giovedì 29 luglio 2010

"Sono davvero pochi i colleghi che ancora vanno in giro per il mondo per poi raccontare quello che hanno visto coi loro occhi"

Incontriamo Viviano Domenici all'indomani della pubblicazione del suo ultimo lavoro "Altri naufragi", pubblicato da De Agostini. Come è nata l'idea di questo nuovo libro?
Dopo aver accumulato per anni spunti raccolti durante i tanti viaggi che ho compiuto come inviato del Corriere della Sera, un giorno, il direttore di una rivista marittima, mi propone di raccontare mensilmente una storia avente come protagonista il mare. In breve mi ritrovo fra le mani tanto materiale da poter pensare alla realizzazione di un libro. Lo propongo alla De Agostini che accetta di buon grado. "Altri naufragi" l'abbiamo pensato come una specie di vecchio diario di bordo, contraddistinto anche da foto d’epoca e disegni. Non è un caso che sia stampato su carta simile a quella da pacchi.
Protagoniste assolute le isole. Cos'hanno di diverso dalla terraferma?
Le isole sono posti speciali dove fenomeni e comportamenti vengono spesso enfatizzati. Basti pensare agli elefanti nani della Sicilia o ai giganteschi uccelli del Madagascar. Inoltre, sulle isole approdano "relitti" di ogni tipo, anche umani, che subiscono anche loro fenomeni di estremizzazione, nei comportamenti, naturalmente. È per questo che le isole mi affascinano.
Qual è la storia che ti ha entusiasmato di più?
Forse quella riguardante una vecchia polinesiana di quasi cento anni. Abitava nell'Isola di Pasqua ed era discendente di un italiano naufragato molti anni prima. La storia mi ha affascinato così tanto che ho voluto cercare di ricostruirla nei dettagli. Una volta in Italia ho trovato dei documenti che mi hanno permesso, in effetti, di verificare che negli anni Trenta naufragò sull'isola un marinaio viareggino, che decise di vivere laggiù.
Per rimanere in zona "franca", cosa possiamo dire della misteriosa isola Ferdinandea?
Parliamo di un'isola che nell'Ottocento emerse per qualche mese nel tratto di mare fra l'Italia e l’Africa, poi si inabissò. Fece gola a molti perché sorgeva in un punto assai strategico, da dove era possibile controllare l'intero Mediterraneo. La sua storia geologica è peculiare. Nasce da un vulcano sottomarino e ha i suoi “alti e bassi”: in questo momento si trova a circa dieci metri di profondità, benché qualche anno fa sembrò sul punto di riaffiorare.
È l'unico caso di un'isola così particolare, che tu sappia?
Credo che ce ne sia una simile anche lungo le coste della Colombia e altre nell’Oceano Pacifico.
In tutto vengono citate 32 isole. Quali quelle in cui sei anche stato fisicamente?
I due terzi delle località che cito le ho visitate di persona. Le altre le ho raccontate basandomi su fonti indirette.
Quella che ti è rimasta di più nel cuore?
Forse l'isola dove è stato seppellito Gauguin, in Polinesia. Un'isola meravigliosa. Trovai il luogo di sepoltura del grande pittore in mezzo a belle piante tropicali. A qualche metro c'era anche quella dello chansonnier franco-belga Jacques Brel, che racconta una storia d’amore struggente.
Il libro è anche il frutto del lungo lavoro compiuto al Corriere delle Sera. Viviano Domenici è infatti colui che per primo ha dato vita alla pagina scientifica del quotidiano di via Solferino. Come è nata questa avventura?
Erano altri tempi. Nel 1961 risposi a un'inserzione per lavorare come grafico al Corsera. Durante una sorta di esame cui fui sottoposto, mi permisi di cambiare il titolo di un servizio. Mi convocò un personaggio austero, ma dolce, chiedendomi perché l'avessi fatto: io glielo spiegai non senza timore di aver fatto una stupidata, dicendo semplicemente che il titolo che mi era stato consegnato non rispondeva adeguatamente al contenuto del testo. Ed era proprio così. Quella persona era il grande Dino Buzzati. E fui assunto.
Altri incontri celebri nei corridoi del Corriere?
Enzo Biagi, Indro Montanelli, Claudio Magris, Egisto Corradi, Ettore Mo…
Il giornalismo è davvero morto?
Di sicuro è cambiato molto. Un tempo si faceva un giornalismo "fisico", di azione. Si partiva veramente per una località, per capire cosa succedeva nel mondo. Oggi con la scusa di internet il lavoro si svolge soprattutto alla scrivania. Sono davvero pochi i colleghi che ancora vanno in giro per il mondo per poi raccontare quello che hanno visto coi loro occhi.
Ora che sei in pensione mantieni ancora i contatti con via Solferino?
Collaboro saltuariamente e questo mi ha permesso di scrivere due libri in poco più di un anno. Il primo è “Altri naufragi”, di cui stiamo parlando; il secondo è “Notte di stelle” che ho scritto con Margherita Hack - un capitolo lei e uno io - e che uscirà a metà ottobre. Recentemente sono stato al Corriere per la presentazione del libro e per consegnare le puntate di una rubrica, relativa alle isole, che sta uscendo su pagine dedicate all’estate. Ritrovarmi in redazione e sentire ancora l’affetto dei colleghi mi ha fatto piacere.
Ti senti più giornalista o narratore?
Mi sento un giornalista, anche quando mi capita di narrare. Nelle mie storie c'è sempre un atteggiamento giornalistico, puntando sui dettagli, sui particolari infinitesimali, perché tutto sia più vicino possibile alla realtà, magari raccontata con sensibilità.
Quanti articoli hai scritto nella tua carriera?
Migliaia.
Esiste un modo per poterli leggere?
In archivio al Corriere c’è quasi tutto. Dal 1992 in poi tutti gli articoli pubblicati sono sul computer e chiunque, andando su Corriere.it, li può leggere. Personalmente ho un piccolo archivio cartaceo in cui ne ho raccolti circa l’80%. Il 20% l'ho perduto.
Qual è il futuro della divulgazione scientifica?
Non è bello. Una volta al Corriere facevamo otto pagine la settimana dedicate alla scienza. Oggi ne sono rimaste due, farcite di pubblicità. Un tempo gli articoli erano anche di 10mila battute, oggi non si va oltre le 4mila. Non mi meraviglierei troppo se fra un po’ i temi scientifici sparissero dai quotidiani.

