venerdì 29 gennaio 2010

"Chi finisce per strada è perchè ha perso tutto"

Ciao Mario, innanzitutto un dato: i senzatetto a Milano stanno crescendo sempre di più. Si vede anche dall'aumentata frequenza nei dormitori. Puoi spiegarci meglio la situazione?
È un dato che confermo. Nell'ultimo anno i senzatetto sono aumentati sia fra gli stranieri che fra gli italiani. Fra gli stranieri ci sono soprattutto uomini provenienti dell'Europa dell'est e nordafricani. In parte sono regolari, in parte no.
Qualche percentuale?
Gli stranieri sono il 70%; la restante parte sono italiani. Nel 90% dei casi si tratta d'individui di sesso maschile.
C'è differenza fra un clochard italiano e uno straniero?Certamente. Per uno straniero la situazione è in genere meno complicata. Venendo in Italia mettono quasi sempre in conto di dover trascorrere un certo periodo per strada prima di trovare un lavoro o una sistemazione più sicura. Per gli italiani è diverso. Chi finisce per strada è perché ha perso tutto, famiglia, lavoro, amici, e quindi la sua reintegrazione risulta più difficile.
Per gli italiani credi che abbia inciso la crisi economica?
Sicuramente. È stato un anno difficile per tutti, specialmente per chi era già in condizioni critiche prima del patatrac economico.
Quanti sono i senza fissa dimora in città?
Difficile dirlo. C'è chi pensa che siano 3mila e chi 4mila. Dipende poi se si considerano anche i rom. Senza i rom?
Dovrebbero essere circa 2mila.
L'anno scorso hai anche parlato di ricovero coatto per tutti i senzatetto che rifiutano di essere aiutati. È accaduto anche quest'anno?
In realtà è soltanto una proposta che non abbiamo mai avuto modo di rendere operativa. La consideriamo utile nei casi di emergenza, come quando sopravviene il grande freddo di questi giorni.
Non tutti però accettano l'aiuto di associazioni come City Angels…
È vero. Sono soprattutto i malati di mente e gli alcolizzati, che in pratica non si rendono conto dei rischi che corrono. Problemi analoghi si hanno in presenza di coppie che non vogliono separarsi o di persone che vagabondano con animali. Inoltre c'è chi ritiene il dormitorio un luogo insicuro dove i furti sono all'ordine del giorno.
Lo è davvero?
Purtroppo sì. Spesso c'è chi si lamenta di essersi svegliato e di non aver trovato più le scarpe.
Ma non c'è la vigilanza?
C'è sempre, tuttavia è praticamente impossibile riuscire a controllare tutti i presenti.
Si può fare un identikit del senzatetto milanese?
Il clochard straniero ha di solito un'età compresa fra 20 e 40 anni. L'italiano è un po’ più anziano: va dai 30-35 ai 55 anni. Più rari i settantenni.
Ci sono stati casi di senzatetto che sono riusciti a reintrodursi nella società?
Sì, ma sono stati abbastanza rari. Di solito - soprattutto gli italiani - se finiscono per strada, lì rimangono. L'esempio più bello di un clochard che è ritornato alla vita 'civile' è quello di Angelo Starinieri che ha anche scritto un libro, "Angelo smarrito".
Di cosa parla?
Della sua esperienza per strada. Era un facoltoso manager, cui le cose sono improvvisamente andate storte. Alla fine ha trovato una sola via d'uscita: la stazione ferroviaria di Cadorna. Poi, però, è riuscito a riemergere e ora è attivissimo nel volontariato.
Nella vostra attività cercate anche di trovar lavoro a chi l'ha perso?
Molti clochard finiscono per strada proprio perché perdono il lavoro. Il 60% dei senzatetto italiani potrebbe lavorare, così l'80% degli stranieri. Da parte nostra riusciamo spesso a trovare delle sistemazioni lavorative provvisorie, lavoretti che comunque consentono di restituire la dignità a chi l'ha perduta.
C'è però anche chi non ha tanta voglia di lavorare…
