libri scientifici, ho letto quasi tutti i libri di Einstein, che è davvero un grande. Li consiglio a tutti i ragazzi, non sono così difficili da capire come sembra. Sono una grande appassionata di cucina, ho la casa piena di libri culinari! E poi, come tutte le ragazze della mia età amo la moda.
Ci dici l'angolo milanese che ti piace di più?
Ogni volta che vengo a lavorare a Milano, se sono dalle parti del centro non mi perderei per nessuna ragione la brioche al tiramisù di un bar di Corso Vittorio Emanuele. Insomma, se mi prendete per la gola è la fine.

"Ovviamente via Luigi Pasteur"

MW incontra Daniel Jacques Cristelli, presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria, all'indomani della sua dichiarazione sui social network, che alimenterebbero la disinformazione relativa ai vaccini. Castelli è nato a Rabat nel 1954 e ha doppia cittadinanza, francese e italiana. Laureato in Farmacia nel 1980 presso l'università de Pharmacie de Tours, diviene presidente dell'Associazione dei Marketing Managers (AMM) e responsabile della commissione comunicazione e membro del consiglio direttivo del Club Inter farmaceutico (CIP). In Farmindustria è membro del Gruppo Vaccino e del Gruppo delle Aziende Europee.
"Oggi le vaccinazioni sono come le streghe di qualche secolo fa, su cui si diceva di tutto". Può spiegare meglio questa affermazione?
La paura spesso nasce dalla mancanza di conoscenza. L'avversione nei confronti delle vaccinazioni è cosa antica basta guardare le 'vignette' ottocentesche sui presunti effetti del vaccino anti-vaiolo messo a punto nel 1796 da Edward Jenner. Immagini improbabili, che fanno sorridere, ma la mancanza d’informazione e/o la disinformazione può creare seri danni, come è accaduto nel caso della pertosse in Gran Bretagna negli anni '70 o nel caso del morbillo in questi ultimi dieci anni. Con questo non voglio dire che non ci deve essere dibattito ma ogni cosa che viene detta deve essere valutata anche considerando gli effetti che creerà.
I vaccini sono i migliori alleati della nostra salute?
Sono prodotti biologici studiati e messi a punto, dopo anni di ricerche e studi, per mantenerci sani.
Lei è il presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria. Qual è la percezione dei vaccini su social network come Facebook?
Da una ricerca condotta a marzo scorso da un’azienda internazionale è emerso che sui principali social network il 95% in media delle pagine dedicate ai vaccini è negativa. Nella maggior parte dei casi le ragioni che motivano questo atteggiamento risiedono in false credenze, in un continuo passaparola che ha perso i suoi punti di riferimento.
Il motivo?
Ciò può dipendere da molti fattori socio-culturali ma su tutto va detto che i vaccini sono spesso vittime del loro successo. Citando la Stampa del 15 settembre scorso: “8 figli per averne 2 adulti, gli altri 6 da regalare alle malattie infettive entro i primi anni di vita. Questa era la media di una famiglia europea alla fine del 700". Con questo non voglio dire che siamo contro i social network. Al contrario. Credo che proprio attraverso questo potente mezzo di comunicazione sia possibile cambiare alcune percezioni sbagliate.
Grazie alle campagne di vaccinazione, molte malattie sono scomparse o sono tenute sotto controllo, tanto da non rappresentare più un pericolo per l’uomo…
Alcune malattie non esistono più. Non si ha ricordo, né memoria di tutto ciò. I giovani oggi pensano che la ‘polio’ sia un gruppo rock e non una grave malattia, anche mortale, che fino a qualche decennio fa colpiva tantissime persone soprattutto in giovane età e che solo grazie alla vaccinazione è stata eradicata. Basti pensare che anche grazie ai vaccini la quasi totalità della popolazione italiana è in salute: e stiamo parlando di circa 60 milioni di persone.
Come si può fare per sradicare questa tendenza a considerare negativamente i vaccini?
Continuando a impegnarsi e lavorare per avere uno scambio di informazione costruttivo. Con questo spirito il Gruppo Vaccini di Farmindustria lavora da anni e quest’anno ha organizzato un incontro dedicato ai vaccini, nel quale erano seduti a un tavolo comune gli esperti dei vaccini e gli esperti della comunicazione.
Eppure l'anno scorso s'è fatto un gran parlare di vaccinazioni, in seguito alla temibile "suina” che poi s'è rivelata molto meno pericolosa delle aspettative. Come biasimare chi critica i vaccini e fa notare il can-can inutile dell'inverno 2009/2010?
