sabato 27 novembre 2010

"Vorremmo che almeno la tv pubblica desse più spazio a tutti gli sport, non solo al basket, ma evidentemente l'Italia non è pronta"

Milanoweb incontra Dino Meneghin, figura storica del basket italiano, all'indomani della vittoria dell'Armani Jeans Milano su Lottomatica Roma. Meneghin (nato nel 1950 ad Alano di Piave) è attualmente presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Nella sua prestigiosa carriera ha giocato nella Pallacanestro Varese, nell'Olimpia Milano, e nella Pallacanestro Trieste. Ha partecipato a 13 finali di Coppa dei Campioni vincendone 7. A livello nazionale ha conquistato 12 scudetti e 6 coppe Italia.
L’Armani Jeans Milano consolida il primato in classifica dopo la sesta giornata del massimo campionato di basket, vincendo 76-70 contro Lottomatica Roma. Un commento alla partita?
È stata una partita molto tirata e avvincente. Le squadre hanno dato il meglio di sé, ma alla fine ha ottenuto, meritevolmente, il successo l'Armani Jeans Milano.
Hai assistito alla partita?
Certamente. L'Armani ha giocato forte e ha saputo anche sfruttare gli errori dell'avversario.
Anche questa una prerogativa di una grande squadra...
Senza dubbio. L'Armani ha meritato in tutti i sensi.
A inseguire i lombardi di Piero Bucchi c'è adesso solo la Montepaschi Siena, distaccata di due punti e vittoriosa sull’Angelico Biella 101-81...
Anche il Siena è un'ottima squadra.
Però…
Ho l'impressione che stia pagando il cambio di alcuni giocatori: ne sono arrivati di nuovi che probabilmente si devono ancora ambientare, devono ancora metabolizzare i meccanismi del team, la mentalità.
È un passaggio fisiologico ogni volta che si cambia squadra…
Naturalmente. Il Siena, comunque, rimane un gruppo sportivo di grande valore, e l'ha dimostrato contro il Barcellona in coppa.
Com'è andata?
Ha vinto. Non ha surclassato l'avversario ma ha messo in luce la potenza della squadra in difesa e in attacco.
Torniamo al match di Milano, qualcuno ha parlato della vendetta dell'ex Ibrahim Jaaber…
Mah. Io posso solo dire che questo giocatore mi piace moltissimo. Da buon professionista, probabilmente, tiene soprattutto a dimostrare che è stato un buon acquisto.
Nel futuro del basket italiano vede qualche figura promettente?
Ho gli occhi puntati su Niccolò Melli. Non sarà facile per lui guadagnarsi il posto, ma se continua ad allenarsi bene, ha tutte le carte in regola per diventare un grande campione.
Quanti anni ha?
20. È un giovanotto.
Quali sono le armi vincenti dell'Armani?
Buon allenatore, ottimo andamento del mercato acquisti estivo, e la voglia di emergere e portare a casa risultati dei suoi giocatori.
L'Armani vincerà il campionato?
Non sono il mago Zurlì.
Un pronostico, dai…
No, non sarebbe corretto verso le altre squadre.
In ogni caso il prossimo turno dell'Armani vede in cartellone un nome ostico: Montegranaro…
È una squadra forte, come ormai quasi tutte quelle che disputano gare a un certo livello.
Anche qui nessun pronostico?
Il risultato è apertissimo.
Parliamo un po’ della tua carriera… Sei dall'anno scorso Presidente della Federazione Italiana Pallacanestro. Come affronti questa carica?
Con un grande senso di responsabilità. Cerco di lavorare su tutti i fronti, creando i presupposti per un miglioramento complessivo di questo sport. Lavoro quindi sui giovani giocatori, ma anche sugli arbitri e gli allenatori. Sia in campo maschile che femminile.
Cosa ti spinge a dare il meglio di te?
Il fatto di avere avuto tantissimo da questo sport. La carica che copro mi consente di restituire il tanto che ho ricevuto.
Lavori ancora in tv?
Non più. Non ho tempo, non potrei farlo. Magari qualche comparsata. C'è chi sa assolvere molto meglio di me questo mestiere.
Tra i tuoi premi più prestigiosi c'è anche quello che ti ha permesso di entrare nella Basketball Hall of Fame…
Un'emozione senza eguali. Vedere la mia foto di fianco ai più grandi giganti del basket internazionale, è un'emozione che non ha prezzo…
Condivisa…
Con l'intero basket italiano, che mi ha dato la possibilità di esprimermi al meglio. In questo premio ci sono le squadre in cui ho giocato e tutti i miei compagni.
Com'è cambiato il basket dagli anni Ottanta a oggi?
È cambiato tutto.
Tutto?
A partire dai palazzetti dello sport. Sono cambiate le squadre, la preparazione tecnica, è cambiata la struttura fisica dei giocatori. Non ultimo, negli anni Settanta e Ottanta c'erano pochissimi stranieri. Oggi invece è vero il contrario.
E a rimetterci sono i giocatori italiani…
Che, in effetti, trovano meno spazio. Ma noi dobbiamo lavorare per mettere in luce i talenti.
Perché il basket non prende come in USA?
Perché non ci sono i presupposti. In USA esistono delle scuole di basket e non solo delle associazioni, dove la selezione è durissima, e dalle quali emergono campioni eccellenti. Inoltre in Italia tutto è fagocitato dal calcio.
C'è un po’ di rammarico nelle tue parole…
Beh, sì, il rammarico c'è eccome. Vorremmo che almeno la tv pubblica desse più spazio a tutti gli sport, non solo al basket, ma evidentemente l'Italia non è pronta.
Un vero peccato…
Tenuto anche conto del fatto che in Italia il basket è comunque molto apprezzato: ci sono 400mila tesserati e 4mila società.
La tua squadra del cuore?
Tutte quelle dove ho giocato: Varese, Milano, Trieste.
E di calcio?
Ti direi la Juventus. Quando giocavo nel Varese frequentavamo i calciatori della Juve.
In che modo?
Festeggiavamo vicendevolmente i trofei vinti. C'era molta complicità fra gli sportivi anche di discipline diverse.
Bello. Oggi, però, non funziona più così…
I tempi sono decisamente cambiati. Non esiste più spazio per l'improvvisazione e le estemporaneità.
Oltre al basket cosa c'è nella vita di Meneghin?
Mi limiterei a dirti la famiglia: mia moglie e mio figlio che gioca nel Varese. Quando finisco il lavoro sono così stanco che non ho molti altri hobby da coltivare. Anche se non mi dispiace qualche volta cenare con gli amici.