martedì 27 luglio 2010

Twenty Questions: Bellavite Editore


In che anno nasce la vostra casa editrice?
1990.
Quanti libri pubblicate ogni anno?
Trenta.
Narrativa straniera o italiana?
Italiana.
Poesia?
No.
La prossima pubblicazione?
A luglio uscirà "Orti di monte, orti di lago, coltivare secondo tradizione nel territorio lariointelvese".
Cosa ne pensate del fatto che ci siano case editrici che arrivano a chiedere fino a 8mila euro per pubblicare un esordiente dopo averlo paragonato a Faulkner e Hemingway?
Preferiamo non rispondere.
Quanti manoscritti vi arrivano ogni anno?
Una quarantina.
In che percentuale la proposta di uno scrittore sconosciuto trova la via della pubblicazione?
Un misero 2%.
In che percentuale il lavoro di un editor influisce sul prodotto finale?
Un buon 40%.
Quante copie prevede la prima tiratura di un nuovo testo?
Dipende, circa mille.
Avete provato a bocciare una proposta che poi, con un altro editore, si è rivelata un successo?
Sì, è capitato.
Potete dire il libro che vi è piaciuto di più, fra gli ultimi letti, non pubblicato però dalla vostra casa editrice?
"I ragazzi di Odenberg" di Gaffi Editore.
In generale, i tre libri della vita…
"I Malavoglia", Il bambino con il pigiama a righe", "Zia Mame".
E i tre dischi…
Qualunque cosa dei Pink Floyd e di Vasco Rossi. E Nina Zilli.
Quando avremo anche a Milano il salone del libro 'alla torinese'?
Credo mai.
E adesso qualche domanda di carattere generale… Cosa ne pensate del fatto che Economist abbia definito il nuovo decennio appena iniziato "debtcade", cioè dei debiti?
Preferisco non rispondere.
Come vivrebbe l'uomo se i suoi livelli di serotonina fossero tarati a un livello maggiore?
Preferisco non rispondere.
Un voto alla televisione italiana…
5.
A Vladivostok ci sono le spiagge?
Non saprei.
Qual è l'angolo milanese che vi affascina di più?
Senz'altro Brera.

martedì 20 luglio 2010

"In pratica ho estremizzato il 'ragazzo dell'oratorio'"


