giovedì 7 gennaio 2010

"I miei anni Quaranta hanno una data spartiacque, il 25 aprile 1945"

Alessandro Barbetta è difensore civico della città di Milano dall'8 febbraio 2004. Ci può fare un breve resoconto di questi cinque anni di attività?
All'inizio mi sono dedicato alla messa a punto della struttura (sistema informatico, prassi operative), riferendomi ai modelli dei paesi europei dove l’esperienza dell’ombudsman è più consolidata che in Italia. Poi, con l'apertura al pubblico, mi sono concentrato sul progressivo crescere delle richieste di aiuto rivolte al difensore civico, sull'interazione con il mondo associativo, su alcuni filoni di azione che, al di là dei singoli interventi richiesti dai cittadini, hanno qualificato la difesa civica milanese. Mi riferisco, in quest'ultimo caso, per esempio, alle azioni a favore della tutela dei diritti delle persone con disabilità, alla collaborazione tra difensori civici metropolitani, all’apertura di rapporti internazionali. Col nostro lavoro abbiamo, quindi, avuto modo di far apprezzare Milano sul piano europeo anche per la difesa civica.
Prima di questa esperienza ha lavorato per la Regione dal 1995 al 2004. Che differenze ci sono fra il difensore civico regionale e quello comunale?
La differenza sostanziale deriva dalla diversa natura istituzionale dei due enti. La Regione ha un ruolo legislativo e programmatorio. Il Comune è il fronte più esteso e intenso di impatto diretto tra apparato pubblico e cittadini. È dunque è sul fronte comunale che si concentrano i maggiori compiti di cura, sviluppo e soddisfazione dei diritti e degli interessi della comunità territoriale. Al difensore civico cittadino, peraltro, si possono rivolgere anche i circa ottocentomila abitanti che, pur non residenti, vivono in città per motivi di studio, svago, lavoro.
Dal maggio 2006 a oggi il difensore civico si è occupato di 12mila casi, un numero notevole per una sola persona. Quali altre figure professionali aiutano il difensore civico nel suo lavoro?
Il difensore civico è una persona, titolare della carica per elezione del Consiglio comunale, ma è anche una squadra che opera sia nella sede centrale che nelle nove zone del decentramento cittadino. Otto sono le persone qualificate sotto il profilo giuridico che si dedicano all’analisi dei casi sottoposti dai cittadini; tre sono gli addetti al front-office; le relazioni istituzionali e la comunicazione sono, invece, curate da due unità specifiche; altre tre unità si dedicano alla gestione delle risorse (personale, bilancio, procedure informatiche, documentazione, archivio e protocollo); quattro persone, infine, assicurano l’attività di segreteria.
Nel 60% dei casi le persone che si rivolgono al difensore civico ottengono dei benefici. E gli altri?
Al 63% di esiti utili per il cittadino, si devono aggiungere il 16% di richieste infondate; il 12,5% di richieste relative a informazioni o orientamento verso altre strutture; l’11,5% dei casi in cui il richiedente non dà seguito all’istanza presentata; il 7% dei casi, dove l’ufficio amministrativo al quale il difensore civico aveva indirizzato l’intervento, non ha aderito alla soluzione proposta dall'organo comunale.
Come si deve comportare il difensore civico per assolvere al meglio suo lavoro?
Il difensore civico deve operare con competenza, capacità di dialogo, spirito di collaborazione avendo sempre presente due obiettivi: tutelare i cittadini nei loro diritti e promuovere un’azione amministrativa trasparente e di qualità. Non va poi dimenticato che la segnalazione del cittadino è una risorsa che, mediante l’azione del difensore civico, si può trasformare in utilità per una pluralità di persone che si trovano nella medesima situazione. Il difensore civico, in ogni caso, non ha potere vincolante.
Cioè?
Significa che non può sostituirsi alle decisioni dei dirigenti e degli organi del Comune. L’efficacia della sua azione si basa quindi sulla virtuosità del circuito di rapporti tra cittadino – difensore civico – amministrazione. Il successo della difesa civica si realizza quando i tre elementi del circuito fanno bene la loro parte.
In molti, però, si rivolgono al difensore civico senza sapere che numerose controversie non sono di sua competenza. Può brevemente far sapere ai lettori di Milanoweb quando non è il caso di rivolgersi al difensore civico?
I cittadini devono sapere che prima di rivolgersi al difensore civico sono tenuti a contattare la struttura che gestisce la questione di loro interesse, e che comunque il difensore civico comunale non rappresenta il cittadino in giudizio. In particolare il difensore civico non annulla provvedimenti amministrativi; non sospende i termini dei ricorsi; non si occupa di questioni inerenti le pensioni, l’istruzione, la sanità, la prefettura, la questura; non regola controversie tra privati (ad es. conflitti condominiali o commerciali); non si esprime in merito alle scelte politiche dell’amministrazione.
Ammesso che un cittadino abbia ragione, quali sono le prime mosse del difensore civico?
Il difensore civico, dopo aver esaminato il caso e valutata la documentazione esibita dal cittadino, acquisisce informazioni dall’ufficio competente mediante richieste scritte o incontri diretti. Accertato il fondamento della lamentela propone una soluzione che, in piena legittimità, possa soddisfare le esigenze espresse dal cittadino.
In quanto tempo si giunge a una soluzione?
I tempi di soluzione possono essere molto diversi in ragione della natura del problema. Un conto è verificare un punteggio nella graduatoria per l’assegnazione di una casa popolare, un altro è intervenire su un caso di inquinamento acustico che implica anche sopralluoghi tecnici da parte dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente.
Ci sono delle novità che le andrebbe di segnalare a Milanoweb?
In questi giorni si sta approvando in Parlamento la Legge Finanziaria per il 2010. In un contesto di tagli ai cosiddetti costi della politica, si va purtroppo alla potatura della figura del difensore civico comunale. Un colpo di spugna che toglierebbe ai cittadini di avvalersi di un meccanismo di tutela competente, indipendente, a portata di mano in caso di controversie col proprio comune. Un organo, che in Europa è considerato un indicatore di modernità e democrazia del sistema pubblico, cadrebbe come il più inutile dei parassiti. E ciò avverrebbe senza alcun dibattito ufficiale.
Lei nasce nel 1938 a Milano, dunque pochi come lei possono dirsi milanesi doc. Alla luce di ciò saremmo lieti di sapere qualcosa della città di Milano negli anni Quaranta. Cosa rimpiange di quei tempi e cosa invece trova che sia migliorato?
I miei anni Quaranta hanno una data spartiacque, il 25 aprile 1945. Prima sono stati anni segnati dalla corsa verso il rifugio antiaereo in piena notte; dalla valigetta che il papà portava sempre con sé per tornare a casa, riempita una volta di castagne e un’altra volta di patate; dall’arrivo in bicicletta dalla campagna dello zio Domenico con due file di salciccie arrotolate sotto la camicia; dal nostro sfollamento per tutto nel 1943 (fino a Natale) in un paesino sul lago di Como per sfuggire ai bombardamenti; dalla tragedia dei duecento scolari di Gorla uccisi con le loro maestre dalle bombe lanciate dagli aerei alleati. Dopo il 25 aprile, invece, con l'arrivo dei partigiani dal pavese, tutto cambia. Non si sentono più le sirene d’allarme; possiamo concederci inifinite partite di pallone in mezzo alle strade e lunghi pomeriggi di ping pong all’oratorio; nei fossi dei prati della periferia milanese le acque sono limpide e i pesciolini a portata di retino…

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