martedì 23 novembre 2010

"Perché in Dylan c'è tutto e anche di più!"

Ciao Gianluca, come va il tour? Lo chiamiamo tour perché è un po’ quel che fanno le band quando vanno in giro a promuovere un album...
Il tour va benissimo, ha toccato Bologna-Ferrara-Bergamo-Modena-Gallarate-Rimini-Vimercate-Firenze e ora si muove verso Novellara e Genova! E poi via, oltre l'infinito...
Di cosa parla "Cicatrici"?
Un tipografo di periferia, grigio e innocuo, ha ucciso una persona con un coltello da cucina davanti a decine di testimoni, senza motivo apparente. Una psichiatra va in carcere per decidere se il tipografo è pazzo o no. E poi c'è una ragazza dal nome di uomo, un massacro in Irlanda, un medico, una canzone dei Beatles....
A chi ti sei ispirato per il protagonista principale?
Al mio ex coinquilino, tipografo dagli occhi azzurrissimi.
Preferisci definirlo un "post-noir" o un "progressive-noir"?
Progressive-noir. Come Twin Peaks.
Come passi dall'esilarante "Età del Porco" alla cupezza di "Cicatrici"?
Giro il mio interruttore mentale. Pensando ad Andrea Pazienza, che passava da Pertini e il Partigiano a Pompeo. O a Neil Young, che può fare Comes a Time come Ragged Glory...
Fiammetta che ieri sera ti ha fatto compagnia sul palco, dice che la tua scrittura è un misto fra semplicità e immediatezza. Ti va di aggiungere qualche altro aggettivo?
E' un po' meditata e un po' punk. Ed è adattabile alla storia: il mio stile cambia in base al registro del romanzo.
Sei uno degli scrittori più prolifici della tua generazione. 13 romanzi in 9 anni di attività. Quante ore scrivi in media al giorno?
Mah, dipende. Sono pomeridiano, e scrivo quattro, cinque ore...
Non si parla male dei colleghi, ma bene sì. Chi fra i nuovi autori italiani in circolazione ami di più?
Non potendo citare i miei amici e conoscenti, direi Tullio Avoledo.
Aspetti con ansia l'ultimo di Piperno?
Mah, insomma.
Davvero si sa già chi vincerà il prossimo Strega?
A me non lo hanno riferito. Se lo vinco io offro da bere. Ma non credo.
Che tipo è Mr. Guanda?
Un uomo altissimo, elegantissimo, saggio, con gli occhi di brace.
Dicci una "minchiata di Morozzi"...
Questa l'ho detta oggi alla Melbooks di Firenze: le due parole più belle della lingua italiana non sono Ti amo, ma Ti pubblico.
Oltre a scrivere suoni nella band Street Legal. Perché il menestrello del Minnesota continua a influenzare le nuove generazioni?
Perché in Dylan c'è tutto e anche di più! E c'è sempre da scoprire. Ma noi Street Legal siamo contrari all'abusata definizione di "menestrello".
Scartabellato e udito il nono Bootleg Series da poco nei negozi?
Che domande! Certo.
Andrea Pazienza e Neil Young. Perché proprio loro?
Vedi sopra, Pompeo e Ragged Glory ecc.!
Pinco Pallino ha la faccia di Marlon Brando con i capelli rasta e… Come descrive i volti dei suoi personaggi Morozzi?
Odiando scrivere cose tipo "ha gli occhi ravvicinati e il naso adunco e gli zigomi ecc.", dico: somiglia a Carmen Consoli strabica. O De Niro biondo. Così ci capiamo senza annoiarci.
Com'è andato l'esordio con Mr. Fernandel?
Bene, mi ha telefonato il 31 dicembre 2000 per dirmi le due parole più belle della lingua italiana (vedi sopra).
Con Despero sei finito per essere definito il più rock degli scrittori in circolazione. Cosa ne pensi, dunque, del tuo alter ego d'oltremanica, Nick Hornby?
Che io sono più bravo di lui. E che lo ringrazio per avermi dato una direzione con Alta fedeltà.
Lui ha appena fatto un disco, dunque ne aspettiamo presto uno anche da te…
Per ora ho partecipato al disco di Enrico Brizzi & Yu Guerra...
Un'anticipazione del tuo prossimo lavoro?
"Stanotte muoio", progressive noir al femminile con un po' di umorismo.
La squadra del cuore?
IL BOLOGNA! Che discorsi.
E infine, quando bazzichi per Milano, c'è un angolo che trovi più suggestivo degli altri?
Supergulp, sui Navigli. Ma di angoli me ne piacciono parecchi.