Ciao Max, abbiamo saputo che sei in partenza per Reggio Calabria… tempo di vacanza?
In realtà sto andando a fare uno spettacolo in un paesino calabrese dove sono già stato due anni fa.
Cosa proporrai di bello?
Mi esibirò in un oratorio, proporrò degli sketch sul mio personaggio principale, Tarcisio. Per l'occasione ho dato vita a nuovi dialoghi.
Sei spesso in giro per parrocchie e oratori?
Beh, sì, Tarcisio è un ragazzo dell'oratorio e il personaggio funziona sempre in determinati contesti.
Dopo l'estate sarai in teatro…
Sarò al Libero di Milano da fine novembre alla prima settimana di dicembre.
Nome dello spettacolo?
"Amnesia". È uno spettacolo comico che ho scritto con Riccardo Piferi.
Tema conduttore?
Le amnesie di tutti i giorni, con i bambini, con gli anziani… sarò da solo sul palco, e mi divertirò a "dialogare" con personaggi immaginari.
Un'amnesia esplicativa?
Beh, non posso rivelare troppo.
Quanto c'è di Tarcisio in Max Pisu?
C'è parecchio. Anch'io sono nato all'oratorio e per anni ho frequentato la struttura donboschiana di Legnano. In pratica ho estremizzato il "ragazzo dell'oratorio" e l'ho portato sul palcoscenico.
È diverso l'oratorio di quando eri bambino da quello di oggi?
Oggi è tutta un'altra cosa. I bambini ci sono sempre, ma mancano gli educatori, i diciottenni e i ventenni che si prendono cura dei più piccoli.
Tu hai fatto l'educatore?
Sì, gestivo il gruppo teatro.
Perché oggi nessuno va più all'oratorio?
È cambiato il modo di vivere. Si hanno altri stimoli che una volta non c'erano. E forse manca anche la volontà di prodigarsi per gli altri.
Esiste davvero don Dante?
In realtà don Dante l'ho conosciuto dopo averlo inventato! È infatti il prete che mi ha sposato quando avevo già dato vita a Tarcisio e ai suoi "colleghi". In ogni caso per creare don Dante mi sono ispirato al mio vecchio parroco di Legnano. In generale tutti i miei personaggi sono ispirati alla realtà.
Come sono stati i tuoi inizi?
Ho iniziato con alcuni corsi di recitazione. Poi il mio maestro Gianni Cajafa (Napoli 1915-Milano 1997) mi ha fatto debuttare alla Corte dei Miracoli a Milano nel 1991, dove è partita la mia carriera di comico.
Nella tua biografia spuntano molti riconoscimenti, dal Premio città di Milano Gianni Magni del '92 al Premio Sportilia del 2007. Quale la soddisfazione più grande?
Forse il Premio Walter Chiari del 2003, e il Premio Ugo Tognazzi del 1997.
Milano, patria del cabaret. Come mai?
Perché il cabaret è nato qui e qui ha fatto scuola. Ci sono stati in passato molti locali dedicati a questa professione e ancora oggi ce ne sono. A Roma per esempio non esistono spazi dedicati al cabaret.
Ratzinger ha visto la tua parodia del Papa?
Non credo (ride). Spero di no. Però l'hanno vista molti parrocchiani vecchio stampo.
Se la sono presa?
Qualcuno sì.
Come mai?
Non hanno capito lo spirito dello sketch.
Commento Zelig?
Beh, oggi è tutta un'altra cosa, rispetto alla realtà di viale Monza, dove il progetto ha preso piede e di cui io ho fatto parte. Dallo spettacolo in un localino milanese s'è trasformato in un evento televisivo di grosse proporzioni.
Meglio prima o adesso?
Io preferivo prima.
Chi è il tuo mito?
Jerry Lewis.
Nella tua carriera hai fatto anche tanta tv. Cosa bolle di nuovo in pentola?
Per ora sto affrontando su Sky "Calcio Mercato Mondiale". Finirò il 31 luglio. Poi vedremo.
Usciremo dalla crisi?
Speriamo. Di sicuro in questo periodo c'è bisogno di ridere. E noi comici siamo qui per questo.
Angolo preferito di Milano?
Io vivevo a Legnano, a Milano venivo solo per lavoro.
Angolo preferito di Legnano?
Posso dirti quello di Alghero?
Va benissimo.
I bastioni di Alghero.
Come mai questa località?
Io sono di origine sarda e ho la cittadinanza lì.
Ti ringrazio molto per la tua disponibilità e ti auguro buon lavoro. Spero di venirti presto a vedere.
Magari ci vediamo al Libero.
Mi piacerebbe molto, probabilmente ci sarò. Ti ho già visto a Concorezzo anni fa, vicino a casa mia.
Ah sì, mi ricordo di quel teatro.
A presto allora.
Ciao e buon lavoro.

