lunedì 31 agosto 2009

"Naturalmente c'è differenza fra 'murales' e'tag'"

Partiamo dal fatto del giorno: il problema immigrazione. Secondo i dati forniti dall’Ismu c’è stato un incremento del 50% degli ingressi di clandestini in Italia. Lei, a tal proposito, ha parlato di “interventi legislativi radicali”. Quali saranno le prossime mosse di Palazzo Marino relativamente a questo delicato argomento?
Secondo i dati dell’Ismu a Milano sono presenti circa 40mila clandestini. Un abnorme numero di irregolari che in città continua ad alimentare attività illecite e criminali. E dietro il quale ci sono organizzazioni criminali che ne facilitano gli ingressi illegali. Milano infatti è sempre più crocevia di traffici di essere umani grazie a centrali che organizzano i trasferimenti e danno copertura attraverso falsi documenti e finti matrimoni. Pertanto di fronte a questo attacco delle bande criminali occorrono potenziare gli strumenti legislativi a disposizione, compresa la legge Bossi-Fini sull’immigrazione che ormai avrebbe bisogno di un ‘tagliando’. E naturalmente occorre rafforzare gli accordi con i Paesi da cui derivano questi maggiormente flussi, soprattutto quelli del Nordafrica e che non favoriscono l’accoglimento dei clandestini espulsi dall’Italia. Infatti nel 2008 a fronte di 2890 stranieri espulsi da Milano solo 700 sono stati riaccompagnati alla frontiera.
“Milano dovrebbe cancellare via Leningrado e dedicare quella strada a Jan Palach – ha recentemente dichiarato, riferendosi allo studente cecoslovacco, simbolo della Primavera di Praga che, 40 anni fa, si diede fuoco in piazza San Venceslao, per dire stop all’avanzata dei carri armati russi. Ha già inoltrato la richiesta a Finazzer Flory?
Ho già inoltrato la richiesta all’assessore competente per la toponomastica, Finazzer Flory. Leningrado non c’è più, mentre la memoria del giovane Jan Palach, che continua ad essere esempio di libertà e coraggio, dovrebbe essere onorata e ricordata nel tempo. Anche attraverso l’intitolazione di una strada cittadina, il modo più semplice ma efficace per far sì che quel nome rimanga nella memoria dei popoli.
Altro argomento di questi giorni è quello relativo ai graffitari. Frode, Shane, Pane, Dalla, Virus, Slash, Resto, Bsm, Jack, Terno, sono solo alcune delle firme più note sui muri meneghini. Cosa ne pensa di chi ritiene certi ‘murales’ la Cappella Sistina del nostro tempo?
Naturalmente c’è differenza tra ‘murales’ e ‘tag’, ma non dimentichiamo che chi imbratta i muri commette comunque un reato. Lo stesso ddl sicurezza ribadisce la gravità di questo abuso punendo i graffitari anche con la reclusione. La presunta questione artistica, invocata da alcuni ‘writer’ e dai loro sostenitori, sembra un po’ un alibi per agire al di sopra della legge. Ma mentre ci si chiede se passar sopra a questi abusi, i cittadini e le amministrazioni continuano a fare i conti con i costi della ripulitura: a Milano, ben 25 milioni di euro.
Relativamente alla moschea di viale Jenner, com’è il dialogo con l’imam Abu Imad e il presidente Abdel Shaari? È vero che il primo è stato condannato in secondo grado per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, e il secondo è stato ritenuto ‘persona non gradita’ da un grande Paese musulmano come l’Egitto?
Il Comune e il sindaco Letizia Moratti hanno tenuto una linea di prudenza sulla pretesa avanzata dai rappresentanti di viale Jenner di avere una destinazione alternativa. E dopo la condanna in secondo grado dell’imam di viale Jenner, Abu Imad, per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, oltre al fatto che il suo presidente, Abdel Shaari, attuale interlocutore per il trasferimento del centro, è stato ritenuto ‘persona non gradita’ dall’Egitto, è stata una saggia decisione. Milano è una città che ha fatto dell’accoglienza parola d’ordine, ma sempre nella legalità. E a questo punto per l’effettiva permanenza del centro, è necessario che il Viminale verifichi se sono rispettate le condizioni di ordine e sicurezza pubblica.
Sempre in tema stranieri, com’è la situazione in via Sarpi?
È ormai in dirittura di arrivo il progetto definitivo di ztl-isola pedonale per il quartiere Sarpi. Entro quindici-venti giorni verrà illustrato dagli assessori Cadeo e Simini alle associazioni dei commercianti e dei residenti. Stiamo pertanto continuando a percorrere la strada indicata dal sindaco Moratti nel programma elettorale del 2006 e ribadita da due decisioni del Consiglio comunale. E, alla luce dell’esodo in corso, a pochi mesi dall’avvio della ztl, di almeno 70-80 commercianti all’ingrosso, che si sono trasferiti a Lacchiarella o si stanno spostando verso la periferia, al Gratosoglio o alla Bovisa, possiamo dire che raccogliamo i risultati voluti. Le telecamere intanto continuano a sanzionare chi non rispetta il provvedimento. I numeri sono elevati. Ma l’azione della Polizia Municipale è sostenuta anche nell’area circostante la ztl. Basti dire che ogni giorno vengono inflitte circa 200 multe, sia per il rispetto del carico/scarico che per divieto di sosta.
Omicidio volontario anziché colposo per chi guida in stato d’ebbrezza e provoca la morte di qualcuno. Come reagirà la Camera a questa sua proposta?
Elenco alcuni dati: nel mese di gennaio su 180 alcoltest effettuati dalla Polizia Locale per le strade della città, con maggiore concentrazione nei weekend, ben 101 guidatori sono risultati in stato d’ebbrezza, praticamente uno su due, e 28 veicoli sono stati sequestrati ai fini della confisca, oltre che un centinaio di patenti ritirate. Nel 2008, su 4.525 test effettuati dai vigili ben 1.275 sono risultati positivi (con 1.164 patenti ritirate e 113 veicoli sequestrati). Vuol dire che la media è passata da uno su quattro nel 2008 a uno su due nel 2009. Credo sia a dir poco allarmante e c’è da chiedersi perché una proposta di legge come la mia non sia stata ancora convertita in legge, visto che l’auto guidata da un ubriaco può essere paragonata ad un’arma carica puntata contro inermi cittadini.
Il vicesindaco di Milano nasce a Bari nel 1951 ma vive a Milano dal 1973. Cosa rimpiange della sua terra d’origine, e cosa apprezza invece della città di cui è un importante rappresentante?
Per la precisione sono nato ad Andria, in provincia di Bari, paese cui mi legano le mie origini e la mia famiglia, che ancora vive lì e che periodicamente vado a trovare. Posso dire, però, che dopo tanti anni in questa città ormai mi sento milanese d’adozione, apprezzandone sia i lati positivi, come la bellezza di certi suoi angoli e il calore che la gente continua a dimostrare nei miei confronti; sia quelli per molti considerati negativi, come il ritmo un po’ frenetico cui ormai mi sono abituato e al quale non riuscirei più a rinunciare.