"Noi non siamo per il copyright, ma per il copyleft"

MW incontra Pippo Civati all'indomani del congresso "Prossima fermata: Italia", conclusosi il 7 novembre, presso la stazione Leopolda di Firenze. Il cosiddetto "raduno dei rottamatori" s'è rivelato un successo, anche grazie all'interessante intervento di Civati, che ha trattato un po’ tutti i temi caldi del momento: crisi di governo, problema della casa, "rottamazione". Civati è nato a Monza nel 1975. Si è laureato in filosofia nel 2004. La sua carriera politica prende il via nel 1997 con l'elezione al Consiglio comunale di Monza; nel 2008 diviene segretario cittadino dei Democratici di Sinistra. Dal 2005 è consigliere regionale in Lombardia: oggi fa parte del gruppo consiliare del PD.
Un voto alla convention dei cosiddetti "rottamatori" da poco conclusasi…
10 e lode. E stiamo bassi.
Non tutti però sanno chi sono i "rottamatori". Lo puoi ricordare?
È una semplice espressione, sicuramente discutibile, nata in seguito all'intervista a Repubblica realizzata da Renzi.
Qual era l'intenzione originaria?
Far luce sulla necessità di far sapere che noi siamo contrari ai mandati elettorali superiori ai tre anni. Dopo tre anni di mandato un vero politico dovrebbe tornare a fare quello che ha sempre fatto.
Dunque è una parola che è stata strumentalizzata...
Era fin dall'inizio una provocazione e come tale va considerata. In ogni caso sono altre le cose a cui guardare.
Non vale la pena fissarsi sulle parole.
Non vale la pena guardare il dito che punta alla luna.
In un tuo recente discorso affermi che "la prima Repubblica è finita come sappiamo, la seconda non è mai iniziata e ora è arrivato il momento della terza". Chi guiderà la terza Repubblica?
Difficile dirlo. Di certo non dovrebbero essere coloro che hanno fatto politica dal '94 a oggi, ma nemmeno gli oppositori che di fatto non hanno mai saputo contrastare la maggioranza.
Fini?
Fini non è credibile. Come fa uno che arriva dal fascismo a schierarsi con Berlusconi e poi pensare di allearsi con la sinistra?
Quindi chi guiderà la terza Repubblica?
Auspico una classe politica completamente rinnovata. Non basta "assumere" giovani nella segreteria di un partito, "rinnovare" significa rinnovare da cima a fondo.
Importante dire comunque che non è vostra intenzione creare una corrente a se stante, poiché intendete "organizzare il consenso intorno al Pd e al centrosinistra". In che modo pensate di creare un filo conduttore concreto fra i "rottamatori" e Bersani?
Tutte le cose che abbiamo detto sono a disposizione di Bersani. Noi non siamo per il copyright, ma per il copyleft.
Puoi spiegarci meglio?
Se un'idea è buona è giusto che ne usufruiscano tutti, senza necessariamente rivendicare "l'appartenenza". Una buona idea deve fare l'interesse di un certo schieramento, indirettamente da chi l'ha proposta. Le nostre idee, dunque, sono al servizio del Pd.
Ti riferisci a proposte simili al Pd tradizionale, ma con una marcia in più…
Mettiamola così.
Perché la parola "leader" porta sfiga?
Beh, non mi sembra che i leader politici di sinistra abbiano goduto di particolare successo negli anni della seconda Repubblica. Ogni leader, in pratica, ha fallito nel tentativo di fronteggiare la maggioranza berlusconiana.
Cos'è mancato?
La passione, il sentimento.
C'è chi, però, associa la vostra azione a una sorta di retorica tardo obamiana…
Sinceramente lo prendo come un complimento. Se essere 'popolari' significa esprimersi chiaramente e con successo, ben venga. Io credo che si debba portare più rispetto per certi avvicendamenti politici.
Per esempio?
Al di là della nostra azione che ha portato al coinvolgimento di 25mila persone via internet, andrebbe riflettuto anche sul successo di Beppe Grillo e sulla vittoria di Vendola alle primarie in Puglia.
Quali i vostri temi prioritari?
Ambiente, cittadinanza, fisco.
Bello sentirvi dire che i "promettenti", finalmente, avranno la meglio sui "conoscenti". Ma tu non avresti difficoltà a "dire no" a una persona che ti è particolarmente vicina?
No. Dobbiamo uniformarci alla lealtà di non coinvolgere amici o parenti nella nostra battaglia politica e puntare tutto e solo sulla meritocrazia. Ecco perché un altro tema caldo della nostra iniziativa politica è la scuola. Alla scuola bisogna guardare per individuare il futuro, colui che ha i numeri per farcela e quindi formare la nostra classe dirigente.
Cosa succederà se si continuasse a favorire i conoscenti?
I ricchi diverrebbero sempre più ricchi, e i poveri più poveri, e il malcontento regnerebbe sovrano.