Twenty Questions: Iperborea Edizioni

In che anno nasce la vostra casa editrice?
Nel 1987.
Quanti libri pubblicate ogni anno?
Dodici.
Narrativa straniera o italiana?
Prevalentemente straniera.
Poesia?
No.
La prossima pubblicazione?
“Un’altra vita”, romanzo-autobiografia di Per Olov Enquist.
Cosa ne pensate del fatto che ci siano case editrici che arrivano a chiedere fino a 8mila euro per pubblicare un esordiente dopo averlo paragonato a Faulkner e Hemingway?
L’editoria a pagamento non è editoria.
Quanti manoscritti vi arrivano ogni anno?
1500 circa.
In che percentuale la proposta di uno scrittore sconosciuto trova la via della pubblicazione?
Nel 2009 abbiamo pubblicato 12 romanzi, di cui 3 erano di autori esordienti.
In che percentuale il lavoro di un editor influisce sul prodotto finale?
Le nostre traduzioni vengono tutte controllate parola per parola e a volte editate anche drasticamente.
Quante copie prevede la prima tiratura di un nuovo testo?
3500 per gli esordienti.
Avete provato a bocciare una proposta che poi, con un altro editore, si è rivelata un successo?
Sì. Stieg Larsson…
Potete dire il libro che vi è piaciuto di più, fra gli ultimi letti, non pubblicato però dalla vostra casa editrice?
Revolutionary Road, di Richard Yates, edito da Minimum Fax.
In generale, i tre libri della vita…
Stig Dagerman, "Il viaggiatore"; Albert Camus, "L’uomo in rivolta", Don DeLillo, "Underworld".
E i tre dischi…
Uno: "London Calling", the Clash
Quando avremo anche a Milano il salone del libro 'alla torinese'?
Credo mai.
E adesso qualche domanda di carattere generale… Cosa ne pensate del fatto che Economist abbia definito il nuovo decennio appena iniziato "debtcade", cioè dei debiti?
È un dato di fatto, almeno per quello che riguarda l’Occidente.
Come vivrebbe l'uomo se i suoi livelli di serotonina fossero tarati a un livello maggiore?
Per questo esiste la chimica.
Un voto alla televisione italiana…
Zero. Ma forse è un bene: se fosse buona gli italiani leggerebbero ancora meno. Io per primo.
A Vladivostok ci sono le spiagge?
Sì.
Qual è l'angolo milanese che vi affascina di più?
Un tempo era la Darsena. Ora mi rattristo ogni volta che mi tocca passarci accanto.

mercoledì 14 luglio 2010

"Occorre una chiara scelta politica di chi ci governa di combattere e rendere reato l'omofobia"