'Twenty Questions' a Vera Montanari, direttore di Grazia

Nome, cognome e luogo di nascita...
Vera Montanari, Milano.
Che soprannome aveva da piccolo?
Verù, con l’accento sulla u.
Il primo ricordo dell’infanzia?
Io che ballo intorno al tavolo sulle punte. Avrò avuto 4 anni e volevo fare la ballerina.
Su che giornale ha scritto il primo articolo?
Direi una qualche rivista “alternativa”, quando ancora facevo l’università.
Il nome del giornalista che, più di altri, ha influito sul suo stile...
Natalia Aspesi ha uno stile unico e inimitabile.
In che percentuale gli assunti regolarmente in una redazione si possono dire ‘raccomandati’?
Bassa, bassissima, quasi zero. Per lo meno nelle redazioni in cui ho lavorato io.
Lenin diceva che “i comunisti sono la parte progressiva più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi; Mussolini che “il fascismo non è un partito, ma un movimento”. Quale frase preferisce?
Preferisco il presente al passato. Sempre. E la frase è mia…
Cosa ama di Milano?
Ci vive e ci lavora un sacco di brava gente.
E cosa la disgusta?
Assolutamente nulla. È la mia città e la amo.
Un vizio al quale non può rinunciare...
Cioccolata d’inverno, coca cola d’estate.
Proust diceva: “Lasciamo le donne belle agli uomini senza immaginazione”. Come interpreta questa massima?
Dio benedica gli uomini con molta immaginazione…
L’effetto serra: è tutta colpa dell’uomo... Oppure: l’uomo non c’entra niente, è la natura che fa il suo corso...
La colpa è nostra, ma molti esperti sostengono che stiamo sopravvalutando il problema. Speriamo sia vero…
Scopriremo gli extraterrestri fra il 2015 e il 2025. È il parere di molti scienziati. Dovesse incontrarne uno affamato, che piatto gli consiglierebbe?
Non ho dubbi: pastasciutta (confidando che abbiano i denti).
Quanto è difficile pronunciare la parola “ti amo”?
Molto, soprattutto per gli uomini. Questo però non impedisce, per fortuna, di amare ugualmente.
Emily Dickinson spiegava così l’aldilà: “È invisibile come la musica, ma concreto come il suono”. Margherita Hack invece: “Io non credo assolutamente né a Dio, né all'anima, né all'aldilà: l’anima è nel nostro cervello”. Dove si ritrova di più?
Sono una romantica: ho paura della morte, ma l’idea di un aldilà mi consola.
Quante mail riceve in media al giorno il direttore di un giornale importante come il suo?
Molte, moltissime (ma non le ho mai contate).
E quante ore passa al telefono?
Poche, pochissime (grazie anche alle mail…).
Salari bassi per molti, altissimi per pochi. È la cosiddetta crescita diseguale, (in inglese “growing unequal”, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Perché l’uguaglianza sociale continua a essere un’utopia?
Mai letto qualche libro di storia? Se se ne aggiunge anche qualcuno di psicologia le ragioni diventano subito più chiare.
La sera prima di addormentarsi... un quotidiano o un romanzo?
Romanzo, meglio se giallo (sono una vera cultrice).
Un pomeriggio di relax: un disco rock o un cd di musica classica?
Rock, rock… magari anche ballando!

"I poeti? Hanno tutti un brutto carattere"

Buongiorno Alda.
Ciao. Voi siete?
Milanoweb.
Cos’è Milanoweb?
Un quotidiano online.
...
Dopo “La nera novella” e “Le briglie d’oro”, in questo momento a cosa sta lavorando?
A niente.
Come mai?
Ho troppa gente in giro per casa. Come si fa a lavorare con questo trambusto?
Nella sua biografia si parla di incontri eccezionali... Quasimodo, Montale, Turoldo. Chi fra questi personaggi brilla ancora nel suo cuore?
Il mio vicino di casa.
...
Dei miei amori non parlo mai. Sono stati momenti così grandi che nessuno potrebbe comprendere e condividere. Come se parlassi del manicomio... Sono coloro che hanno salvato la Merini dal linciaggio popolare dell’ignoranza.
Eppure, a Quasimodo, ha anche dedicato degli scritti...
Quasimodo era un signore e come lui Raboni e...
Chi ha ispirato la sua vena artistica?Mia madre, mio padre, mio fratello.
Qualche poeta o scrittore?Me stessa.
Fra i ‘maledetti’ francesi, i simbolisti russi e i trascendentalisti americani chi preferisce?
Sempre il vicino di casa.
Che si può dire della Milano anni Trenta?
Mi ricordo solo una grande miseria e povertà.
Nostalgia?Tanta.
Cosa ci racconta de “Il Poema della croce” di Alda Merini e Giovanni Nuti?
Un’opera di ispirazione religiosa: “Ecco il Padre amorevole che corre in aiuto del figlio e squarcia tutte le nuvole e fa piovere dal cielo quella manciata di rose che noi umani chiamiamo Cristianesimo”.
Ci sono giovani poeti che vengono a farle visita?Tantissimi.
E le lasciano degli scritti?
Sì.
E Lei?
Non sono un critico.
I manicomi?
Hanno fatto male a chiuderli.
I giornalisti?
Non mi piace la curiosità morbosa.
Per esempio?
Quelli che mi chiedono come si faceva l’amore a vent’anni...
L’aldilà?
Una pace infinita. Io l’ho già provata qualche tempo fa, mentre ero in rianimazione.
Milva?
Abbiamo riso tanto.
Vecchioni?
Un rompi balle.
Scusi?
In senso buono.
Giancarlo Majorino?Un vero poeta. Una persona seria.
Nicola Crocetti?
Un uomo abile, ma non l’ho mai capito.
Giorgio Manganelli?
Il mio primo amore.
Il sindaco Moratti?
Una brava persona.
I poeti?
Hanno tutti un brutto carattere. Sempre sul chi va là. Son già vecchi quando son giovani. E se la tirano.
Majorino – che abbiamo intervistato qualche settimana fa – ci dice che la poesia è morta. E che è assurdo dire che i veri poeti di oggi sono i cantautori.
Ha ragione. Una volta sono stata premiata con Lucio Dalla. Ma io con Dalla – così come con De Andrè, Celentano e compagnia bella – non c’entro niente. La poesia è un’altra cosa.
Cosa?
Per esempio ‘cultura’.
Progetti futuri?
Niente che riguardi la scrittura.
Come mai?
L’Italia non lo merita.
È vero che molti poeti la odiano perché è l’unica che vende?
Perché sono femmina...
...
In effetti vendo molto.
I suoi figli?
Ne ho quattro.
Vengono spesso a trovarla?
Dal momento che sono poeta...
Prego?
Non gli vanno i poeti.
Le piace la Coca-Cola?
Urca!
Gli alcolici?
Non bevo alcolici.
...
Avete finito?