Nel tuo intervento sei riuscito in più occasioni a scuotere la coscienza civile di molti giovani nati negli anni Settanta (come il sottoscritto), riferendoti a temi come quello della casa. Tu dici che qualche nostro genitore è riuscito a regalarci una casa, di certo, però, noi non riusciremo a fare altrettanto…
Noi non potremo farlo, perché non esistono più io presupposti per farlo. Per questo motivo è necessario formare una classe dirigente giovane, che tenga innanzitutto conto dei bisogni di questa generazione.
Si parla di filosofia morale e di mancanza di morale nella politica. In che modo, dunque, la filosofia potrebbe aiutare la missione di un politico?
La filosofia può essere di grande aiuto nel momento in cui ci si rende conto che l'attività di un politico non deve avere zone d'ombra, deve essere completamente trasparente. Deve essere come dovrebbe essere il rapporto puro e rispettoso fra due fidanzati. Solo così si può smuovere davvero la coscienza collettiva, indirizzandoci verso un futuro più felice.
Il Berlusconismo è al tramonto? In questi giorni un articolo su Repubblica parlava dell''inizio della fine dell'impero"…
Di certo esiste una crisi strutturale di un sistema che non sta combinando nulla da anni. Perfino i problemi che sembravano risolti - come i rifiuti di Napoli - si sono ripristinati.
Berlusconi quindi?
Non so. Ogni volta che sembra sul punto di "mollare", poi s'inventa qualcosa e in qualche modo riesce sempre a cavarsela. Andiamo cauti con le affermazioni.
L'altro giorno a San Babila a Milano c'è stato l'intervento di un fedele di Boeri. Il suo intervento è durato circa 15 minuti. E in un quarto d'ora non ha fatto altro che rinfacciare al premier di essere un puttaniere. Quando avremo la possibilità di confrontarci con un politico in grado non solo di concentrarsi sulle magagne dell'avversario ma anche su dei programmi veri e concreti?
Io spero presto. Personalmente mi sono sempre attenuto a questa regola. La critica deve sempre essere completata da una controproposta, sennò non ha alcun senso puntare il dito sull'avversario se non si hanno idee per contrastarlo efficacemente.
In che modo quindi è possibile replicare concretamente alle condotte poco ortodosse del premier?
Sottolineando che il problema Ruby non è solo relativo a un presidente del Consiglio che ama circondarsi di escort, ma è anche e soprattutto quello legato alla condizione femminile spesso bistrattata e al modo degli stranieri.
Cosa ne pensi dei quattro candidati alle primarie per il centro-sinistra a Milano?
Li stimo tutti e quattro, anche se conosco poco Sacerdoti. Ho visto parlare più volte Pisapia, ma credo che Boeri avrebbe potuto contrastare la Moratti con più forza. Personalmente ho una riverenza sacrale per Onida.
Anche tu ti sei dato da fare per le primarie…
Ho lavorato perché l'uscita dei candidati fosse contemporanea, sottolineando il "fattore unità".
Sacerdoti, però, se avesse vinto Boeri non l'avrebbe appoggiato…
Tuttavia durante la fase organizzativa iniziale, Sacerdoti non si era ancora presentato.
Parliamo "bene" d'immigrazione…
Occorre iniziare a dire la verità.
Qual è la verità?
Tutto quello che ci viene detto quotidianamente sul mondo immigrati non è reale. Gli immigrati non vanno inquadrati né come una risorsa, né come un problema. Gli immigrati sono 5 milioni di persone - gran parte dei quali lavoratori - che faticano ogni giorno a tirare avanti, e probabilmente consentiranno di pagarci le nostre pensioni.
Il problema va affrontato anche e soprattutto in ambito lavorativo...
Naturalmente. Se le aziende assumono in nero, mandano all'aria qualunque buon proposito di migliorare la situazione immigrati. E in ogni caso non ci si può dimenticare dei diritti umani e del lavoro sottopagato.
Stai combinando qualcosa per Monza, tua città natale?
Stiamo cercando di spiegare che la Villa Reale non è da privatizzare; stiamo lottando contro la cementificazione selvaggia del territorio e la speculazione edilizia; stiamo contrastando la criminalità organizzata: prima la mafia in Brianza non esisteva.
C'è poi l'annoso problema dei trasporti…
Bisogna potenziare soprattutto la circolazione ferroviaria.
Anche la metropolitana… Si potrebbe appoggiare la proposta di Salvini di riservare dei convogli solo ai milanesi…
Poi, però, io e te che veniamo dalla Brianza rimaniamo a piedi.
Bre-be-mi e tangenziale est-esterna?
Sono scettico su entrambi i progetti. Va bene inaugurare un nuovo cantiere, ma bisogna anche essere chiari sui tempi di lavoro e sugli obiettivi.
La tua prossima uscita pubblica?
Ti direi quella del 14 dicembre con Onida a Milano.
Location?
Non la sappiamo ancora ma sarà disponibile sul mio sito a breve.

