mercoledì 30 dicembre 2009

"Sono pienamente d'accordo con il rettore Decleva"

Partiamo dal disegno di legge sull'università presentato dal ministro Gelmini. Decleva parla di "un'occasione fondamentale e per molti versi irripetibile". È anche lei di questo parere?
Sono pienamente d’accordo con il rettore Decleva: è un momento cruciale a cui nessuno, responsabilmente, può sottrarsi. Il sistema è da riformare profondamente su due direttive che sono la trasparenza del reclutamento su basi meritocratiche, e la distribuzione delle risorse su base premiale con parametri certi e condivisi (sia dal Ministero verso gli Atenei sia, all’interno del singolo ateneo, verso le strutture che lo compongono a tutti i livelli). Ovviamente tutto ciò si articola con criteri, spesso complessi, da applicare cercando di non distruggere ciò che funziona. Mi riferisco alle proposte di governance che, se troppo radicali, potrebbero essere paradossalmente disfunzionali. Condizione indispensabile è poter poi disporre di risorse sufficienti.
Alla luce di queste considerazioni in che modo l'università italiana si appresta a varcare il primo decennio degli anni Duemila?
Malgrado la drammaticità della situazione, il sentimento prevalente è la fiducia: fiducia di poter costruire qualcosa che sia congruo con le sfide di un mondo che è cambiato e che cambia rapidamente.
Ci sono dunque buone prospettive per i futuri ricercatori?
Sicuramente migliori rispetto a quelle dei ricercatori delle ultime due generazioni.
Si parla anche di un 'fondo nazionale per il merito…
Certamente si accentuerebbero i segnali virtuosi, ma come ho detto è tutto il sistema che deve reggere su base meritocratica.
E per ciò che riguarda il nepotismo?
È un fenomeno odioso che deve essere sradicato e che è da eliminare agendo sulla trasparenza del reclutamento come si può e si deve fare. Vorrei ricordare che, anche se i media ne hanno fatto il simbolo dell’università italiana, è sicuramente un aspetto che, ai livelli descritti, è localizzato in alcune realtà e non certo ovunque.
Cosa non le piace della riforma Gelmini?
Ho forti dubbi, a proposito della governance, sull’intenzione di abolire le Facoltà: senz'altro la Facoltà come istituzione deve essere riformata (penso alla non attualità della stessa come assemblea deliberante), ma in alcune aree è proprio questa struttura che può fare da collante fra i dipartimenti, i corsi di laurea e i settori scientifico disciplinari che, anche se ridotti di numero, rappresentano una entità di riferimento che non mi sembra si voglia abolire. In più la Facoltà di Medicina e chirurgia deve vedersela con le convenzioni con i vari ospedali in cui è presente, e non penso che un coordinamento anche di questa funzione sia facilmente sostituibile. Un altro aspetto in cui mi muoverei con cautela è la riforma del Consiglio di Amministrazione ma penso e spero che questi punti possano essere giocati con attenzione e senso di responsabilità nella discussione del disegno di legge.
Cambiamo argomento e parliamo di febbre suina. È vero che comincia a fare meno paura?
Non credo proprio: è una cosa seria e la guardia deve essere sempre alzata. Certo avrebbe potuto essere ancora peggio, ma coi virus e le loro mutazioni non vi è nulla di sicuro e l’attenzione deve essere sempre elevata.
Recentemente si è un po’ polemizzato sul fatto che i medici raccomandino le vaccinazioni ma siano loro i primi a non sottoporsi alla vaccinazione. Qual è il suo punto di vista?
Questo è un aspetto antico e sconcertante della classe medica che sicuramente è a rischio più di altri: non c’è niente di nuovo, anche se mi riferiscono che le vaccinazioni stanno procedendo celermente.
Lei si è vaccinato?
Sì.
Per ciò che riguarda la facoltà di medicina, quali sono le specializzazioni che interessano di più?
Il problema è: quali sono le specializzazioni di cui avremo maggiormente bisogno nei prossimi anni? È una domanda assolutamente attuale e alla cui risposta ci si sta lavorando. Si consideri come alcune specializzazioni - che solo alcuni anni fa sembravano destinate ad esaurirsi - siano diventate importanti nel mondo globale multietnico: si pensi ad esempio a tutte le malattie tropicali che ormai vengono importate con i flussi della migrazione.
E per ciò che concerne, invece, l'anatomia umana, ci sono ancora cose da scoprire?
L’anatomia fa parte di una più grande area di ricerca: la morfologia. Questa disciplina studia i metodi per la misurazione delle forme con i loro aspetti quantitativi e qualitativi, abbracciando il campo ultramicroscopico. Si considerino gli strumenti recentissimi per catturare le immagini e quindi la necessità della loro misura e interpretazione. Penso proprio che ci sia ancora molto da scoprire anche nel valutare l’anatomia funzionale dell’uomo.
Essendo un quotidiano milanese siamo soliti chiedere ai nostri interlocutori qualcosa sulla città… Ci dice, dunque, il medico milanese (o lombardo) che ha influenzato di più il suo pensiero?
Ovviamente mi viene in mente Golgi, vista la mia estrazione isto-anatomica, anche se, lui a Pavia, è stato uno strenuo avversario di Mangiagalli quando, poco dopo gli anni 20, si è costituita la facoltà medica milanese.
E il periodo storico legato alla metropoli che la affascina di più?
Sicuramente, forse legato agli studi delle scuole medie, il periodo delle guerre del risorgimento e quindi, per Milano, le 'cinque giornate'.
Sa che in Porta Venezia è ancora visibile il segno di una cannonata delle Cinque Giornate?
No, non lo sapevo.

Nessun commento:

Posta un commento