Ciao Marco, grazie per averci ricevuto. Partiamo dai fatti di cronaca di questi giorni: il venticinquenne Emilio Rez, cacciato dalla casa in cui viveva in affitto perché omosessuale; un altro grave caso di omofobia a Padova, ai danni di due giovani under trenta, che hanno denunciato il pestaggio alla Digos locale; la "censura" operata da alcuni media nei confronti di Elio Di Ripo, leader del Partito Socialista Belga, gay dichiarato, in questi giorni alla ribalta delle cronache in seguito alle elezioni in Belgio…
Tutte queste notizie sono un macabro esempio di come l'omofobia sia un dramma quotidiano. Perché omofobia non vuol dire soltanto aggressioni fisiche, ma è anche il mobbing fastidioso che esaspera le situazioni di precarietà ormai standard dei rapporti di lavoro, l'omofobia implicita di chi coi gay fa finta di non averci a che fare, ma poi sa benissimo che gay può essere il vicino di casa, l'amico, il medico, il panettiere sotto casa. E piuttosto che permettere alla conoscenza e l'incontro con l'altro la decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi, le persone si rifugiano nella sicurezza avvilente dei luoghi comuni e si lasciano cullare dall'ignoranza. Occorre quindi una chiara scelta politica di chi ci governa di combattere e rendere reato l'omofobia, di tutti i tipi: diretta, indiretta, implicita o esplicita.
Come è andato il gay pride?
Il pride di Milano del 2010 è stato un laboratorio che ha permesso di dare alcune risposte di cui come comunità lgbt (lesbica, gay, bisessuale e transessuale) avevamo bisogno. Sono nate tante associazioni in questi anni, ma pochi sono stati i risultati politici forti che tutti si aspettano: matrimoni, leggi, adozioni etc.
Questo pride è stato promosso da 12 associazioni che compongono il coordinamento arcobaleno, formato da 14 associazioni lgbt. È stata una manifestazione pacifica, fortemente politica, che ha visto un buon numero di partecipanti sfilare in piazza, almeno 20 mila, in un momento di ricorrenza e di lotta politica.
Ci sono alcuni aspetti della manifestazione di sabato 12 giugno, che mi sono molto piaciuti, altri che non erano stati valutati e potevano essere fatti in altro modo, altri, più negativi che invece fanno riflettere. Mi riferisco in particolare alla scarsa partecipazione e coinvolgimento della città. Bisogna lavorare ancora tanto per rendere sempre più trasversali certi momenti, perché non si riferiscono solo ai diritti di qualcuno ma significano progresso sociale per tutti.
Il sindaco è stato fischiato perché simbolo (secondo gaynews.it) di un "Paese clericale, machista e ipocrita". È vero che vi mette sempre il bastone fra le ruote?
Il sindaco dovrebbe pensare che amministra una città dove vivono circa 200mila persone omosessuali, lesbiche e transessuali. Ignorare ogni richiesta politica e culturale della comunità lgbt, come le mostre e le rassegne teatrali degli ultimi anni, dà l'idea di non voler amministrare una capitale europea, ma un comune medioevale chiuso su se stesso che sa parlare solo di sicurezza, commercio e licenze. Che Expo si vuole fare, per aprirsi al mondo, quando il mondo che si ha a portata di mano - comunità etniche, culturali e politiche - non le consideri o le accusi di ogni nefandezza? Riproveremo, ancora una volta, a proporre un dialogo su progetti e iniziative. La nostra richiesta di incontro giace sulla scrivania da anni e questo non è tollerabile, si capisce perché in tanti si sentano legittimati a fischiare.
Perché l'omosessualità in Italia è ancora tabù?
Perché siamo portatori di una cultura che spezza il velo di ipocrisia che soffoca l'Italia da anni. Se l'omosessualità è un discorso pubblico sempre più frequente, gli omosessuali, le persone omosessuali, con le loro meravigliose storie di vita possono ancora "sconvolgere" uno status quo non molto esaltante.
La felicità e la vita serena e soddisfacente che tante persone omosessuali vivono alla luce del sole logora e piano piano distrugge tutti quei dispositivi culturali vergognosi che viziano la nostra vita pubblica: il familismo amorale; il si fa, ma non si dice; i vizi privati e le pubbliche virtù; i doveri sociali per far felice la mamma, papà e nonni; la sessualità controllata; l'anaffettività o neutralità affettiva come criterio regolatore delle relazioni sociali; il machismo, la misoginia, e tante altre ancora.
Che relazioni avete con la chiesa? Tettamanzi?
Io personalmente sono cristiano valdese, quindi protestante. Arcigay è un'associazione laica e le critiche che vengono mosse a certe posizioni delle gerarchie cattoliche non devono confondere. Ci sono due aspetti riferiti alla religiosità e alla spiritualità che viaggiano su piani differenti. Un discorso appartiene alla fede, che è un percorso personale, qualcosa di soggettivo, che non si può giudicare; un altro aspetto è la religione, come prodotto culturale dell'uomo. Questo decade di fronte ad ogni argomentazione scientifica che, giustamente, fa piazza pulita di idee e concetti che, con l'obiettivo di vendere speranze, discriminano nei fatti delle persone, le loro vite e i loro affetti.
Le statistiche rivelano che sono circa 5 milioni i gay in Italia. In particolare nel libro "La sessualità degli italiani" di Marzio Barbagli si racconta che il 3% degli italiani si dichiara omosessuale e il 13% ammette di aver provato attrazione per individui dello stesso sesso. Sono cifre attendibili?
Sinceramente di fronte a indagini di tipo quantitativo sui comportamenti sessuali e la descrizione di sé ho dei forti dubbi. L'organizzazione mondiale della sanità parla del 7%. Questi numeri fanno riflettere. Se fosse vero che il 3% o il 7% degli italiani è gay, questo significa che i gay sono la più grande minoranza presente in Italia. E si tratta di cittadini senza diritti, che votano a destra come sinistra, sono ricchi o poveri, meridionali o del nord... io credo che sia giunto il momento che la comunità lgbt in Italia capisca che è la visibilità di ognuno a rendere esistenti le nostre istanze. Perché se non ti vedono, non esisti, se non esisti o sei insignificante, certe leggi non servono. E non può andare avanti così.
Perché molti omosessuali faticano ancora a rendere pubblica la loro natura?
Lingiardi, psicoterapeuta e psichiatra, parla di "minority stress" (cfr. citizen gay, il saggiatore): un mix micidiale che violenta le vite delle persone omosessuali composto da: omofobia, omofobia interiorizzata, percezione dello stigma. Ecco perché servono leggi, iniziative culturali e politiche e attività associative e ricreative. Queste insieme permettono di andare a distruggere questi singoli componenti, così da permettere alle persone lgbt di poter vivere una vita serena e soddisfacente.
Il Centro di Iniziativa Gay diventa Comitato Provinciale Arcigay Milano il 14 maggio 2006. Cosa è cambiato da allora?
In realtà si tratta di una riforma organizzativa interna ad arcigay più che di un percorso di cambiamento, o adesione vero e proprio. Fino al 2006 i circoli politici, come il CIG, che è in arcigay da metà degli anni '80, erano associazioni alla pari dei circoli arcigay di tipo ricreativo. Dal 2006 si è voluto dotare i circoli politici di un ruolo di rappresentanza e coordinamento delle attività su base provinciale. Una scelta di Arcigay nazionale che si è dimostrata vincente. In quattro anni sono cresciuti i comitati provinciali che ora sono 45 e si sono associate ad arcigay sempre più persone. Un'attenzione ai territori molto forte, una presenza capillare e una capacità, garantita dall'associazione nazionale, di intrecciare legami e coordinarsi per campagne e iniziative in contemporanea in tutta Italia. Noi come CIG, nel 2006, abbiamo ritenuto l'occasione utile anche per adeguare la nostra organizzazione interna. Il CIG arcigay Milano è un'associazione Onlus in cui prestano il loro tempo e le loro energie gratuitamente circa 80 volontari.
Quali sono gli obiettivi futuri?
Dico quelli di breve-medio periodo: riattivare alcuni servizi della mia associazione relativi alla salute e alla comunicazione; riallacciare il rapporto con le istituzioni milanesi; rendere ancora più efficace e visibile il coordinamento lgbt milanese e aprirlo a realtà non gaylesbiche e infine organizzare un grande comitato trasversale e non solo di tipo gaylesbico e trans, una sorta di comitato politico, un gruppo di pressione su laicità e cittadinanza in vista delle prossime elezioni comunali.
Ci puoi dire i tuoi tre dischi preferiti?
Ti svelo le mie tre canzoni preferite: Maria dei Blondie, Space Oddity di David Bowie, Basket case de Green Day.
E l'angolo milanese che ami di più?
Sono diversi, ma quello che mi fa staccare la spina, perché mi apre la vista sulla città che io amo è il ponte di Farini, affianco al monumentale. Quando ci passo: a piedi, in macchina, sul tram, se magari è una bella giornata e il sole sta tramontando... guardo a destra poi a sinistra e vedi Milano e ti senti parte di una realtà unica, maltrattata un po', ma speciale. È Milano tesoro, Milano!