martedì 16 novembre 2010

"Anno Zero? Bella trasmissione, ma un pò troppo faziosetta"

Ed eccoci all'ultimo appuntamento con i quattro candidati alle primarie del centro-sinistra: Valerio Onida (classe 1936), docente di giustizia costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano. Onida non è mai stato iscritto ad alcun partito, ma ha condotto numerose battaglie civili da cittadino e da avvocato. Tra le principali tappe della sua carriera ricordiamo la nomina di giudice costituzionale nel 1996, e l'assunzione della carica di presidente della Corte costituzionale nel 2004. È sposato e ha cinque figli.
Mancano pochi giorni alle primarie del 14 novembre. Come è stata la "corsa" di Valerio Onida?
Senza una macchina organizzativa paragonabile a quella messa in piedi dai partiti (impropriamente), ma con l'entusiasmo e un gruppo sempre più numeroso che crede nel progetto, per oggi e per domani.
L'obiettivo è quello di superare la quota degli 82mila elettori del 2006. Ce la farete?
Penso di sì.
Quale l'argomento che le sta più a cuore e che per primo affronterebbe nel momento in cui dovesse trovarsi a guidare la metropoli?
La casa. La battaglia per rifondare la gestione delle case popolari.
Ad Affari Italiani rivela che "la Moratti è prigioniera, da una parte dalla Lega, dall'altra dalla sua maggioranza. Come vede il futuro milanese se il centro-destra dovesse accompagnare la città fino a Expo 2015?
Gramo. Ma penso che non avverrà.
A proposito di Expo, come dovrebbe comportarsi la commissione antimafia?
Come tutte le amministrazioni, quelle che si occuperanno di Expo, dovranno essere in prima linea nel rilevare e nel combattere anche i segni preliminari o i sintomi d'infiltrazioni mafiose, senza aspettare che siano le indagini giudiziarie a farlo.
Cosa ne pensa dei suoi sfidanti?
Il problema non è quello dei candidati, persone assolutamente perbene (in particolare Giuliano Pisapia è per me un amico e un compagno di battaglie civili). I problemi sono due: il primo è chi c'è dietro ai candidati, e che potrebbe domani condizionarne l'attività. Il secondo è: chi è meglio in grado di parlare alla larga parte della città che vuole un'alternativa? Rispetto al primo problema temo che con Boeri governerebbero gli attuali gruppi dirigenti locali del Pd, espressione di una vecchia politica. Rispetto al secondo temo, invece, che Pisapia non raccoglierebbe i consensi di un elettorato oltre gli steccati della sinistra storica.
Tutti comunque a favore dell'Ecopass, che con una giunta di centro-sinistra verrebbe potenziato…
No, non sono favorevole a una semplice estensione dell'attuale Ecopass. Piuttosto credo sia necessaria una vera congestion charge.
Perché è importante girare la città in bicicletta…
Perché non s'inquina, ci si muove più liberamente. Però ci vogliono strade adatte!
Ultimamente ci sono state incomprensioni fra Maroni e La Casa della Carità, relativamente al problema Rom. Lei come arginerebbe il problema?
Se fossi stato il sindaco che si sentiva imporre dal Ministro degli Interni (e dalla propria maggioranza) l'ingiunzione di non attuare una misura elementare di giustizia, già sottoscritta, mi sarei rifiutato di proseguire il colloquio e avrei messo sul piatto le mie immediate dimissioni.
Altra nota dolente è il difficile dialogo con l'Islam. Pisapia si dice favorevole a una moschea milanese, e lei?
Le moschee, come le chiese, sono edifici di culto che le comunità religiose interessate hanno diritto di realizzare e utilizzare nel rispetto, ovviamente, delle normative urbanistiche. L'ente pubblico ha solo il dovere di garantire a tutti, in condizioni di uguaglianza, il diritto fondamentale alla libertà di culto, sancito dalla Costituzione.
"Annozero"?
Bella trasmissione, talvolta un po' troppo piazzaiola e faziosetta...
L'angolo di Milano che ama di più?
I Navigli, dove c'è la scuola che hanno frequentato i miei figli, in via Brunacci. Lì, negli anni Settanta, abbiamo fatto storiche battaglie per la partecipazione scolastica.

lunedì 1 novembre 2010

"I Rom ogni volta vengono considerati come 'arma' per ottenere più voti"


MW interview don Massimo Mapelli, della Casa della Carità, centro fondato nel 2004 dal cardinale Martini e oggi punto di riferimento per tutti gli emarginati sociali.
Buongiorno don Massimo, vorremmo affrontare con lei il tema caldo dei Rom. Proprio oggi abbiamo saputo che - nonostante gli accordi presi con l'amministrazione quest'estate - "i Rom non avranno le case popolari". Cosa ne pensa?
Il discorso rientra nel cosiddetto Piano Maroni, gestito dal Comune di Milano e dalla Provincia, con la nostra partecipazione attiva. Ai Rom designati - 11 famiglie - andavano assegnati gli alloggi Aler prestabiliti. Il progetto non è andato come previsto e vorremmo ora avere delle giustificazioni valide. Non si può risolvere le cose con dei semplici comunicati giornalistici.
È così che è accaduto?
Oggi i giornali hanno diffuso il succo della conferenza stampa tenuta dal Ministro Maroni. Noi, dunque, ci aspettiamo di vedere qualche documento nero su bianco che attesti la nuova presa di posizione di Palazzo Marino.
Stiamo, dunque, parlando dei famosi alloggi esclusi dalla disciplina Erp, così come da delibera della Regione Lombardia del 5 agosto…
Certamente. Sono case inutilizzate, inagibili e che necessitano di ristrutturazione. La legge prevede che il 5% del patrimonio di case pubbliche, venga escluso dalle graduatorie e destinato alle emergenze.
Pertanto non sono case popolari sottratte ai milanesi come molti si ostinano a pensare…
Assolutamente no. Sono appartamenti dati al terzo settore per gestire delle emergenze e delle fragilità sociali. E il campo di Triboniano, per la Casa della Carità, è un'emergenza, dato che deve chiudere tra 15 giorni.
Come spiegate questo cambiamento dell'ultima ora?
Probabilmente è per via della campagna elettorale ormai incombente. Quando c'è da andare al voto i programmi fatti assumono sfaccettature completamente diverse. E ad andarci di mezzo sono sempre i Rom.
Ora la palla passerà al prefetto…
Così sembra. Sarà lui a individuare una nuova sistemazione per queste persone.
È comunque un buon risultato…
Ma il problema Rom non riguarda esclusivamente la curia e le associazioni di volontariato. Concerne l'intera città, che deve mettersi in moto con tutti i suoi mezzi, prefettura compresa.
Perché è così difficile integrare i Rom?
Perché negli anni le campagne politiche hanno affrontato il tema Rom col piglio sbagliato. I Rom ogni volta vengono considerati come "arma" per ottenere più voti, e intanto la loro situazione rimane sempre la stessa. Ci vuole la serenità giusta per capire che anche i Rom possono essere parte integrante della nostra città, con le loro risorse fisiche e mentali.
C'è anche una buona fetta di opinione pubblica che insiste nel dire che i Rom vanno cacciati perché sono solo capaci di delinquere e rubare…
Come in ogni tipo di struttura sociale c'è chi vuole fare il furbo. Così accade anche nei Rom. Il problema è che nel loro caso ogni aspetto negativo viene enfatizzato, alimentando stereotipi che nel 2010 non dovrebbero più avere senso di esistere. E in ogni caso non si può stigmatizzare una persona solo perché ha compiuto un reato nel 1979.
Com'è il campo di via Triboniano?
Per tanti anni è stato un punto di aggregazione urbano dove confluivano kosovari, macedoni, romeni, ecc. Ci sono state fino a mille persone. Oggi le cose vanno un po’ meglio. Siamo a circa 600 persone distribuite in 102 famiglie. Rimane comunque un ghetto dove non si vive bene, non è certo la casa del Mulino Bianco.
Di cosa vivono i Rom?
Sono tante famiglie con usi e costumi diversi. Molti lavorano regolarmente, molti sono rimasti disoccupati in seguito alla crisi. Certo, c'è anche qui chi vive di espedienti illegali.
Cosa ne pensa della decisione di Sarkozy?
È una decisione che rischia di diventare una grossa propaganda politica e nient'altro. Non si tratta di chiudere gli occhi alla sicurezza, ma di investire adeguatamente le proprie energie per assicurare a tutti un futuro decente.
Anche con gli islamici il dialogo è spesso difficoltoso. D'accordo, quindi, con Tettamanzi quando dice che è necessario dar modo di edificare una nuova moschea?
Direi di sì. La gente, i musulmani, si troverebbero comunque per pregare, in strada, in un garage, in un cortile. Una città come Milano deve assicurare la possibilità di culto a ogni persona.
La Casa della Carità?
Nasce nel 2004 per volere di Carlo Maria Martini con due scopi: ospitare e accogliere. Il nostro impegno è quello di restituire una vita e una dignità a chi le ha perdute. Non siamo per l'assistenzialismo ma per la reintegrazione sociale. Negli anni abbiamo accolto persone da 95 nazionalità diverse.
Quante le persone coinvolte?
Sessanta operatori e settanta volontari.