Sulla pandemia si è detto molto. E molto altro potrebbe essere detto senza mai trovare una conclusione. Mi piace fare un esempio per provare a far capire cosa è stato fatto e come si è gestita questa emergenza. Se una mattina guardo fuori dalla finestra e mi accorgo che il cielo è coperto dalle nuvole, prima di uscire prendo l’ombrello perché penso che possa piovere. Se poi ciò non accadrà, tanto di guadagnato. Nessuno mi potrà giudicare per aver preso un ombrello. Ecco, con la pandemia è successa la stessa cosa.
Le Autorità Sanitarie sapevano che sarebbe arrivata questa nuova influenza…
Lo dimostravano dati provenienti dall’emisfero sud del mondo e dagli Stati Uniti dove il virus dell’H1N1 aveva già colpito. Nonostante questo non si poteva sapere quanto intensa sarebbe stata l’ondata pandemica. Applicando la miglior strategia preventiva sono stati messi a punto dei vaccini ad hoc, chiedendo uno sforzo produttivo alle aziende. In Italia a causa della pandemia sono morte circa 300 persone e sono circa ottomila i decessi per virus influenzali stagionali.
Di questi ultimi non si parla quasi mai…
Ma cosa si sarebbe detto se quelle 300 persone fossero morte senza che lo Stato Italiano, come tutti gli altri stati europei, non avesse acquistato i vaccini?
Anche per il 2011 Cristelli è stato confermato Presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria. Quali gli obiettivi per il nuovo anno?
Continuare a lavorare portando avanti proposte, idee e azioni volte a investire e accrescere la cultura della prevenzione a tutti i livelli, anche ai fini di una migliore allocazione delle risorse esistenti. All’interno di Farmindustria, con i componenti del Gruppo Vaccini che presiederò per i prossimi due anni, siamo più che disponibili a portare valore aggiunto alla sanità Pubblica attraverso la ricerca di soluzioni e la piena collaborazione con le Istituzioni, in particolare per quanto riguarda l’allocazione delle risorse destinate alla prevenzione vaccinale in linea con quanto avviene in Europa.
Ultima domanda che rivolgiamo a tutti i nostri intervistati. Ci può dire l'angolo di Milano che ama di più?
Ovviamente Via Luigi Pasteur… (Pasteur è fondatore della microbiologia moderna. A lui si devono i progressi medici nell'ambito dei vaccini, ndr.).

mercoledì 29 settembre 2010

“Ciò che permette al male di espandersi è l’inerzia dei buoni”

MW interview Gabriele Albertini, politico e imprenditore milanese. È stato sindaco di Milano dal 1997 al 2006, a capo di una coalizione di centro-destra. Rieletto al Parlamento Europeo alle elezioni del 6-7 giugno 2009, ha ricevuto numerose onorificenze fra cui quella di "Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana".
Durante la trasmissione "Primo Tempo" Albertini dichiara che la sua candidatura a sindaco di Milano è "pura astrazione". Cosa la fa desistere dall'idea di guidare di nuovo la città di Milano?
È certa la ricandidatura dell’attuale Sindaco da parte della coalizione Pdl-Lega, fatta questa premessa la mia eventuale ricandidatura avrebbe il solo scopo di nuocere e di non costruire alcunché. In questa posizione - ribadendo il concetto che più volte ho espresso e mutuato dalla nota descrizione di Mario Cipolla nel suo pregevole libretto “Allegro ma non troppo”- mi metterei nel ‘quadrante dello stupido’ insieme a coloro che, con il proprio comportamento, fanno del male a sé e agli altri.
Cacciari - filosofo ed ex primo cittadino di Venezia - però parla di una sua ipotetica "validissima candidatura", sostenendo che, il suo ruolo di sindaco, sarebbe utile anche alla sinistra.
Ringrazio Cacciari per la sua molto generosa affermazione , impreziosita dal fatto che sia uno dei protagonisti del ‘campo di Agramante’ e goda - dai tempi in cui eravamo colleghi e ci frequentavamo nel comitato dei sindaci delle città metropolitane - della mia piena stima e della mia viva simpatia.
Peraltro la sinistra le avrebbe proposto un'alleanza.
La Sinistra avrebbe proposto un’alleanza nell’ipotesi molto improbabile che io fossi andato al ballottaggio, presentando una lista civica. In realtà con l’eventuale presentazione di una mia lista civica, al ballottaggio sarebbero andati l’attuale Sindaco uscente e il candidato presentato dal centro sinistra e con ciò, mi richiamo al ‘quadrante dello stupido’ di cui parlavo prima.