"Sono tanti i luoghi milanesi che amiamo... in questo momento ci stiamo innamorando sempre di più della Bovisa"

Com'è andata l'inaugurazione di ieri della nuova sede di Esterni?
L'inaugurazione della sede è andata bene, c'era molta gente, abbiamo invitato "tutta la città" e sicuramente la metropoli ha risposto positivamente. Le persone si sono divertite, hanno esplorato i nostri nuovi spazi, usufruito delle nostre installazioni "made in Esterni", ascoltato musica, cenato... e hanno scoperto un nuovo spazio pubblico, in un quartiere che viene percepito come distante e poco raggiungibile ma in realtà non lo è.
Ha partecipato anche qualche autorità politica?
Esterni è un progetto condiviso dalla città e dalle istituzioni cittadine, l'invito è stato quindi steso a tutte le principali istituzioni. C'erano anche molti giornalisti milanesi e molti amici storici di Esterni.
Cosa succederà alla storica Palazzina di via Paladini?
Abbiamo lasciato la storica Palazzina riponendo grandi aspettative verso la nova sede e verso il quartiere Bovisa e i suoi abitanti. Vorremmo farci conoscere e rivitalizzare questa parte di Milano e il suo vivissimo polo universitario. La Palazzina di via Paladini sarà animata da un'altra associazione culturale milanese, per cui siamo felici che rimanga culturalmente attiva.
Esterni è attiva dal 1995. Cosa è cambiato da allora?
Sicuramente dal 1995 l'associazione si è ingrandita molto e può contare su una fitta rete di validi collaboratori in tutto il mondo. Oggi abbiamo un'ampia sede e la possibilità di lavorare annualmente su progetti culturali, con uno staff fisso. Abbiamo inoltre l'opportunità di fare formazione nelle università e nelle scuole. L'associazione ha comunque mantenuto gli ideali che l'hanno fatta nascere, cioè il promuovere l'incontro tra le persone e l'aggregazione sociale, e la riqualificazione degli spazi pubblici.
Quali i progetti che vi stanno più a cuore?
Ogni progetto che viene ideato e realizzato da Esterni diviene parte integrante della vita dell'associazione e delle persone che ne fanno parte. Non esiste un progetto preferito.
E i progetti imminenti?
È in corso un progetto che ci sta molto a cuore che riguarda la rivalutazione della zona in cui siamo, della nostra sede e che lavora sui quartieri milanesi e sulla città, che è il Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico. Le serate Open Source, che hanno cadenza settimanale, ogni martedì, sono pensate anche nell'ottica di questo progetto. In questi giorni siamo a Weimar per un workshop con gli studenti della Bauhaus University e stiamo lavorando al Milano Film Festival.
La crisi si fa sentire anche dalla vostre parti?
Sentiamo che c'è.
Sul vostro sito parlate di "pensiero di critica". Ma è vero che oggigiorno, in realtà, manca una critica onesta e consapevole?
In generale amiamo maggiormente parlare di quello che facciamo noi per la città. In linea di massima la nostra fortuna è di realizzare progetti in cui crediamo molto e che nascono dall'incontro di persone e dallo scambio reciproco di opinioni e idee.
Cosa potete dirmi del Milano Film Festival?
Quest'anno è la quindicesima edizione, un traguardo importante e un nuovo punto di partenza. La retrospettiva sarà dedicata a Jim Jarmusch e stiamo lavorando su tutto il programma (puoi visitare il sito www.milanofilmfestival.it). Inoltre è già possibile acquistare l'abbonamento, a soli 20 euro fino a fine luglio.
Piaciuto "Bright Star"?
Non l'abbiamo ancora visto.
Non pensate che sarebbe bello se ci fossero più cinema Anteo a Milano?
Diciamo che più in generale sarebbe bello avere spazi culturali attivi e partecipati.
Quante persone lavorano a Esterni?
A Esterni lavorano circa 25 persone fisse, cui vanno aggiunte una serie di collaborazioni esterne, tirocinanti, volontari… che ruotano da anni attorno all'associazione.
Quali sono le prerogative di un team vincente come il vostro?
Il lavoro di gruppo, il confronto continuo, il lavorare con passione, il credere in quello che si fa, nei progetti. Più in generale l'aver inventato un lavoro che piace, che è diventato uno stile di vita e un modo di "stare" nella città.
Infine, ci dite l'angolo milanese che amate di più?
Sono tanti i luoghi milanesi che amiamo... in questo momento ci stiamo innamorando sempre di più della Bovisa.