Sicuramente. Molti preferiscono rubare o passare il loro tempo a ubriacarsi.
E il problema racket?
Purtroppo è ben radicato.
In quali zone si fa sentire di più?
In Stazione Centrale, dove viene gestito dai due gruppi etnici più forti, i marocchini e i rumeni.
Come si comportano in queste situazioni?
Pretendono di gestire loro la distribuzione degli aiuti, cosa che invece spetta a noi. Succede anche in questi giorni con i tre tendoni che abbiamo allestito appena fuori la stazione. I capi clan fanno la lista di chi ha il 'diritto' di riposare nelle strutture riscaldate…
Poi come va a finire?
Spesso è necessario alzare la voce, ma alla fine riusciamo nel nostro intento di soccorrere chi ne ha più bisogno.
A proposito di aiuti, finalmente sono arrivati i 10mila euro dalla Provincia…
In realtà non sono ancora arrivati. Speriamo arrivino presto.
Quale la loro finalità?
Sovvenzionare i corsi per i volontari, per tutti coloro, quindi, che vogliono diventare City Angels.
Aumentano i volontari?
C'è stato un lieve aumento. In realtà il fatto è più che positivo, dato che nei periodi di crisi il numero di volontari tende a diminuire.
In tutto quanti sono i City Angels?
A Milano siamo un centinaio. In Italia almeno cinquecento.
Ci dici qualcosa di Casa Silvana?
È la nostra casa-famiglia di emergenza. Originariamente concepita per ospitare solo donne, oggi diamo anche la precedenza a uomini in condizioni particolari.
Un esempio?
Stasera abbiamo soccorso un clochard di 73 anni per il quale un'altra notte all'addiaccio sarebbe stato un grosso problema.
Quanti i posti disponibili?
Sulla carta dieci. Poi, però, arriviamo ad ospitare anche venti senzatetto.
E per quanto tempo possono rimanere?
Di solito non più di tre notti. In rari casi, però, siamo arrivati a ospitare dei clochard per un paio di mesi.
Dove finiscono i 'senza fissa dimora' che lasciano Casa Silvana?
Cerchiamo di indirizzarli verso altri centri assistenziali come quello di via Ortles.
L'avventura dei City Angels inizia nel 1994 grazie a Mario Furlan. Puoi dirci cosa è scattato nella tua mente e come sei arrivato a dar vita a questa bellissima realtà milanese?
Lavoravo come giornalista alla Mondadori per il settimanale "Noi" (oggi "Chi"). A un certo punto mi sono reso conto che le notizie che scrivevo volevo anche viverle. Così mi sono licenziato e ho fondato l'associazione, dando vita a un vero e proprio gruppo di 'angeli della strada'.
Come vanno i rapporti con le altre associazioni che si occupano dei più diseredati?
Molto bene. Collaboriamo un po’ con tutti, Caritas, Associazione Fratelli di San Francesco, Associazione Ronda carità…
Parliamo un po’ del tuo ultimo libro 'Donne basta paura'…
È il primo libro che affronta l'autodifesa non solo dal punto di vista pratico, ma anche da quello psicologico. Perché quando si subisce un'aggressione oltre a reagire fisicamente, è fondamentale sapere riacquisire il giusto equilibrio mentale.
Chi sono i vostri testimonials?
Il primo che vorrei citare è Alberto Fortis, un ottimo cantautore e un mio caro amico. Poi ci sono Gabriele Cirilli e Pippo Franco.
Infine quali requisiti è necessario possedere per diventare un City Angels?
Ti dico subito che non servono grandi muscoli, ma basta un grande cuore. Al di là di ciò è necessario avere 18 anni compiuti, seguire un corso teorico, pratico e su strada, imparare tecniche di psicologia e comunicazionedi primo soccorso, di squadra (per sapere come muoversi in gruppi da 3 a 6 volontari) e di autodifesa, pagare una quota annuale di 35 euro comprensiva di iscrizione e di assicurazione.

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