Cosa le piace della politica ‘morattiana’ e cosa invece la preoccupa di più?
Mi è sicuramente piaciuta la vittoria di Milano nella competizione con Smirne per l’assegnazione dell’Expo 2015: un indiscusso pregevole successo di marketing urbano. Non mi è piaciuto l’Ecopass, che ho definito come di fatto è: inutile sul piano del miglioramento della qualità dell’aria, iniquo perché fa pagare ai poveri che hanno macchine vecchie ed esenta i possessori di costosi e moderni Suv dalla medesima tassa ed inoltre antieconomico perché costa più la sua organizzazione rispetto quello che è il ricavato. Non mi è piaciuta la politica contraria alle privatizzazioni - se si considera che l’attuale giunta ha addirittura ricomperato quote azionarie dell’Aem con lo scopo di rimanere in parità nella compagine azionaria di A2A, ovvero la Società frutto della fusione tra la Società energetica del comune di Brescia e quella di Milano. Sono scelte che hanno enormemente ridotto le possibilità di spesa in opere pubbliche e hanno compromesso il finanziamento di importanti infrastrutture. Non mi è piaciuta la destrutturazione se non distruzione della macchina comunale effettuata sin dai primi giorni di governo con le conseguenze molto negative che sappiamo, circostanza per la quale l’attuale amministrazione è stata anche condannata da parte della Corte dei Conti. In ultimo, per quanto riguarda l’Expo, mentre ho ammirato la capacità di marketing, di contro, devo criticare l’incapacità di gestione che si è determinata a seguito della prestigiosa vittoria.
Cosa ne pensa delle primarie del centro-sinistra?
Le primarie, se fatte correttamente, sono una testimonianza di rispetto delle regole democratiche e la manifestazione della volontà di far partecipare il ‘popolo dei seguaci’ alle scelte dei candidati e all’azione politica che gli stessi devono svolgere. In sé quindi, sono un elemento di positività.
C'è qualche esponente che le piace più degli altri?
Ritengo che tutti e tre i candidati abbiano, con titoli diversi, delle caratteristiche personali e professionali ragguardevoli e sono assolutamente rispettabili per qualità umane. Detto ciò, per l’altezza del ruolo svolto, per la qualità del pensiero e persino per una certa vicinanza caratteriale, dei tre candidati quello che voterei, se fossi iscritto al Pd, è quello che risulta nei sondaggi il meno votato e il meno votabile per le minori prospettive di vittoria, cioè il professor Onida.
Milano sarà pronta per Expo 2015?
Siamo al limite massimo di ritardo. I tempi di realizzazione - intesi come progetto esecutivo, bandi, appalti - e i tempi di reperimento dei fondi e di esecuzione dei lavori, sono al limite della praticabilità, tenuto conto che ancora non si sono definite le proprietà degli spazi in cui dovrebbero essere edificate le strutture e in cui sarà ospitata la manifestazione. Il ritardo accumulato è preoccupante, ancora non irreparabile ma giunto ormai al limite massimo.
Saranno tenute a bada le infiltrazioni mafiose?
La risposta è sì, se si metteranno in campo tutti gli strumenti e se si sceglieranno le persone con caratteristiche di spiccata onestà ed incorruttibilità per gestire la situazione. Insomma, per intenderci cito un proverbio: “Ciò che permette al male di espandersi è l’inerzia dei buoni”.
Il centro-destra a livello nazionale è un po’ in defaillance. Qual è la sua opinione sull'argomento?
Il centro-destra sta attraversando una crisi direi connaturata con le stesse caratteristiche del suo successo. Mi spiego meglio: il carisma del nostro capo Silvio Berlusconi è stato l’artefice del successo, elettorale prima e politico poi, della strategia e della sua azione dal ’94 ad oggi. Con la costituzione del Popolo della Libertà, frutto della fusione dei due principali partiti che per 16 anni erano stati alleati ma separati, avrebbe dovuto portare alla palingenesi dei seguenti criteri: 1.dibattito interno aperto ai contributi di tutti sulle strategie del Partito 2.selezione del ceto dirigente attraverso elezioni e non nomine 3. stesura e doverosa applicazione di un codice etico, per evitare anche gli imbarazzi di avere dei dirigenti di partito o membri di governo coinvolti in fatti censurabili. Questi tre argomenti non sono stati realizzati e questa condizione ha portato alla scissione non ancora irreversibile, ma certo critica, del gruppo dei ‘finiani’. In altri termini, tutto è ancora recuperabile ma le cause endogene della crisi sono presenti e riconoscibili.