"Le leggi del mercato stroncano la genialità"

Teatro Ciak di Milano, 3 e 4 aprile. Mi racconti qualcosa di queste due date?
Sono due date speciali che segnano concretamente il nostro sodalizio con The Global Performance (TGP), progetto nato nel 2001 dall’idea di alcuni musicisti uniti dal proposito di promuovere e sviluppare il concetto di “musica d’insieme”.
Chi è l’artefice di questa iniziativa?
È un progetto che abbiamo accarezzato tutti insieme. Diciamo, però, che il ‘la’ lo ha dato il nostro batterista che suona anche con i TGP.
Un aneddoto?
Un giorno sono venuti ad assistere a un nostro concerto... Poco dopo, conoscendoci meglio, abbiamo pensato di esibirci insieme.
La prima occasione?
Al Derby di Milano, l’anno scorso.
La cosiddetta puntata-zero dello spettacolo “Rock-in’ Heaven”...
Esattamente.
Come è andata?
È stato fantastico.
L’avanguardia anni Settanta da una parte e dall’altra il gospel dei TGP. Come si passa con armoniosa disinvoltura dalle note di Aretha Franklin, Fred Hammond, Tonex e Kirk Franklin, a quelle di “Faccia di Cane”, “Quella carezza della Sera”, “Aldebaran”, “Le Roi Soleil”?
Il segreto sta nella eccellente capacità di un coro di 30 persone di omogeneizzare il tutto. Così, una canzone come “Faccia di cane” non è difficile in qualche modo ricondurla a un pezzo di Aretha Franklin.
Prossimi appuntamenti con i TGP?
Per ora abbiamo in programma queste due date. Poi, con l’autunno, partiremo con un tour.
Veniamo a un po’ di domande generali, incentrate sul ‘mito’ New Trolls... Voi siete innanzitutto dei miti del progressive italiano. Suonate insieme dal 1967 e avete inciso 33 album. Chi oggi suona ancora progressive?Questa definizione di ‘progressive’ non l’ho mai digerita. Sa di lassativo. È un termine fuorviante. Una volta ci chiamavano ‘quelli che suonano pop rock sinfonico’. Diciamo che le etichette lasciano il tempo che trovano. Piuttosto va detto che ci sono professionisti che producono arte con la A maiuscola e altri che invece si lasciano soggiogare dal mercato, svendendo la propria anima per assecondare la voglia di emergere.
Oggi, quindi, non c’è più nessuno in grado, se non altro, di emulare i Mito New Trolls...
Ma sai, ciò dipende anche dal fatto che il nostro genere non va d’accordo con il mercato discografico. Se oggi un giovane bussa a una casa discografica con un pezzo ‘alla Mito New Trolls’, non va molto lontano. Nessuno ha più voglia di mettere in luce la vera creatività di un artista. Conta solo l’immagine.
Siamo alla mercificazione spudorata dell’arte...
È così. Le leggi del mercato stroncano la genialità.
Una volta invece...
C’era più fiducia da parte dei discografici. C’era chi capiva i veri talenti e gli dava il tempo di esprimersi, anche se all’inizio si faceva fatica a entrare nel loro mondo.
Nel vostro caso, però, avrete sicuramente avuto modo di lavorare con artisti con la A maiuscola. Ce n’è qualcuno che vi è rimasto particolarmente nel cuore?Sicuramente Fabrizio De Andrè.
Ci dici qualcosa di lui?
Al di là delle sue canzoni tendenzialmente malinconiche era un personaggio positivo, un compagnone, gli piaceva ridere e scherzare. È stato bello poter dividere con lui il palco nei primi anni Settanta.
Siete stati voi il primo ad accompagnarlo dal vivo?
Assolutamente sì. E mi dispiace aver visto Bonolis, a San Remo, dire che il primo gruppo di De Andrè fu la Pfm.
E l’idiosincrasia di Fabrizio per il palco?
Tutto vero. Alla Bussola di Viareggio, per il suo primo live in assoluto, dovemmo insistere per mezz’ora prima di riuscire a fargli affrontare la platea.
E Anna Oxa?
Anche lei è una grande professionista. L’abbiamo accompagnata in tour, e abbiamo inciso con lei un disco dal vivo.
Progetti per il futuro?A parte il tour autunnale cui ti accennavo prima, abbiamo in programma la promozione di un nostro dvd in Germania e nei Paesi dell’Est.
Canzoni nuove?
Ne abbiamo a bizzeffe.
Pronte per essere utilizzate per un nuovo album...
Che però non sappiamo ancora quando uscirà.
Chiudiamo con una domanda classica: quali sono i tre dischi da isola deserta del leader dei New Trolls?“Axis: Bold as love” di Jimi Hendrix, “Sergent Pepper Lonely” dei Beatles e “Selling England by the Pound” dei Genesis.

domenica 30 agosto 2009

"Per me milanese 'sino all'osso'"