"Stavolta possiamo vincere"

Il 14 novembre gli elettori decideranno il nome di colui che sfiderà la Moratti per il posto di sindaco. Il confronto è fra quattro candidati del centro-sinistra: Michele Sacerdoti, Stefano Boeri, Giuliano Pisapia, Valerio Onida. Dopo aver incontrato Pisapia qualche settimana fa, MW affronta ora il tu per tu con Stefano Boeri (1956), professore di Urban Design presso il Politecnico della città.
Buongiorno Boeri, partiamo col fatto del giorno: "Gli estremisti di destra Hammer inaugurano la sede con un incontro su Degrelle". Una specie di minaccia all'ordine pubblico?
Trovavo estremamente offensiva l’idea di dedicare una conferenza all’ex generale belga delle SS Lèon Degrelle nell’anniversario della Marcia su Roma. Un’offesa grave a una città che ha partecipato alla Resistenza antifascista con migliaia di suoi cittadini e ha vivo il ricordo delle persecuzioni e delle deportazioni naziste. Un’offesa a chi crede nei valori della democrazia e dei diritti dell’uomo. Da quanto abbiamo appreso, il raduno è stato rinviato al 3 novembre.
Come è andata la serata con Dario Fo?
È stata una serata di chiarimenti, di grande correttezza, di passione politica. Un vero dibattito dove è stato possibile confrontarsi sulle idee. Ho apprezzato il maestro Dario Fo che ha esposto con chiarezza tutti i suoi dubbi sulla mia candidatura e quindi mi ha dato modo di rispondere. Ora gli chiedo di darmi una mano a portare avanti il mio progetto per la città, perché possiamo farcela e insieme possiamo veramente dare un nuovo futuro a Milano.
I giochi sono fatti. Sarete in quattro a correre per le primarie: uno dei quattro sfiderà la Moratti per il ruolo di sindaco. Come affronta questa nuova esperienza?
Sono molto contento che alla sfida delle primarie partecipino personalità importanti, di rilievo e che da sempre hanno a cuore il bene di Milano, come Giuliano Pisapia, Valerio Onida e Michele Sacerdoti. Questo è un percorso bello e inclusivo: Milano è diventata un laboratorio politico in cui si dice veramente qualcosa di nuovo per il Paese. Dopo le primarie, tutti saremo disponibili a collaborare col candidato sindaco. Ho sempre detto che se fossi io, sarei felice che gli altri candidati confluissero nella mia squadra di lavoro per raggiungere un risultato che a Milano manca ormai da troppo tempo. Stavolta possiamo vincere.
In un comunicato dice di voler "cambiare radicalmente la città". In che senso?
Cambiare radicalmente la città per me ha un significato ben preciso. Ho affermato di essermi candidato non per cambiare gli assetti politici o dare un nuovo equilibrio tra maggioranza e opposizione, ma per costruire una nuova classe politica fatta di giovani e di persone che lavorano per Milano e non corrono per una poltrona che gli permetta di regolare i propri affari, come è successo fino a oggi. L’ho detto anche al Teatro Smeraldo: Letizia Brichetto Moratti e Silvio Berlusconi lascino il governo di Milano, tornino ad occuparsi solo dei loro affari che sono molti e importanti. A Milano ci pensiamo noi, noi che amiamo questa città e vogliamo restituirle lo splendore e la vitalità che l’hanno caratterizzata in passato.
Quali i temi "milanesi" che le stanno più a cuore?
Sono la scuola, la famiglia, l’ambiente, la sicurezza, la casa, a cui ho deciso di dedicare le nuove Cinque Giornate di Milano, da qui al 14 novembre. La scuola è la più grande infrastruttura sociale della nostra città, dove le generazioni dovrebbero dialogare e dove ci sia l’incontro e il confronto di culture e tradizioni. Penso anche alle scuole civiche, un vero e proprio orgoglio di Milano, che sono state chiuse da questa giunta. Oggi per molti giovani e donne è diventato impossibile lavorare e studiare. Milano deve tornare a essere una città delle opportunità e dell’integrazione attraverso il lavoro, non una città faticosa in cui tanti non riescono più a vivere. C’è la questione dei nidi che hanno rette impossibili e per le giovani madri è quasi impossibile lavorare. Vogliamo che la scuola sia un luogo fisico in cui le reti di quartiere trovino spazio e accoglienza: scuole aperte tutto il giorno e per tutte le età. Con l'obiettivo di rendere nuovamente Milano un laboratorio dell’innovazione in Italia.
Cosa non condivide della politica morattiana?
La signora Brichetto Moratti ha perso completamente il polso della città: tra Palazzo Marino e le esigenze dei cittadini c’è un abisso. Non c’è nessun progetto per Milano. Penso anche a come è stata affrontata la questione Expo, dove fino a poco fa ero impegnato in prima persona. C’è la necessità di cambiare passo e dare una svolta al governo di questa città, e i milanesi lo sanno.
Quando si è saputo della sua candidatura qualcuno ha storto il naso dopo i suoi trascorsi professionali al fianco della giunta. Come risponde a queste prese di posizione?
