Bugo (al secolo Christian
Bugatti) è una delle proposte più interessanti del nuovo panorama
musicale italiano. Ha appena pubblicato il nuovo disco – Nuovi
rimedi per la miopia - e a dicembre suonerà a Milano, ai
Magazzini Generali.
Caro Bugo, buongiorno
a te. Tre aggettivi con cui definire il nuovo disco.
Introspettivo, energico,
risoluto.
Lo definisci un lavoro
intimista dove la “miopia” assume un significato inedito. Però i
tuoi occhi vedono, perché vedono “lei”...
Intimo perché parlo di
me, ma è un disco aperto nei confronti del mondo. Parlando di me mi
apro al mondo raccontando cosa mi piace e cosa no. Diciamo che sono
partito dalla miopia (un termine che include tutto ciò che non ci fa
vivere bene, le difficoltà quotidiane, la crisi...), per arrivare a
raccontare quali sono i miei rimedi per andare avanti e migliorare la
mia esistenza.
C''è qualche nuova
comparsa - musicisti, produttori - rispetto ai lavori precedenti?
Il produttore è Saverio
Lanza, che ha arrangiato buona parte del disco. Con lui ho lavorato
anche alla scrittura di alcuni brani. È intervenuto anche Carlo
Dall'Amico (conosciuto come Cecilé) che ha conferito il suo tocco
particolare ad alcune canzoni.
Tempo fa leggevamo un
articolo sul tuo rapporto con l'India. Ti sei sposato laggiù... però
non sei stato influenzato come è successo a George Harrison...
No. Il disco l'ho
consegnato all'Universal un anno fa, prima del mio trasferimento in
India. Con ciò, come puoi capire, non c'è alcuna influenza del mio
vivere in oriente. È, insomma, un disco completamente occidentale.
Qual è l'angolo
indiano che hai amato di più?
Il kashmir mi ha colpito
molto, soprattutto Springar e il suo lago, Nigeen Lake. È una
località famosa per le houseboat, case di legno in cui si può
alloggiare. Nel 1966 George Harrison passò da qui. Io ho dormito
nella stanza in cui il beatle pernottò.
Dai Quaxo alla
carriera solista. E prima?
Prima
ero un batterista, ma è durato pochissimo. Cercavo di scrivere
poesie. Alla fine, però, sono approdato alla chitarra, componendo
canzoni che sarebbero state utilizzate dal mio primo gruppo, i Quaxo,
appunto.
Torni ancora a San
Martino di Trecate?
No, ho lasciato quei
luoghi dieci anni fa.
È vero che si fa di
tutto per abbandonare la provincia, ma poi non si vede l'ora di
tornarci per sempre?
Me ne sono andato perché
volevo entrare nel mondo della musica. Così mi sono trasferito a
Milano nel 2000. E nel 2002 ho firmato con la Universal, con cui
tuttora lavoro. Lasciare la provincia è stato l'unico modo per poter
fare qualcosa di interessante. Ho molti bei ricordi di Trecate, ma
non sono un nostalgico. Ora vivo a Delhi, il mondo è così grande!
Un critico, forse su
RS, ha accennato a un tuo atteggiamento più mainstream. È possibile
che tu ti stia muovendo in questa direzione?
Ma io sono sempre stato
mainstream.
Perché qualcuno ti ha
battezzato “fantautore”?
L'idea è di un
giornalista che la utilizzò la prima volta nel 2005. È il frutto di
un gioco linguistico fra 'fantasia' e 'autore'. Un'idea azzeccata.
Com'è andata con
Silvio Orlando?
Benissimo. Lui è un
attore professionista, molto disponibile e anche molto divertente.
Sul set di “Missione di pace” mi ha dato vari consigli, facendomi
sentire a mio agio. Ma il bel clima instauratesi durante le riprese è
stato anche merito del regista Francesco Lagi.
Parlavi di crisi già
prima della Grande crisi.
La crisi era già
nell'aria agli inizi del secolo. Ricordo che andavo in giro qua e là
e sentivo persone che cominciavano a trattare insistentemente il
termine. Nel 2005 scrissi l'omonima canzone ma la scartai da “Sguardo
contemporaneo” (disco del 2006), perché non ne ero abbastanza
soddisfatto. L'ho ripresa nel 2007 includendola in “Contatti”,
uscito nel 2008. Poi, nell'autunno dello stesso anno, è scoppiata la
crisi economica mondiale che tutti conosciamo.
Due parole sulla nuova
realtà musicale italiana, da Dente alle Luci della Centrale
Elettrica.
Beh,
che dire. Mi piacciono molto. Ora mi sembra che, finalmente, ci sia
molta attenzione rivolta ai “nuovi cantautori”, mentre gli anni
Novanta erano maggiormente sensibili alle band, tipo Subsonica,
Marlene, Bluevertigo. Non li amavo più di tanto, vivendo la
necessità di fornire nuova linfa ai cantautori. Fra gli autori di
oggi inserirei anche Caparezza, Fabri Fibra, Jovanotti. Mi piacciono,
però, anche gruppi come Baustelle, Zen Circus, Cani, Negrita,
Ministri. Insomma, non c'è crisi fra i musicisti!
Mentre oggi su
Repubblica ci racconta qualcosa della sua vita (che se ne va) un
gigante come Enzo Jannacci...
Jannacci, un grande!
Che tipo di concerto
offrirai ai Magazzini?
Sarà un live energico,
come energico è il disco che ho appena pubblicato. Il nome del nuovo
tour “Qualcosa di più importante” prende vita dal ritornello
della canzone “Non ho tempo”. Il riferimento è al fatto che, per
me, suonare dal vivo è un'esperienza enorme, un toccasana, un evento
davvero importante. Chi mi ha già visto sa che abbraccio
letteralmente il pubblico e lo rendo partecipe. In questa occasione
ho un gruppo nuovo che mi accompagna e una bella scenografia.
In scaletta?
Canzoni vecchie e nuove
del mio repertorio.
Inter, Milano o...
Novara?
New Delhi.
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