16 giugno 1938. La data di nascita di Carlo Tognoli. Com’era la Milano di allora?
Ricordo la Milano di fine-guerra: l’evacuazione dei tedeschi qualche giorno prima del 25 aprile; le case distrutte dai bombardamenti e le macerie con le quali venne ‘formata’ la montagnetta di S.Siro; l’entusiasmo per la ricostruzione; la campagna elettorale del 1948, non perché mi occupassi di politica, ma perché vedevo manifesti attaccati in ogni angolo degli edifici (non c’erano regole per le affissioni, ndr). Negli anni ’50 c’erano tanti problemi: scarsità di abitazioni e di scuole, ma non mancava il lavoro e la città era tutto un cantiere. Il ‘boom’ economico si faceva vedere attraverso i consumi, gli ‘scooters’, le utilitarie. Ricordo, infine, che l’Inter si salvò per un pelo dalla retrocessione nel primo campionato postbellico.
Tra le sue cariche ci sono state anche quelle di sindaco di Milano, ministro della Repubblica, membro del Parlamento Europeo. Quale le ha dato più soddisfazioni?
Indubbiamente l’essere stato sindaco di Milano, dal maggio 1976 al dicembre 1986. Per me, milanese ‘sino all’osso’, significava identificarmi con la mia città, con i suoi cittadini, con la sua cultura, con i suoi pregi e con i suoi difetti.
L’esperienza di sindaco l’ha dunque riguardata nel periodo clou della realtà milanese che passa dagli anni caldi della contestazione giovanile alla cosiddetta Milano da bere. Cosa le è rimasto impresso di quel decennio?
Il passaggio dalla crisi alla ripresa. Gli anni ’70 non furono solo anni di contestazione giovanile, ma di terrorismo brigatista, di criminalità diffusa, di congiuntura economica negativa, di inflazione crescente. La gente non usciva alla sera. La Galleria era deserta dopo le 20. Il centro era intristito ed esposto agli ‘espropri proletari’ ogni sabato. L’azione del Comune, con il rilancio delle opere pubbliche (passante ferroviario, MM3, avvio della ristrutturazione del Palazzo Reale e del Castello, case popolari, nuove scuole) e le iniziative culturali (mostre, concerti, sostegni ai teatri) – unitamente al miglioramento della situazione economica – favorì la rinascita di Milano. Si passò dalla Milano da morire alla Milano da vivere: ‘Milano da bere’ fu un felice ‘slogan’ della Ramazzotti, che capì come il peggio fosse alle spalle e interpretò in tal modo la svolta positiva in atto.
Tognoli aderisce al Partito Socialista Italiano nel 1958. Quali sono le sue prime esperienze in campo politico?
Ero già in contatto con i giovani socialisti a scuola e poi all’Università Bocconi. Lavoravo in un’azienda farmaceutica (come perito chimico industriale, ndr), studiavo e mi occupavo di politica universitaria. Nei primi anni ’60 cominciarono le esperienze amministrative e di partito. Fui eletto consigliere comunale di Cormano, divenni responsabile del settore ‘stampa e propaganda’ del PSI di Milano e, nel 1967,onsigliere della Società esercizi aeroportuali (SEA). Nel 1970 entrai a Palazzo Marino, dove ricoprii l’incarico di assessore, prima all’Assistenza e Sicurezza sociale, poi al Demanio e patrimonio e, poco prima di diventare sindaco, ai Lavori Pubblici.
Il 1 maggio 1992 riceve un avviso di garanzia nell’ambito dello scandalo Tangentopoli. Oggi cosa resta di quell’esperienza?
L’amarezza di essere stato ingiustamente sotto accusa.
Come è visto Antonio Di Pietro nei primi anni Novanta?
Rispondo così: “Non giudicare se non vuoi essere giudicato”.
Nel 2001 stava per diventare di nuovo sindaco di Milano... Poi, però, le cose sono andate diversamente...
Nel 2001 mi venne offerta da una parte della sinistra una candidatura: con molta sincerità risposi che ero lusingato, ma pur non essendo collocato nel centro destra non avrei potuto schierarmi con una sinistra antisocialista, anti Craxi, vetero marxista e massimalista.
Nel 2005 il numero uno della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, la nomina presidente della “Fondazione Ospedale Maggiore di Milano”. Come è arrivato a questo traguardo?
Il presidente Roberto Formigoni voleva aprire una porta alla sinistra riformista e mi propose la presidenza della Fondazione che riuniva due storiche istituzioni dell’assistenza sanitaria di Milano: la Ca’ Granda divenuta Policlinico, legata all’Università degli Studi e gli Istituti Clinici Ospitalieri, uniti ai nomi di Luigi Mangiagalli e di Luigi Devoto. Non mi ha mai creato condizionamenti. Indicando me ha dimostrato di non volere fare scelte di parte.
Ha contatti con Giampaolo Landi di Chiavenna, attuale assessore alla salute della giunta Moratti?
Certo e ne apprezzo le iniziative in un settore nel quale il Comune non ha poteri, ma dove la ‘governance’ municipale è importantissima.
E con Umberto Veronesi?
Umberto Veronesi è un maestro, non solo di medicina, ma anche di vita, di civismo e di valori morali.
Quante e quali sono le sedi ospedaliere dell’Ospedale Maggiore?
La sede è una sola, i padiglioni sono molti nell’area compresa tra via Francesco Sforza, via S.Barnaba, via Commenda, via Lamarmora. Altri sono in via Pace, dove perderanno la funzione sanitaria a ristrutturazione completata, quando tutto sarà contenuto nella zona sopra indicata.
È vero che anche Napoleone Bonaparte contribuì allo sviluppo dell’Ospedale Maggiore?
All’arrivo dell’Armata d’Italia, Napoleone nel 1796 sancì la definitiva soppressione del Capitolo ospedaliero, sostituito da una commissione di cinque Cittadini. In quell’anno le crociere ospedaliere rigurgitavano di soldati francesi, e anche negli anni seguenti il nosocomio dovette farsi carico di un aggravio insostenibile, provocato dallo stato di guerra e dalle modifiche fiscali introdotte, con un inevitabile tracollo finanziario; per tentare di riequilibrare le finanze Bonaparte cedette il 9 giugno 1797 i beni del soppresso Collegio Elvetico, tra i quali le terre e l’edificio dell’antica abbazia di Mirasole. Nel campo assistenziale, tra le azioni promosse dal governo francese c’è la costituzione, tra 1807 e 1808, di una “Congregazione di Carità”, con sede presso l’Ospedale, avente compito di accentrare sotto un’unica amministrazione tutti gli enti assistenziali cittadini.
La struttura di cui è presidente possiede un rilevante patrimonio culturale. In particolare, l’Archivio storico, conserva documenti a partire dal secolo XI, per un totale di circa 15mila cartelle. Mentre la Biblioteca storica di medicina annovera oltre 100mila volumi, con libri editi a partire dal XV secolo. È possibile consultare questo materiale?
Attualmente la consultazione è consentita agli studiosi su appuntamento, ma si sta operando in vista di una piena accessibilità. Negli ultimi anni è stata offerta la possibilità di visite ai locali dell’archivio storico e alle raccolte sanitarie a gruppi di studenti nell’ambito di laboratori didattici (corsi di laurea in infermieristica, o in storia), la giornata FAI di primavera 2008 ha visto l’affluenza di circa 2500 visitatori. Si prevede una consultazione remota, con la disponibilità sul web dei cataloghi e degli inventari attualmente in corso di realizzazione.
Ci sono poi opere d’arte dei più rilevanti artisti che hanno lavorato in Lombardia negli ultimi quattro secoli. Per esempio, Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Anton Francesco Biondi, Francesco Hayez, Mario Sironi, Carlo Carrà, Emilio Tadini...
Cardine delle raccolte d’arte è la celebre quadreria di benefattori, nata per celebrare e ricordare la generosità dei sostenitori dell’Ospedale. Dall’inizio del Seicento ha preso il via una serie di ritratti a olio su tela di grandi dimensioni, che assommano oggi a oltre 900 unità. Autori dei dipinti sono i principali artisti operanti sul territorio lombardo negli ultimi quattro secoli, tra i quali – come diceva - spiccano i nomi di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Anton Francesco Biondi, Francesco Hayez, Carlo Carrà, Emilio Tadini... Da gennaio 2008 le tele anteriori alla metà del XX secolo sono ubicate in un apposito ambiente di conservazione, presso gli uffici amministrativi della Fondazione.
Altro?
Il patrimonio culturale comprende anche altre collezioni di dipinti, sculture e oggetti d’arte pertinenti agli edifici di culto o pervenuti con le eredità dei benefattori. Tra queste ultime si ricorda la raccolta Litta - a cui appartiene La preghiera del Mattino, capolavoro dello scultore Vincenzo Vela - che è oggi visitabile presso le Raccolte Storiche del Comune di Milano in Via Sant’Andrea 6. Un importante nucleo di dipinti antichi, tra i quali si menzionano le opere di Alessandro Buonvicino detto il Moretto, è a sua volta in deposito presso la Civica Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano, dove si trovano anche due sculture campionesi sempre della Fondazione.
La Fondazione è attiva anche nel campo della ricerca. In questo momento quali sono gli studi più interessanti che gli scienziati stanno conducendo?
Le principali missioni di ricerca attuale sono indirizzate alla fisiopatologia delle malattie rare e alla medicina riparativa e rigenerativa. Va poi detto che tra gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico pubblici, la Fondazione si posiziona al primo posto per produttività scientifica (Impact Factor) nella classifica redatta dal Ministero della Salute e al primo posto assoluto per efficienza di produzione scientifica, cioè più basso rapporto tra fondi ricevuti e punti di IF prodotti.
A quando la nascita del nuovo Istituto nazionale di genetica molecolare?
L’istituto è già nato. La sede, finanziata con una generosa donazione dei coniugi Invernizzi, che sta sorgendo in luogo dell’ex-convitto infermiere, sarà pronta e funzionante fra poco meno di tre anni.
E la Cittadella della Salute?
Penso che tutti i lavori saranno terminati entro 5 anni circa.
Altri progetti per Expo 2015?
Il campus universitario di ‘eccellenza’ per docenti e discenti, da realizzarsi negli edifici di via Pace dove, come già sottolineato, non ci sarà più assistenza sanitaria.

sabato 29 agosto 2009

"Per una concreta e responsabile integrazione degli immigrati"

