sabato 26 settembre 2009

"Viviamo in un mondo scatologico, che come tale si merita ciò che ha"

Roberto Brivio, 250 canzoni depositate alla SIAE, 7 libri pubblicati, collaborazioni con giornali prestigiosi. Oggi cosa sta combinando di bello uno fondatori dei Gufi?
Sto preparando la commedia “Sette chilometri da Gerusalemme”, tratta dal libro di Pino Farinotti, che andrà in scena a novembre presso il Teatro Angelicum. Poi un musical ispirato al libro che l’editore Gelmini ha appena pubblicato “Non truffateci se potete”. Si vende su internet book shop, per il momento. Basta cliccare il titolo per avere notizie a riguardo.
E per ciò che riguarda la musica?
Ho un bel po’ di concerti da fare da qui a Natale. Raccomando soprattutto quelli programmati in occasione della Festa del Teatro: 24 ottobre ore 16 all’Istituto dei ciechi via Vivaio 7 (Milan Blues); 24 Ottobre ore 21 al Politeatro di via Lucania 16 (Milan Blues); 25 ottobre ore 16 alla
Palazzina Liberty (Largo Marinai d’Italia) titolo “Gufologia”.
Recentemente ha anche pubblicato dei cd...
Tre. Uno dedicato all’operetta, “Incidentalia” sugli incidenti che causano le morti bianche e “Canti popolari del lavoro”, una raccolta di padano-country songs. Uscirà a fine Settembre il quarto composto di sole canzoni milanesi. Titolo “Sont Tornà ovvero Milan Blues” .
Di cosa parla il suo ultimo libro?
Delle truffe agli anziani. L’ho scritto a quattro mani con Andrea Ancona, presidente della commissione sicurezza della zona 3. E’ un romanzo sullo spaccato di una famiglia di lavoratori dove un figlio si dedica alla truffa dapprima con successo poi… si sa come queste cose vanno a finire. La storia non è soltanto un pretesto per elencare le truffe e descriverle nei loro particolari ma offre spunti, ricordi e analogie con avventure simili.
Seguendola abbiamo imparato ad ascoltare i canti goliardici... Può dire ai nostri lettori di cosa si tratta?
Sono le canzoni più sporche della terra.
Cioè?
Canzoni che parlano di sesso, sesso, sesso... Ma in maniera grottesca.
La cultura popolare milanese ne è particolarmente ricca?
La cultura milanese non c’entra. Parliamo di un repertorio di respiro nazionale.
Un tempo, quando cantava e recitava con I Gufi, la soprannominavano il “cantamacabro”. Da cosa deriva questo soprannome?
Dal fatto che scrivevo soprattutto canzoni macabre, aventi come protagonisti becchini, cimiteri, bare e funerali.
Quando nasce l’idea di proporre canzoni di questo tipo?
Più o meno nel 1964. Nessuno si occupava di canzoni in salsa gotica.
Il titolo di una sua canzone?
“Cimitero is wonderfull thing” che ha come inizio “ Al cimitero è bello andar con la ragazza per la mano a passeggiar”.
Un aneddoto a riguardo?
Ricordo una volta che presentai con il quartetto nel quale c’era ancora Gianni Magni (scomparso nel ‘92) le canzoni macabre a Chianciano Terme... Sarà stato il 1965. La gente se ne andò boccheggiando!
C’è qualcosa della letteratura noir che l’ha ispirata e/o continua ad ispirarla?
Edgar Allan Poe, da sempre. Fra i nuovi ammiro e mi appassiona Andrea Pinketts.
Nella sua lunga carriera ha fatto anche molta televisione, soprattutto su Antenna Tre. Ricordiamo per esempio “Lo Squizzofrenico” e il “Parapiglio”. E adesso?
Adesso è tutto diverso. Non sono particolarmente interessato alla tv. Sono stato invitato in varie trasmissioni, ma ho sempre rinunciato.
La storia dei Gufi... Come ha conosciuto Patruno e Svampa?