Non rinnego il mio passato, anzi sono fiero della mia attività e di quello che ho fatto, compreso il mio ruolo nel progetto Expo. Non ho lavorato per il Sindaco, ho lavorato per la città e nell’interesse della città. Il progetto al quale ho lavorato insieme ad altri colleghi è stato pensato nell’interesse pubblico come un regalo alla città. Abbiamo progettato un grande orto botanico e non metri cubi di cemento. Non ho costruito solo edifici, ma in questi anni ho cercato quindi di dare valore sociale alla mia professione. Ho lavorato con le reti del territorio per indagare le forme dell’abitare a Milano. Ho lavorato al progetto di rivalorizzazione delle cascine pubbliche milanesi.
Cosa significherebbe per Milano avere un sindaco architetto?
Ho sempre detto che qualora diventassi sindaco di Milano, lascerei la mia professione. Inoltre sono un urbanista e credo che questa visione possa essere uno strumento in più per cercare di valorizzare la città nel suo insieme.
D'accordo con Celentano che vuole ripristinare i Navigli e risanare la città col verde pubblico?
Non si tratta di essere d’accordo o no con Celentano. Penso che Milano abbia diritto di riappropriarsi del suo patrimonio urbanistico-ambientale. Sabato 23 ottobre siamo stati alla Darsena e nella zona dei Navigli. La Darsena dovrà rinascere con un progetto forte per tutto il quartiere, coinvolgendo Porta Genova, Ticinese, Corso San Gottardo: deve diventare un luogo pubblico che appartenga davvero alla città e per questo abbiamo aperto un dialogo con le associazioni. Siamo tutti stufi di soluzioni rattoppo, di soluzioni temporanee che non fanno sì che quest'area sia veramente recuperata all'acqua.
E con la proposta di Piano di rinverdire piazza Duomo?
Milano ha bisogno di più verde e più alberi, in tutte le zone della città. È fondamentale valorizzare i parchi. Io sono particolarmente sensibile alla realizzazione di una cintura verde attorno a Milano, un nuovo polmone d’ossigeno per la città e per la Provincia. Ricordo infatti che ho lavorato al progetto Metrobosco, con cui abbiamo piantato 300mila nuovi alberi.
La sua posizione sulla privatizzazione dell'acqua è assolutamente chiara…
Esatto, sono convinto che l’acqua debba rimanere un bene pubblico e proprio per questo abbiamo pubblicato il manifesto per l’acqua che potete leggere sul mio sito www.stefanoboeri.it e dove è possibile unirsi a noi in questa battaglia con la firma di una petizione online.
E sul nucleare?
Riguardo al nucleare sono fermamente contrario. Mi sembra contraddittorio parlare di nucleare in Lombardia quando stiamo organizzando l’Esposizione Universale in cui si sta puntando sulle rinnovabili e sull’agricoltura biologica. Puntare sulla green economy e sull’efficienza energetica, che fa risparmiare imprese e cittadini, significa creare nuovi posti di lavoro. Contrariamente alla costruzione di una centrale nucleare, che è una scelta vecchia, costosa e problematica, vista la questione non risolta dello smaltimento delle scorie radioattive.
Può farci un commento sui suoi tre "colleghi" in corsa?
Sono tutte persone competenti e stimabili. Amano Milano come me e pensano che la città abbia bisogno di risollevarsi dopo anni di malgoverno. Come ho già detto, queste primarie sono davvero una grande occasione e abbiamo tutti la responsabilità di coglierla al meglio.
Rinuncerà ai superpoteri in caso di elezione?
Certo, l’ho detto anche nei giorni scorsi. L’atteggiamento della signora Brichetto Moratti è totalmente sbagliato: ci si aggrappa a una presunta emergenza per chiedere aiuto al Governo e scavalcare in questo modo il Consiglio comunale.
Saremo pronti in tempo per Expo?
È stato perso molto tempo. Ora è fondamentale lavorare a Expo senza pensare agli interessi privati, bensì a quelli della città, partendo da un concetto di esposizione universale radicalmente nuovo. Il progetto dell’Orto botanico, realizzato nel modo corretto, va esattamente in questa direzione. Rimane il nodo della differenza tra le aspettative dei privati e le esigenze pubbliche: il contesto, ricordiamolo, è quello dell’unica esposizione universale che si tiene su terreni privati e che rischia di essere un enorme regalo di volumetrie ai privati. Credo che il caso Expo non sia chiuso, ne riparleremo senz’altro nelle prossime settimane.
Funzionerà la Commissione anti-Mafia?
Il nostro progetto per la sicurezza prevede, oltre all’eliminazione delle ordinanze “coprifuoco”, anche la creazione di una Commissione Antimafia comunale che lavori con la Commissione Parlamentare Antimafia, che si affianchi a un comitato di iniziativa e vigilanza sulla correttezza degli atti amministrativi e sui fenomeni di infiltrazione di stampo mafioso. La Commissione funzionerà: cominciamo a farla, anzitutto, perché il tema non può essere più eluso. La mafia esiste, anche a Milano.
Penultima domanda: ci dice l'angolo di Milano che ama di più?
I ragazzi di 11 Metri all’Arci Bitte mi hanno fatto la stessa domanda. C’è un edificio in Corso Italia che ho sempre adorato, fatto da Moretti, architetto importante del dopoguerra: è un gesto di rottura che dà un senso a un pezzo di città. Eccolo: http://www.architettoluigimoretti.it/site/it-IT/Sezioni/Opere_e_progetti/Scheda/158_1949.html
E la squadra del cuore…
Amo moltissimo il calcio e non posso essere ecumenico: sono un interista sfegatato.