Ieri su Gold 7 l’assessore alla Salute ha parlato di “piacere e contraccezione”. Scopo dell’iniziativa andare incontro alle esigenze dei più giovani, sempre più confusi per ciò che riguarda la sessualità. In che modo questa iniziativa può aiutare i ragazzi a superare senza traumi il cammino verso l’età adulta?
Parlandone e affrontando le varie tematiche con naturalezza, usando parole semplici e immediate, il linguaggio dei giovani. Aiutare i ragazzi di tutte le età a capire quali sono oggi i rischi per la salute di oggi e domani conseguenti a comportamenti superficiali e di sfida. Sfida verso le convenzioni e le regole di vita e della società. Trattare i vari argomenti riguardanti la sessualità è inoltre l’occasione per proporre ai giovani un modello di educazione all’affettività che quindi prenda in considerazione non solo la mera sfera fisica ma anche, e soprattutto, quella dei sentimenti.
Quali saranno i prossimi appuntamenti con il piccolo schermo?
Sono previste ancora alcune puntate domenicali su Telecity di “Cosa ne sai?” che proseguiranno fino all’estate e sempre incentrate sui temi della sessualità e affettività rivolta in particolar modo ai giovani. Conto di replicare il programma anche in autunno allargandolo ai temi della droga, alcol e fumo. Poi ho iniziato a registrare le puntate di una nuova trasmissione che va in onda su Canale Italia strutturata come un “filo diretto” con i quartieri cittadini e le loro problematiche. Un appuntamento che penso sarà gradito al pubblico perché affronterà temi centrali e quotidiani: i servizi che ci sono o ci vorrebbero in un quartiere, la vivibilità, le infrastrutture, i servizi sanitari, la qualità dell’aria ecc.
Uno studio recente divulgato dal Corriere della Sera dice che più di un milanese su due tradisce il proprio partner. C’è chi lo fa per evadere dal quotidiano, chi invece perché la sua storia è ormai agli sgoccioli. Cosa sta succedendo alle famiglie milanesi?
Non solo alle famiglie milanesi purtroppo. La famiglia è in crisi, come in crisi sono i valori tradizionali. Difficoltà economiche, egoismo e superficialità mettono a dura prova i rapporti di coppia che dovrebbero essere governati dal rispetto e stima reciproci. Lo stress e l’intensa vita sociale, soprattutto nelle metropoli come la nostra, mettono a dura prova molte coppie e la convivenza. Le condizioni e i ritmi di vita esasperati non favoriscono il dialogo e questo a lungo andare rende insoddisfatti e indifferenti. Sono venuti meno alcuni valori fondamentali quali il rispetto reciproco, il piacere di coppia, il senso del dovere.
C’è dunque da aspettarsi che – in una metropoli come la nostra - le cosiddette ‘famiglie allargate’ fra non molto rappresentino la norma?
Per certi versi lo sono già. Le statistiche dicono che i divorzi a Milano erano 1438 nel 2005, saliti a 1610 nel 2007. Non solo, a Milano la percentuale di coppie conviventi non sposate è del 42%, i matrimoni civili il 43% e i bambini nati fuori dal matrimonio sono il 22,5%. Questi dati ci dicono che la società è cambiata e così la “famiglia”. Un modo “diverso” di stare insieme influenzato in parte anche dalla commistione di culture, usi e religioni diverse conseguente alla maggiore propensione per i viaggi all’estero, ai flussi migratori e alla globalizzazione.
Entrando nel merito della sanità milanese veniamo a sapere che – ogni anno – sono circa 5mila i casi di tbc che vengono notificati, cifra tre volte superiore a quella di alcuni anni fa. Da cosa dipende il ritorno di questa malattia, che si pensava definitivamente sconfitta?
L’andamento della malattia risulta fisiologico e il numero di casi che si stanno verificando rispecchia un’evoluzione della composizione della cittadinanza milanese. La mia preoccupazione è per il fatto che i casi notificati non necessariamente rispecchiano il vero andamento della malattia: sono stati infatti descritti problemi di sottonotifica (fino al 50% in alcune regioni). Sappiamo infatti che circa il 50% dei nuovi casi arrivano da gruppi di immigrati e qui diventa basilare il controllo dei clandestini che non hanno accesso al Servizio Sanitario Nazionale.
Qual ‘è l’identikit del milanese malato di tbc?
Non si può parlare di “identikit”. La concentrazione dei gruppi a rischio nelle grandi città influenza l’alto valore rilevato. Rientrano in questi gruppi: contatti con persone contagiose, HIV positivi, immigrati da Paesi ad alta endemia di TB, residenti in strutture detentive e personale di strutture ad alto rischio di trasmissione.
Cos’è il progetto ‘Immigrazione sana’?
Un progetto da me fortemente voluto e nato per promuovere una concreta e responsabile integrazione degli immigrati sul versante della salute con particolare riguardo a prevenzione, educazione sanitaria e patologie infettive, così da svolgere un’efficace prevenzione sia per gli stranieri presenti sul territorio comunale sia per i cittadini milanesi. Il progetto pertanto, avvalendosi dell’attività delle associazioni di volontariato, offre opportunità di prevenzione e cura a tutti gli immigrati irregolari presenti a Milano.
Quali altre malattie che si ritenevano debellate stanno tornando alla ribalta? L’anno scorso si è addirittura sentito parlare di un caso di peste a Milano...E quest’anno si sono verificati, nell’hinterland, un paio di casi di lebbra. Tuttavia la situazione resta sotto controllo e non ci sono i termini per parlare di un acuirsi di patologie debellate. Viaggi di lavoro in zone ad alto tasso endemico e immigrazione sono veicoli per il diffondersi di patologie ormai scomparse. Certo i casi verificatisi sono la conseguenza di comportamenti superficiali e per questo vorrei ricordare che la salute è un diritto ma è anche un dovere.
Tra le iniziative del suo assessorato anche quella relativa alla campagna di prevenzione contro il tumore al seno con i membri della Lilt. Come è andata l’esperienza presso i giardini di Porta Venezia, in occasione della Settimana nazionale per la prevenzione oncologica?
Benissimo. Le iniziative di screening gratuiti sul territorio riscuotono sempre un grande successo. Questo dimostra che c’è interesse e attenzione per la propria salute. La scorsa primavera, in occasione delle Giornate della salute, i siti di controllo gratuiti sono stati numerosi in città e si sono protratti per più giorni. Ebbene, il gradimento è stato altissimo!
Purtroppo il tumore al seno ha ancora un’alta incidenza, soprattutto in Lombardia... Tuttavia Umberto Veronesi ha recentemente fatto sapere che entro il 2020 la malattia sarà debellata. Anche lei è così ottimista?
La medicina sta facendo, di anno in anno, enormi passi avanti. I tumori si sconfiggono anche con la prevenzione oltre che con la diagnosi tempestiva e le terapie all’avanguardia. Comprendo l’ottimismo del professor Veronesi, le tecniche sempre più sofisticate di diagnosi, di giorno in giorno più facilmente accessibili, e le procedure di cura più mirate fanno ben sperare in un futuro più roseo sia sul fronte della prevenzione che della terapia.
In che misura l’alimentazione influenza la genesi dei tumori?
Da sempre dico che la prevenzione comincia a tavola e che la salute risiede nei cibi. Ciò che mangiamo è ciò che siamo e la qualità e quantità dei cibi è fondamentale. Una dieta equilibrata è il primo passo per essere in salute, per prevenire tutte le malattie. Sovrappeso e obesità, alcol e fumo, sono una minaccia per il proprio benessere a qualunque età perché fattori predisponesti verso altre patologie come quelle cardiovascolari.
Altro argomento spinoso concernente la salute dei milanesi riguarda i numerosi casi di anoressia fra i più giovani. Lei ha recentemente dichiarato che sono addirittura 300mila i siti internet italiani che promuovono il culto della magrezza. Cosa si può fare per essere sicuri che i nostri figli non vadano a spulciare file ‘a rischio’?
La sicurezza sul web è un tema di grande attualità e molto dibattuto. Certo non è solo il web una minaccia per la fragilità psicologica di molti giovani. E parlo di fragilità psicologica perché i disturbi alimentari sono una reazione ad uno stato mentale alterato. Quindi oltre a parlare di siti internet, bisognerebbe rivolgere l’attenzione anche alle riviste e trasmissioni tv che enfatizzano la bellezza attraverso esempi di ragazze e ragazzi magri. I disturbi alimentari sono una triste realtà che riguardano tutti e che colpiscono a tutte le età debilitando il fisico e minando soprattutto l’equilibrio psicologico del soggetto.
A tal proposito, comunque, l’assessorato alla Salute ha già ottenuto importanti risultati con la creazione di un Codice Etico (sottoscritto da Comune, Assem e Camera della Moda per tutelare la salute delle modelle) e di un Albo Modelle/i, con rilascio di una Tessera Visto Moda, realizzato in collaborazione con Assem. Ci parla di questo importante traguardo?
È un progetto di cui vado molto orgoglioso. La modella è un esempio per tantissimi giovani e la moda è un culto per molti. Per questo abbiamo deciso di coinvolgere questo settore in primis. Il concetto che si può essere belle e sane doveva e deve ancora oggi giungere proprio da chi è simbolo di moda e bellezza per antonomasia. Per dimostrare che si può conciliare il “benessere” con il “bellessere”. Si tratta di un percorso ancora lungo ma che abbiamo intrapreso con convinzione e che prosegue con le attività del Tavolo Moda e Salute al quale siedono autorevoli esperti.
Ultima domanda: quali saranno le prossime iniziative di Giampaolo Landi di Chiavenna per andare incontro alle esigenze dei cittadini?
In questi due anni dal mio insediamento il mio Assessorato ha realizzato e appoggiato molte iniziative il cui unico scopo è la promozione di corretti di stili di vita e la cultura della salute per tutti: giovani e meno giovani, italiani e stranieri. Faccio riferimento a progetti importanti come, ad esempio, lo Psicologo di quartiere, Immigrazione sana, le campagne di prevenzione, l’Osservatorio per la salute sul lavoro e il più recente Anno della salute: i 365 giorni del 2009 saranno dedicati al benessere non solo inteso come assenza di malattia ma anche come qualità di vita.