Twenty Questions: Bevivino Editore

In che anno nasce la vostra casa editrice?
La Bevivino editore nasce alla fine del 2002.
Quanti libri pubblicate ogni anno?
Circa 20 titoli l’anno.
Narrativa straniera o italiana?
Facciamo pochissima narrativa. In catalogo abbiamo circa 20 titoli, ma escludendo alcuni classici stranieri della letteratura utopica, abbiamo pubblicato prevalentemente italiani.
Poesia?
Ancora meno della narrativa... la poesia merita un’attenzione e una cura che qui in casa editrice non possiamo dedicare.
La prossima pubblicazione?
Stiamo mandando in libreria 4 volumi: 3 saggi, “Lo spetrro dei barbari” di Zygmunt Bauman; “Contro l’Occidente” di Alberto Abruzzese; “Paesaggi post-urbani” di Massimo Di Felice e la sorprendente biografia “John Harvey Kellogg – Mai dire mais” di Silvestro Ferrara.
Cosa ne pensate del fatto che ci siano case editrici che arrivano a chiedere fino a 8mila euro per pubblicare un esordiente dopo averlo paragonato a Faulkner e Hemingway?
Non mi piace, ma è come per i maghi e Wanna Marchi: ci sono i furbi da una parte e i cretini dall’altra.
Quanti manoscritti vi arrivano ogni anno?
Tra proposte e manoscritti una cinquantina...
In che percentuale la proposta di uno scrittore sconosciuto trova la via della pubblicazione?
Dedicandoci principalmente a saggi e biografie teniamo in considerazione la “contemporaneità” degli argomenti e dei personaggi proposti. Ma è molto importante anche il lato umano di chi propone un testo: questo lavoro, specie per le piccole realtà come le nostre, si basa ancora sull’idea di condivisione e partecipazione.
In che percentuale il lavoro di un editor influisce sul prodotto finale?
Non molto... cerchiamo di “pulire” il testo senza grandi interventi.
Quante copie prevede la prima tiratura di un nuovo testo?
Poche, pochissime: la media è di 500 copie per la prima tiratura. Per due ragioni principali: la prima è che da un po’ di anni i prenotati in libreria sono scesi molto e anche il venduto si è drasticamente abbassato; la seconda è che con le nuove tecnologie di stampa digitale – e l’abbassamento dei costi rispetto a qualche anno fa – riesci a “misurare” meglio le necessità di magazzino e rifornimento.
Avete provato a bocciare una proposta che poi, con un altro editore, si è rivelata un successo?
No, non credo...
Potete dire il libro che vi è piaciuto di più, fra gli ultimi letti, non pubblicato però dalla vostra casa editrice?
Un piccolo libro dell’amico Felice Accame, “L’anomalia del genio e le teorie del comico”, duepunti edizioni.
In generale, i tre libri della vita…
Non riesco a essere così risoluto, posso solo suggerire tre libri a me molto cari: “La versione di Barney” di Mordecai Richler; “Una banda di idioti” di John K. Toole e le “Operette morali” di Giacomo Leopardi.
E i tre dischi…
Qui è ancora più complicato, cerco di cavarmela indicando tre cantautori: Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Diana Krall.
Quando avremo anche a Milano il salone del libro 'alla torinese'?
Presto, me ne sto occupando proprio in questi giorni!!
E adesso qualche domanda di carattere generale… Cosa ne pensate del fatto che Economist abbia definito il nuovo decennio appena iniziato "debtcade", cioè dei debiti?
Operando in un settore che ha dei costi finanziari altissimi i debiti rappresentano una costante, non solo del decennio appena iniziato. Più che sull’affermazione dell’Economist voglio sottolineare come tutti noi siamo legati a vecchi tromboni incapaci di leggere il presente e immaginare il futuro: fanno i guru nei grandi incontri internazionali, pontificano l’economia libera e poi come al solito quando ci sono i profitti li privatizzano e quando ci sono le perdite le socializzano...
Come vivrebbe l'uomo se i suoi livelli di serotonina fossero tarati a un livello maggiore?
Se non sbaglio sarebbe più allegro, con tutto quello che ne deriva: più sesso, minore rabbia, nessuna depressione eccetera, eccetera...
Un voto alla televisione italiana…
Per fasce orarie: dalle 8 alle 21 direi 5; dalle 21 alle 8 direi 7
A Vladivostok ci sono le spiagge?
C’è il mare, ma non ho mai visitato la città né ho amici che mi hanno detto: “Cavolo, non sai che figata le spiagge di Vadivostock”...
Qual è l'angolo milanese che vi affascina di più?
Sono nato a Roma, una città che ti presenta in modo “sfacciato” le sue bellezze... Milano è più riservata, ma in questi anni ho imparato a scoprire dei luoghi e dei palazzi davvero straordinari, incantevoli... più che da un luogo sono affascinato da alcune atmosfere che si possono trovare nel quartiere Isola e in zona Tortona, ma se proprio devo indicare un posto devo dire che mi piace molto via dei Giardini..

