giovedì 14 gennaio 2010

"I figli a un certo punto bisogna lasciarli andare"

Ciao Luca, arriviamo a te dopo aver intervistato Mirko Perniola, nuovo sceneggiatore di BonelliEditore. Anche per te, quindi, la prima domanda è d'obbligo: su cosa stai lavorando in questo periodo e quando potremo vedere in edicola i tuoi nuovi albi?
I miei personaggi, prima “Gea” e ora “Lilith” hanno cadenza semestrale, dovendo fare tutto da me: soggetto, sceneggiatura e disegni. Il terzo episodio di Lilith, “Fronte di pietra”, ambientato sul fronte italiano durante la Prima guerra mondiale, è uscito in novembre e lo si trova ancora in edicola. Il prossimo uscirà nel giugno 2010 e avrà come tema la guerriglia confederata tra Kansas e Missouri.
Lilith è forse la tua creatura più importante. Puoi descrivere in due parole la protagonista e i luoghi in cui si svolgono le sue avventure?
Lilith è una “cronoagente” inviata nel passato da un remoto futuro per dare la caccia agli inconsapevoli e incolpevoli portatori di un parassita alieno – il Triacanto - che, se non contrastato, si diffonderà in maniera incontrollata e germinerà sterminando la razza umana.
Come ti è venuta l'idea di Lilith? A chi ti sei ispirato?
I viaggi nel tempo sono sempre stati un sogno nel cassetto per me; l’idea di poter ambientare le avventure dei miei personaggi in epoche storiche differenti mi affascina e nello stesso tempo mi atterrisce, visto la mole di documentazione necessaria per costruire delle vicende credibili sul piano storiografico. Per un autore è difficile individuare una precisa fonte per le sue opere. Spesso esse si mescolano in un amalgama eterogeneo in cui confluiscono letture dell’infanzia, personaggi attuali e classici, film, telefilm e qualsiasi cosa possa aver fornito uno scampolo di ispirazione. Per “Gea” dissero che mi ero ispirato a “Buffy l’ammazzavampiri”, ma chi se l’è mai filata quella sciacquetta? Piuttosto “Pippi Calzelunghe”, un mio cult dell’infanzia!
Quanti sono gli albi previsti?
Il contratto è decennale quindi è previsto un massimo di 20 numeri, come era per Gea, anche se poi l’ho terminata al 18°.
Luca Enoch 'sfonda' dopo aver dato vita a Gea, personaggio dei fumetti pubblicato dal 1999 al 2007. È l'unica serie Bonelli in cui sceneggiatore e disegnatore coincidono. È stato dura dire addio a Gea dopo 18 numeri?
I figli a un certo punto bisogna lasciarli andare. Così è stato per “Sprayliz”, la diciassettenne graffitara, e poi per Gea. Mi piace pensare di potere riprendere questi personaggi in futuro, e la cosa è certamente possibile, ma la verità è che finché lo spirito creativo ti sferza, sei sempre spinto verso nuovi esperimenti narrativi.
Altra figura storica di Bonelli è Legs Weaver, il primo fumetto della casa editrice milanese interamente dedicato a una donna. In che modo hai contribuito alla buona riuscita del fumetto?
Legs è stato il personaggio che mi ha permesso di entrare in Bonelli, dopo aver passato un decennio buono a rimbalzare tra le redazioni. La spin off pensata da Antonio Serra era molto nelle mie corde, non assomigliava al comprimario serioso di Nathan Never; dava spazio a molte interpretazioni, anche grafiche, e questo ha “sdoganato” il mio tratto poco realistico e mi ha dato la possibilità di scrivere e sceneggiare alcuni episodi. Dopo questa esperienza come autore unico arrivò l’offerta di Bonelli per una serie a fumetti interamente autogestita.
Nel 2001 pubblichi per l'editore francese Les Humanoides Associès, Morgana, saga tecno-fantasy. Hai in programma altri lavori oltralpe?
Con gli Humano abbiamo avuto, Mario Alberti ed io, una brutta esperienza. Morgana si è fermata al quarto albo, con il quinto già in lavorazione, a causa delle difficoltà finanziarie della casa editrice. Io ho avuto una storia giallo-storica – “Rangaku” - disegnata da Maurizio Di Vincenzo, troncata a metà e un’altra serie con un disegnatore esordiente, Matteo Lolli, abortita con il primo albo quasi concluso. Per ora Lilith, a cui si aggiunge il lavoro di sceneggiatore per Dragonero, assorbe tutto il mio tempo; ho in cantiere un impegnativo progetto di graphic novel per la Rizzoli, ma finché non ho il contratto firmato in mano non ne parlo!
Che rapporti hai con gli altri disegnatori della tua generazione?
A parte parlarci male alle spalle e rubarci le idee a vicenda? E chi li vede mai? Io sto tutto il giorno nel mio studio/loculo a inventare storie inverosimili…
Ti piace Carlo Ambrosini?
È un bell'uomo. Mascella volitiva e spalle larghe. Ma credo proprio sia eterosessuale quindi non farci su delle fantasie.
Preferivi Napoleone o Jan Dix?
Non si fa! Come chiedere a un mio collega se preferiva Gea o gli piace di più Lilith. Ce le leghiamo al dito queste cose!
Se un adolescente dovesse confidarti il suo sogno di voler fare il fumettista, cosa gli diresti?
Dipende dall’apostrofo. Se è un adolescente gli dico di lasciar perdere, che è un mestiere senza futuro, che è meglio che si dedichi allo studio di videogiochi o di applicazioni grafiche per la telefonia. Se è un’adolescente mi offro di farle da mentore. Ho 47 anni… la crisi di mezza età incombe!
Visto il lavoro che fai, comprenderai bene il legame che spesso viene a crearsi fra disegno e scrittura. Alla luce di ciò vien da pensare che, probabilmente, anche la musica (l'arte più astratta, secondo Morricone, e per questo più vicina a Dio) possa in qualche modo influenzare il lavoro di un fumettista. Sei d'accordo con questa considerazione?
Io lavoro con la musica. Ho il pc costantemente acceso e ascolto cd, radio in streaming, scarico podcast, cerco su Youtube quello che non riesco a trovare altrove. La musica accompagna ogni mio momento creativo, dalla scrittura alla realizzazione grafica delle tavole. In Gea l’aspetto musicale aveva grande importanza e spesso sulle tavole finivano testi di canzoni che stavo ascoltando al momento della sceneggiatura.
I tre dischi che, in ogni caso, ti hanno segnato di più…
“Born to run” di Bruce Springsteen; “Blue Valentine” di Tom Waits; “Greatest Hits” di Simon & Garfunkel.
E i tre libri di narrativa…
“Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez; “Le Cosmicomiche” di Italo Calvino; “Cronache marziane” di Ray Bradbury.
Curioso il tuo cognome 'Enoch', derivante dall'antico testamento dall'omonimo patriarca biblico, padre di Matusalemme. Puoi dirci qualcosa di più delle tue origini, oltre al fatto che sei nato a Milano?
Padre di Matusalemme, bisnonno di Noè, assunto in cielo senza passare dal Via, trasfigurato nell’angelo Metatron (che sembra il nome di un Trasformer)! Un bel pedigree, dovrei essere in una botte di ferro per quanto riguarda l’aldilà. La mia famiglia è di chiare origini ebraiche; non so quando, ma un mio bisavolo deve aver deciso a un certo punto di assicurare un futuro meno travagliato alla sua discendenza facendosi battezzare.

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