"Secondo me la profezia dei Maya non è da escludere"

Quando nasce Rockit?
Undici anni fa.
Chi è l’ideatore?
Due laureandi in ingegneria informatica.
E oggi?
Siamo fieri di dire che è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che fanno musica italiana.
Visite?
Circa 10mila al giorno, 300mila al mese.
Iscritti?
Almeno 30mila.
In quanti lavorate per Rockit?
In redazione siamo in 5, poi ci sono numerosi collaboratori. C’è chi segue i concerti, chi si occupa di recensioni...
Rockit, quindi, è anche un palestra per futuri giornalisti?
Direi di sì.
Quali sono i vantaggi di una band che apre la sua scheda su Rockit?
La visibilità, sicuramente. Considera che su ogni scheda è possibile caricare i brani, inoltre, chi lo desidera, può avere la recensione di un suo lavoro.
Con che criterio create le vostre famose compilation scaricabili gratuitamente dal sito?
Diamo spazio alle uscite più importanti, basandoci sui nostri gusti personali.
Generi?
C’è un po’ di tutto.
Come è andata l’edizione 5 del Miami?
Molto bene. E ne siamo felicissimi.
Meglio o peggio dell’anno scorso?
Sicuramente meglio.
Esperienze editoriali?
Ci stiamo lavorando.
Non è la prima volta...
Prima, infatti, uscivamo con la rivista Rockit magazine, gratuita e bimestrale.
Adesso?
Vogliamo tentare nuove strade.
La crisi è ovunque, ma voi sembrate immuni dal fenomeno?
Incrociando le dita possiamo dire di sì.
Dicci qualcosa di Milano...
Non mi piace quel che è diventata in questi ultimi anni. Negli anni Novanta si respirava un’atmosfera migliore. La città era più vivibile, aperta...
Peraltro chiudono tutti i locali storici dove si fa musica dal vivo, e i negozi di dischi più cool...
Infatti, è una vera tristezza.
Ottimista o pessimista?
Mah, secondo me la profezia Maya non è da escludere...

Contro i box e... l'assimilazione

Tra i vari movimenti politici milanesi il vostro – No Box - è forse quello meno conosciuto. Quando nasce e perché?
Come lista No Box nasce pochi mesi fa. La nostra speranza è quella di riuscire a far eleggere almeno un candidato. Come movimento dei Comitati, invece, sono più di dieci anni che mi batto contro le speculazioni e i box sotterranei. Prima ancora, per sette anni, sono stato consigliere di zona ricoprendo le cariche di presidente delle commissioni demanio, diritto allo studio, commercio e artigianato.
Né di destra, né di sinistra...
No, perché il problema dei box sotterranei è ‘trasversale’. Cinque anni fa, durante le elezioni provinciali, sono venuto in possesso di un documento recante nomi e cognomi di soci delle cooperative che costruiscono i box sotterranei. Ebbene, fra questi c’erano persone sia di destra che di sinistra...
Cos’è il progetto dei box sotterranei?
È il piano parcheggi del Comune contro il quale ci battiamo da anni, avendo solo un valore speculativo.
Oggi come va?
Su molti cantieri sta indagando la magistratura.
Qual è il vero problema?
La cessione del suolo pubblico oltre a mettere in pericolo la potabilità della falda acquifera, impedirà la realizzazione di opere pubbliche come le metropolitane nella circonvallazione interna.
Dal vostro programma elettorale si percepisce la volontà di garantire il verde ai milanesi. Che progetti avreste in serbo?
Secondo noi va innanzitutto tutelato il verde ad alto fusto, perché è il solo in grado di bilanciare in parte lo smog e soprattutto creare quelle indispensabili zone d’ombra per anziani e bambini. È stato dimostrato che in estate, per esempio, un viale alberato tipo Fabio Filzi, ha una temperatura inferiore di 5 gradi rispetto alla limitrofa via Pisani, dove le piante centenarie sono state completamente abbattute. L’amministrazione dice che sopra i box sotterranei pianteranno del verde... La verità è che sul cemento non può crescere granché.
In che modo i comitati cittadini potrebbero contribuire al bene della città?
I cittadini sono i soli che conoscono davvero il proprio territorio. Possono perciò essere sentinelle vigili e attente e in contatto tra loro. Per esempio, si vogliono costruire i box in via Canaletto... Solo i cittadini che vi risiedono dai tempi della guerra sanno che quello non è il luogo idoneo per questo tipo di lavori, perché un tempo era una palude.
Come NordDestra e altri partiti del centro destra siete a favore di un aumento delle risorse per le forze dell’ordine... Così sarà possibile arginare meglio il problema legato all’insicurezza in città?
Le risorse oggi investite per le forze dell’ordine sono inadeguate per una provincia come quella di Milano. È palese.
Ci dice qualcosa di Dolfi Diwald e della sua attività nella comunità ebraica?
Sono nato a Milano da genitori fuggiti dalla Germania nazista, faccio parte della comunità ebraica di cui sono stato consigliere e presidente del primo centro sociale e ricreativo, nonché fondatore di una compagnia amatoriale di teatro Yiddish, recitato in italiano per far conoscere a tutti questa cultura quasi scomparsa.
Perché è contro l’assimilazione?
L’assimilazione, nel gergo della comunità ebraica, non significa “integrazione”, alla quale sono ovviamente favorevole. Infatti gli ebrei milanesi e italiani sono a tutti gli effetti perfettamente integrati nella vita civile italiana di cui fanno parte da duemila anni e oltre. “Assimilazione” significa invece perdita della propria identità e a questo sono contrario, perché ogni diversità è una ricchezza e per confrontarsi con tutte le fedi e le culture bisogna prima di tutto conoscere la propria.
Come vede il futuro religioso di una città come Milano divisa fra intolleranza religiosa e desiderio di uguaglianza?
La comunità ebraica ha ottimi rapporti con la curia milanese e con il cardinale Tettamanzi, dopo anni di fraterna amicizia tra il rabbino capo Laras e il cardinale Martini. Abbiamo ottimi rapporti anche con la comunità islamica COREIS dell’Imam Pallavicini, con cui abbiamo frequenti incontri interreligiosi e teologici. L’intolleranza si combatte con la reciproca conoscenza e il lavoro comune su temi sociali e di tutela delle minoranze.
Quando le tre più grandi religioni monoteiste potranno finalmente andare d’accordo?
Quando prevarrà il rispetto reciproco a tutti i livelli.