mercoledì 7 luglio 2010

Twenty Questions: "Eleuthera Edizioni"

In che anno nasce la vostra casa editrice?
Elèuthera è una casa editrice di Milano, che pubblica dal 1986.
Quanti libri pubblicate ogni anno?
Tra i 15 e i 18 titoli.
Narrativa straniera o italiana?
Saggistica libertaria.
Poesia?
Fa rima con utopia, quindi non appartiene a questo mondo.
La prossima pubblicazione?
Dipende da quando pubblicherete questa intervista. Oggi il libro di Paolo Rossi, l'attore comico di teatro, titolo La commedia è finita!
Cosa ne pensate del fatto che ci siano case editrici che arrivano a chiedere fino a 8mila euro per pubblicare un esordiente dopo averlo paragonato a Faulkner e Hemingway?
Sta parlando di case editrici?
Quanti manoscritti vi arrivano ogni anno?
Troppi, e troppo spesso poco pertinenti alla nostra linea editoriale.
In che percentuale la proposta di uno scrittore sconosciuto trova la via della pubblicazione?
Più che di percentuali di pubblicazione, parliamo di nostro interesse alla pubblicazione, conosciuto o meno...
In che percentuale il lavoro di un editor influisce sul prodotto finale?
Preferiamo parlare di progetti editoriali (più che di prodotti finali). L'editing influisce in misura tanto maggiore e in modo direttamente proporzionale nel caso di libri scritti in maniera «non consona», e in misura inversamente proporzionale nel caso di capolavori. Ovviamente i secondi sono migliori dei primi.
Quante copie prevede la prima tiratura di un nuovo testo?
Se fosse per noi, la più alta possibile. In verità la decide il mercato, le prenotazioni insomma...
Avete provato a bocciare una proposta che poi, con un altro editore, si è rivelata un successo?
Sì, Bakunin, un giovane piuttosto promettente, con Feltrinelli il suo Stato e anarchia è già alla terza edizione.
Potete dire il libro che vi è piaciuto di più, fra gli ultimi letti, non pubblicato però dalla vostra
casa editrice?
L'infanzia delle cose, Manni editore.
In generale, i tre libri della vita…
...
E i tre dischi…
Non della vita, i primi tre: Grace di Jeff Buckley; Rage Against the Machine, titolo omonimo; Nirvana, Nevermind.
Quando avremo anche a Milano il salone del libro 'alla torinese'?
Una grande istituzione si può ospitare con una grande istituzionalizzazione, magari presto...
E adesso qualche domanda di carattere generale… Cosa ne pensate del fatto che Economist abbia definito il nuovo decennio appena iniziato "debtcade", cioè dei debiti?
Non è così per noi.
Come vivrebbe l'uomo se i suoi livelli di serotonina fossero tarati a un livello maggiore?
Alle prese con un costante mal di testa e sempre di ottimo umore?!
Un voto alla televisione italiana…
La televisione italiana non esiste.
A Vladivostok ci sono le spiagge?
Bisognerebbe chiederlo agli Offlaga Disco Pax
Qual è l'angolo milanese che vi affascina di più?
Brera, in alternativa la strada verso la Valle d'Aosta.