Finita l’Accademia di arte drammatica del Filodrammatici ho iniziato a organizzare spettacoli nei teatri. Un giorno ho chiamato Lino Patruno per farmi la colonna sonora di U.S.A di John Dos Passos, una commedia sulla storia americana. Lui era il leader della Riverside Jazz band. Un musicista nato: Suonava e suona tutt’ora chitarra, banjo, contrabbasso, pianoforte. Autodidatta.
E Svampa?
Me l’ha presentato Patruno. Subito dopo siamo andati a cantare in un cabaret di Piazza Pio X.
Magni invece si è unito più tardi...
Infatti. Lavoravamo assieme in Tv nei programmi di Mago Zurlì. Le mie canzoni avevano bisogno di un mimo comico. Gianni era perfetto.
Quanti anni dura l’esperienza dei Gufi?
Dal 1962 al 1969.
Come mai vi siete sciolti?
Era estate e faceva caldo.
Oggi come sono i rapporti con Lino e Nanni?
Ci telefoniamo, ci facciamo gli auguri, e poco più. Ci diciamo che siamo troppo vecchi per mettere in piedi qualche spettacolo. E forse che siamo anche passati di moda. In ogni caso dal ’69 ci siamo riuniti nell’81 per 40 puntate su Antenna 3 e per andare al festival di S. Remo come ospiti. Nuovo scioglimento, 11 anni di separazione, nel ’92 muore Magni. Da allora poche partecipazioni a qualche show. Non sufficienti per una nuova riunione.
Proprio sicuro?
Mah. Sicuramente ci vorrebbe un produttore e un regista... E comunque manca Magni...
Oggi c’è chi sostiene che la comicità dei Gufi sia stata in parte ereditata dagli artisti che si esibiscono a Zelig e a Colorado Café. Cosa ne pensa di queste due “nuove” realtà cabarettistiche?
Ti rispondo lapidario: viviamo in un mondo scatologico, che come tale si merita ciò che ha. Zelig e Colorado sono i prodotti dei tempi. Pare funzionino. Gli artisti riempiono le sale, indipendentemente dai contenuti e dalla cultura. Noi arrivavamo a teatro dopo anni di gavetta. Oggi ci arrivano in un giorno. Il nostro pubblico dice che come negli anni 60/70 non ce n’è. Il pubblico di oggi tra vent’anni dirà le stesse cose sostenendo che come i beniamini di adesso non se ne formano più. E così avanti.
Può fare qualche nome?
Evito. Non voglio innalzare né abbassare.
Lei nasce nel 1938 a Milano. Cosa si ricorda di quei tempi?
Nasco nella zona di Porta Venezia. Da bambino ricordo soprattutto l’oratorio di San Gregorio dove passavo gran parte del mio tempo a giocare. E i Teatri dove mi portava mio padre. Alla Combattenti di via Tadino, al Pace o Venezia, non ricordo bene, al Puccini, al Novecento.
E durante la guerra?
Eravamo sfollati nel Friuli. Al ritorno, la città era una maceria unica.
Differenze rispetto ad oggi?
C’erano in giro pochissime macchine.
Assistette all’esposizione a Loreto dei corpi di Mussolini e Petacci?
No. Ero un bambinetto. Ci andò però mia zia, comunista convinta. Non fu uno spettacolo onorevole come non è onorevole la guerra in qualsiasi modo la si esprima.
Brivio è un cognome tipicamente lombardo. Da dove arriva la sua famiglia?
Sono di origine brianzola da parte di padre. Mia madre, invece, viene dal Friuli. C’è anche in provincia di Lecco un paese che si chiama Brivio, col castello omonimo. Ho preso le armi di Oldrado Brivio, l’antenato che ci viveva. Uccise la moglie fedifraga e scomparve. Lo ritrovarono trecento anni dopo nell’intercapedine del soffitto tra piano terra e primo piano. Sulla corazza era appiccicato un foglietto con scritto “Vorrei tanto… suicidarmi”, la mia prima canzone macabra.

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