venerdì 28 agosto 2009

"... nonostante le continue bugie di Penati"

“Guido Podestà vincerà le elezioni provinciali di Milano superando il 50% dei consensi già al primo turno del 6 e 7 giugno”. È il parere di Silvio Berlusconi intervenuto telefonicamente alla presentazione della sua candidatura. Cosa ne pensa di queste parole?
C’è una cosa che ci contraddistingue dall’operato della sinistra che fin qui ha governato Palazzo Isimbardi ed è la cultura del fare. La nostra volontà è quella di far ripartire la Provincia e di farla tornare ad essere di nuovo grande e importante come merita. Per questo ci poniamo di fronte ai cittadini della Provincia di Milano con un programma serio e concreto da realizzare nella prossima legislatura. Lo sa il Presidente Silvio Berlusconi e lo dicono i sondaggi a nostro favore. E questo nonostante le continue bugie di Penati.
Pochi giorni fa il prefetto ha comunicato nuovi dati sulla sicurezza milanese. Si dice che diminuiscono tutti i principali tipi di reato - omicidi, rapine, furti – ma aumentano in modo preoccupante gli stupri. In che modo il suo impegno politico potrebbe mettere freno a questo fenomeno?
I dati del Ministero ci dicono che i reati in Italia sono diminuiti. È aumentata però la percezione di insicurezza. Per questo motivo dobbiamo garantire legalità e sicurezza per tutti, italiani e non. Il rispetto per la legalità deve essere assoluto. Bisogna garantire un maggior numero di operatori sulla strada, e questo può avvenire col coordinamento della Polizia Provinciale e il sostegno da parte dei diversi gruppi delle forze dell’ordine in congedo, che affianchino la polizia locale nei diversi pattugliamenti. Solo così potremo proteggere tutti i nostri cittadini.
Salvini della Lega propone di destinare due vagoni del metrò alle donne...
Quella di Salvini era solo una “boutade”, lui ogni tanto fa le sue sparate. Quello che deve essere chiaro è che sui vagoni della metropolitana uno deve sentirsi sicuro ed essere tranquillo. C’è una situazione di insicurezza e dobbiamo cercare di arginare il fenomeno.
Il 13% dei milanesi è straniero, percentuale destinata a incrementare in pochissimo tempo. Milano è pronta per una società multietnica?
Milano è pronta per guardare oltre ai confini del suo territorio e a bussare alle porte dell’Europa. Milano è già una città multietnica. Diversa cosa è l’immigrazione clandestina che va invece combattuta con fermezza.
Intanto le baby gang latine si scontrano nelle aree periferiche, i cinesi di via Sarpi vivono come termiti in angusti sottoscala, i musulmani si ritrovano a pregare in piazza Duomo...
Ripeto quello che ho detto su sicurezza e legalità. Bisogna combattere l’immigrazione clandestina perché spesso i reati vengono commessi da chi arriva nel nostro territorio senza un obiettivo preciso. Mentre è necessario favorire l’integrazione di coloro che vivono onestamente.
Cambiamo argomento e parliamo di strade: Brebemi e tangenziale est. Qual è il futuro della viabilità per Milano e hinterland? Quali le (eventuali) prime mosse di Podestà?
Ritengo che senza strade e infrastrutture adeguate la vita di tutti noi sia impossibile, ed è proprio sulle infrastrutture che dobbiamo intervenire. Solo così potremo far ripartire l’intera economia lombarda. Assieme a Brebemi e Pedemontana la Tem consentirà di sviluppare un sistema di viabilità più fluido e scorrevole, e avrà ripercussioni anche sui livelli d’inquinamento che si andranno così ad abbassare in Milano città. È giunto il momento di superare la sterile posizione mantenuta dalla Provincia guidata da Penati che ha frenato nella realizzazione di tutte le infrastrutture necessarie per lo sviluppo del nostro territorio, dalla Tem al progetto di prolungamento dell’anello ovest, al prolungamento delle metropolitane, non solo verso Paullo, ma anche verso altre destinazioni.
Formigoni, governatore della Regione: su quali punti vi trovate perfettamente d’accordo e su quali invece – in caso di vittoria alle elezioni - ci sarà da lavorare di più?
La sinergia tra Provincia di Milano e Regione Lombardia sarà assoluta. Il fatto che le Istituzioni siano guidate da rappresentanti politici che fanno riferimento alla stessa maggioranza credo sia un valore aggiunto. Senza contare che anche con il Governo Berlusconi il rapporto sarebbe più diretto ed efficace.
Berlusconi è intervenuto recentemente anche per dire che “Penati è uno sprecone”. Ma Palazzo Isimbardi ha immediatamente replicato dicendo che ha speso molto di più la giunta Colli...
La Giunta Penati si è distinta per aver alzato tutte le tasse di competenza provinciale e per gli sprechi. In cinque anni di governo la spesa corrente della Provincia è cresciuta ed è arrivata a superare i 500milioni di euro, e ha portato al massimo consentito per legge tutte le tasse provinciali. Penati è riuscito a battere tutti i record di pressione fiscale locale: l’addizionale sull’imposta di trascrizione è passata dal 3 al 30%, e adesso c’è pure quella sul consumo di energia elettrica che prima non c’era. Penso che questi dati parlino da soli.
Cosa recrimina maggiormente dell’operato di Penati?
Per cinque anni Penati ha solo illuso i cittadini della Provincia promettendo cose non di sua competenza e trascurando, invece, i temi propri di cui l’ente deve occuparsi. Ad esempio durante la scorsa campagna elettorale Penati promise di abolire il ticket sanitario, pur sapendo benissimo che la sanità non è di competenza della Provincia. Ha investito soldi pubblici per spregiudicate speculazioni finanziarie che hanno solo prodotto l’indebitamento dei cittadini. In ultimo vorrei ricordare come, giorno dopo giorno, si è sgretolata la maggioranza da lui governata. La disomogeneità della giunta di sinistra che ha guidato Palazzo Isimbardi in questi ultimi 5 anni - e che, nonostante i finti divorzi, è già pronta a ricompattarsi di nuovo solo per una questione di potere - ha frenato nella realizzazione di tutte le infrastrutture necessarie per lo sviluppo del nostro territorio.
Ci dice qualcosa della sua esperienza di Coordinatore Regionale di Forza Italia iniziata nel 2008?
Un’esperienza bellissima che mi ha portato ad avere, anche grazie alla mia precedente esperienza europea, una visione d’insieme che dalla Lombardia arriva in Europa. La Provincia di Milano conta circa 3milioni di abitanti, ha un tessuto economico fondato sulle piccole e medie imprese, e noi abbiamo la voglia di far tornare grande l’intera Provincia. Ci impegneremo a fondo e non lasceremo indietro nessuno.
Infine - per farla conoscere un po’ meglio ai lettori di Milanoweb - ci confida il disco, il libro e il film da isola deserta?
Vorrei sentire la voce di Frank Sinatra che canta “My Way”, anche se comunque preferisco le canzoni cantate da mia figlia Annasole. Film preferiti “L’ultimo samurai” e fra i classici “C’era una volta in America”. Per quanto riguarda i libri forse la scelta è ancora “Memorie di Adriano”, ma anche l’ultimo libro che mi ha consigliato mia moglie “L’eleganza del riccio” non è male. In ogni caso, se proprio devo essere sincero, su un’isola deserta vorrei solo mia moglie e i miei figli.