Attualmente Albertini è presidente della Commissione Affari Esteri al Parlamento Europeo. Come procedono le cose?
L’UE dopo il Trattato di Lisbona ha di fatto iniziato un nuovo corso, potremmo dire, con una riflessione forse un po’ ardita ma assolutamente ragionevole: se il Trattato di Maastricht ha inventato l’euro, il Trattato di Lisbona pratica la Politica Estera Europea. In effetti, in questo frangente, l’Unione europea è dotata di un “Ministro degli Esteri”, la Baronessa Ashton, Alto Rappresentante e Vicepresidente della Commissione, oltre che di un Servizio Europeo di Azione Esterna - una sorta di corpo diplomatico per affermare appunto una politica estera dell’Unione coordinata con quella degli Stati Membri ma distinta. Le cose procedono in questa direzione ma con molte difficoltà. Trovo simpatico - per esprimere queste difficoltà- citare la risposta che la stessa Baronessa Ashton diede durante un'audizione alla Commissione Esteri. Un deputato, credo del Partito Conservatore inglese, le fece questa domanda: “Il Segretario di Stato Americano Henry Kissenger, una volta - rispondendo a chi lo criticava per la sua neghittosa volontà di escludere l’UE dalle consultazioni circa la politica estera degli Stati Uniti nel mondo – disse che avrebbe consultato ben volentieri il collega europeo se mai vi fosse stato un numero di telefono da fare ed una persona da contattare". Fatta tale premessa il collega inglese venne alla domanda: “Baronessa Ashton adesso c’è questo numero di telefono?” Risposta della Ashton: “ Il numero di telefono c’è ma il centralino risponde così: per conoscere la posizione tedesca digitare 1, per conoscere la posizione francese digitare 2, per conoscere la posizione britannica digitare 3 …”. Questo per dire che, mentre il trattato di Maastricht ha cancellato le monete nazionali e ha esautorato le Banche centrali dallo svolgere la loro precipua funzione di difensori della moneta nazionale, con l’avvento dell’euro che ha sostituito i vecchi conii – l’inizio della Politica Estera europea non ha cancellato, ne potrebbe farlo, l’esistenza di politiche estere nazionali che vanno armonizzate ed integrate con la prima.
L'angolo di Milano che ama di più?
La zona di Milano in cui sono nato e vissuto è sostanzialmente la zona di Certosa Sempione e Fiera, che è anche quella in cui tutt’ora abito. Per me dunque: il Parco Sempione, il Castello Sforzesco, l’Arco della Pace e appunto la Fiera - dove esponeva la Ditta Albertini dalla sua fondazione e dove anche frequentavo la Scuola Leone XIII - è la mia Milano. È la Milano che adesso più di altre zone, con la nuova City Life, la linea Metropolitana 5 che sosterà proprio li davanti e le tre torri Libeskind, Zaha Hadid e Isozaki nonchè il Portello contiguo, è la zona, dicevo, in cui si compie la più poderosa trasformazione verso il XXI secolo. Questi luoghi di Milano mi permettono di coniugare ricordi della mia vita privata, con fatti e opere salienti del mio mandato da Sindaco. Per esempio il citato Portello sorge nella zona, nel tratto di strada, che percorrevo dalla mia abitazione al Leone XXIII, che è la scuola che ho frequentato dalla seconda elementare alla maturità classica. Tutte le mattine passavo davanti agli uffici e ai cancelli dello stabilimento dell’Alfa Romeo, poi sono incappato nel primo blocco stradale nel ’69 all’inizio dell’Autunno caldo, proprio ad opera degli operai – per lunghi anni ne ho visto il decadimento urbano, erano aree dismesse e non ancora rigenerate a Città. Ora queste zone, grazie all’impulso dato nel nostro turno di guardia, stanno diventando una Nuova Milano e noi insieme ad altri siamo stati i protagonisti di questa palingenesi. La zona Fiera, Portello, Parco Sempione, e dei contigui monumenti – a questo proposito ricordo ancora un aperitivo che presi in calzoni corti, con mio padre sulla torre Branca, che allora non si chiamava così e che venne poi ristrutturata dall’impresa Branca ed inaugurata nel mio primo mandato amministrativo - insomma sono zone, sono ricordi che si sposano a situazioni che ho contribuito, con i miei collaboratori nei nostri anni di responsabilità istituzionale, a rigenerare e a proiettare verso il futuro.