"Ritengo che quando si parli di moschee sarebbe giusto considerare il concetto di reciprocità"

Silvia Garnero, classe 1984, è il più giovane assessore d'Italia, con deleghe a Moda, Eventi ed Expo. Laureata in Graphic and Virtual Design presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, è cugina di Daniela Santanché, dal 1° marzo 2010 sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio.
Buongiorno Silvia, ti abbiamo già sentita per Stile qualche mese fa, pertanto vorremmo in questa occasione compiere un'intervista un po’ informale, per farti conoscere meglio soprattutto ai nostri lettori più giovani… Di cosa si occupa l'assessore quando non è impegnata in politica?
Il tempo che mi rimane lo investo principalmente nella mia formazione. Non rinuncio però allo sport. Dunque riassumendo: politica, yoga, studio, yoga, politica, yoga e una serata fra amici ogni tanto.
Che locali consiglieresti ai tuoi coetanei milanesi?
Milano è una città incredibile. È capace di offrire grandissime opportunità da vera metropoli internazionale e allo stesso tempo non rinuncia ad "angoli provinciali". Cosa consiglierei? Brunch all'"Angar Bicocca", aperitivo alle "Biciclette", cena ai "Ronchi", musica dal vivo al "Bluenote" e tutti al "Plastic" per ballare.
Ti sei da poco lasciata alle spalle la settimana della moda. Come sono andate le cose?
Sono soddisfatta perché dopo trent'anni di sfilate in Fiera, la moda è tornata nel centro storico di Milano e dopo tante polemiche sul precedente calendario "ristretto a tre giorni" ha segnato anche il ritorno ai sette giorni canonici di manifestazione. La ciliegina sulla torta è arrivata dai dati di settore: la moda nell’ultimo trimestre è in crescita e le stime più recenti sulle collezioni prossime prevedono un aumento del fatturato del 6,5%, rispetto all'anno precedente.
Da un po’ è iniziato X-Factor. Morgan, uno dei capisaldi delle passate edizioni, dice che questo tipo di programmi serve solo a creare burattini televisivi. Sei anche tu di questo avviso?
Non mi piace l'atteggiamento di chi come Morgan, che deve buona parte del suo attuale successo proprio a X-factor, "sputa nel piatto dove ha mangiato". Ma tralasciando questi problemi di coerenza, credo che i talent show abbiano riacceso la passione di tanti giovani per musica e danza, insegnando, a loro modo, che il successo è frutto d'impegno e sacrificio.
Qual è la tua squadra del cuore?
Il mio cuore batte per la Nazionale.
Moda/modelle/anoressia. Perché è così difficile far capire alle più giovani che per essere belle non è necessario essere magre?
L'anoressia e la magrezza patologica, non hanno niente a che vedere con l'eleganza e non sono nemmeno utili in passerella per presentare al meglio i capi delle collezioni. Hanno solo il potere nocivo di scatenare emulazione mettendo in crisi le giovanissime. È proprio questo il problema. Il mondo della moda influenza tantissimo i giovani, che nonostante tutte le campagne di informazione, continuano a vedersi proposte modelle magrissime. Dobbiamo risolvere questa contraddizione.
Milano è sempre più al centro di fatti di cronaca, relativi al difficile dialogo fra cristiani e islamici. Recentemente Tettamanzi ha proposto una moschea milanese (in contemporanea Obama ne vuole costruire una nel cuore di New York). Sei d'accordo sulla necessità di andare incontro concretamente alle esigenze di altre forme di credo?
Ritengo che quando si parli di moschee sarebbe giusto considerare il concetto di reciprocità. Mi spiego: quale trattamento è riservato all'iniziativa di aprire una nuova chiesa cristiana nei paesi islamici? Potremmo cogliere l'occasione per verificare se esiste corrispondenza fra le richieste delle minoranze in Italia e i diritti concessi ai cristiani nel mondo arabo. Detto questo, ignorare la presenza mussulmana a Milano è praticamente impossibile e sarebbe molto stupido. Una soluzione va trovata, ma si deve partire dai presupposti di controllo e legalità. Luoghi di culto, non fabbriche di odio.
Intanto Expo è sempre più vicino…
E nonostante le difficoltà, stiamo lavorando perché sia una grandissima opportunità per Milano e per tutto il Paese.
Ultima domanda: pensi che siano utili social network come Facebook o Myspace, o li consideri prodotti che stanno progressivamente allontanando l'uomo dai più sani contatti sociali?
Se i Social Network sono intesi come strumenti per comunicare, non sono soltanto utili ma imprescindibili. Sbagliato è trasformare il mezzo in un fine e fare di Facebook o Myspace l'unico momento di relazioni della propria vita. Ben vengano nuove occasioni per confrontarsi e diffondere informazioni, ma assicuriamoci sempre di farne il giusto uso.