"Sul Festival dei fiori evito di esprimermi"

Ha iniziato la carriera nel 1959 con Nuccio Ambrosino, fondando una compagnia goliardica, e debuttando al Teatro Delle Erbe della Cassa di Risparmio. Dopo quasi 50 anni di esperienza cosa bolle di nuovo in pentola?
In questi mesi sto girando un documentario per le strade e i locali di Milano, da Brera ai Navigli, e sul lago Maggiore dove sono cresciuto e risiedo. Sarà un video ispirato alla mia biografia; uscirà abbinato a un DVD con la sintesi delle mie attuali performance live. Il tutto dovrà essere pronto entro la metà del 2009. Ho poi in mente un nuovo spettacolo teatrale tratto dal mio libro “Scherzi della memoria”. Infine dovrei riprendere le mie “Lezioni concerto”, seminari sulla canzone popolare, sulla poesia lombarda e in dialetto locale, lingua che gli anziani stanno dimenticando e che i giovani vorrebbero conoscere.
In un libro di fine anni ‘70 dichiarava: “Ho quarant’anni, sono ateo da 25, non digerisco i digestivi, mi piace la testina di vitello e il barbera di 16 gradi, sono anti-clericale viscerale, non riesco a smettere di fumare”. Cosa c’è di vero in queste affermazioni? Oggi sono ancora attuali?
Sono tutte vere e attuali tranne quella sul fumo: ho infatti smesso con le “bionde” da tempo.
Quando ha iniziato a tradurre le canzoni di Georges Brassens? E qual è la molla che l’ha spinta a confrontarsi con il grande chansonnier francese?
Di Brassens ho sempre amato la sua eccezionale capacità di giocare con le parole, il gusto della satira e dell’ironia, il suo humor particolare, la sua cultura, la grande poesia. Ho ascoltato per la prima volta Brassens sul finire degli anni ‘50, grazie ai primi dischi arrivati in Italia. Poi Nuccio Ambrosino, con Gianpiero Borella, ebbe l’idea di tradurre un paio di testi in milanese, cambiando però la musica. Io non ero d’accordo e ho approfondito da solo l’ipotesi di un lavoro corretto di trasposizione in milanese del repertorio di questo grande autore. Ho continuato durante il servizio militare, ampliando il repertorio, con particolare riferimento a storie di poveracci, donne di vita, emarginati…
Compresa la bellissima “Chanson pour l’auvergnat?”
Esattamente.
Quante volte ha incontrato Brassens? Che tipo era?
L’ho incontrato una sola volta a Parigi nel 1973, in occasione di un suo concerto al Teatro Bobino. Prima di questo incontro gli avevo scritto 3 volte per mandargli i miei dischi con le sue canzoni tradotte. Lui non sapeva l’italiano (benché la madre fosse napoletana), tantomeno il milanese, ma verificò la validità del mio lavoro e mi scrisse una lettera di congratulazioni. L’incontro di Parigi è stato emozionante, come si può immaginare. Di lui mi hanno colpito la serenità, l’umanità, la dolcezza, la profondità e l’intelligenza dei suoi occhi.
In Italia oltre a lei ha lavorato ai testi di Brassens anche Fabrizio De André: avete mai affrontato insieme l’argomento?
Sì, una sera a Genova e nella chiacchierata scoprimmo che la canzone “Il gorilla” l’avevo tradotta io quattro mesi prima. A parte questo, Fabrizio ha studiato a fondo la poetica di Brassens e ad essa si è ispirato per molte sue canzoni.
I Gufi nascono nel 1964 e si sciolgono 5 anni dopo. Si sente ancora con Patruno e Brivio?
Certamente. Ho girato con loro due scene per il documentario che sto preparando.
Nel 1966 le prime apparizioni TV a “Studio Uno” e ad “Aria Condizionata” . Poi nel 1973 “Il calzolaio di Vigevano”.
Cosa ne pensa della TV di oggi? Ce li vedrebbe I Gufi in diretta a Zelig?
A parte il fatto che Magni non c’è più, non avrebbe senso pensare di proporre oggi in TV un quartetto di cabarettisti in voga 40 anni fa, risulterebbe anacronistico, lo stile televisivo è cambiato, la comicità non è più quella di allora. Avrebbe senso solo se I Gufi avessero proseguito nella loro avventura insieme elaborando il loro stile in base alle nuove esigenze.
Nel 1981 I Gufi si riuniscono per partecipare a San Remo con la canzone “Pazzesco”. Cosa si ricorda di quella esperienza? Qual è la sua opinione sul Festival dei Fiori?
Sul Festival dei Fiori evito di esprimermi. Per ciò che riguarda la nostra esperienza a San Remo ci arrivammo dopo una serie di spettacoli ad Antenna 3. Il nostro stile, però, non era adatto alla kermesse sanremese e così le cose non andarono granché bene, anzi male.
Gruppi moderni come gli Skiantos o Elio e le storie tese si dicono debitori del cabaret dei Gufi. Che ne pensa?
Ognuno di noi ha varie figure di riferimento dalle quali poi matura la propria vena artistica.
La sua attività artistica ha avuto un ruolo determinante nel mantenere viva la cultura popolare milanese. Potrebbe citare un paio di canzoni che affondano le loro radici nella notte dei tempi?
Il primo esempio di scrittura in rima in lingua milanese pare risalga all’epoca del Barbarossa, la famosa “Come diruto Mediolano”, ma di canzoni arrivate fino a noi si può parlare solo a partire dalle antiche ballate narrative medievali e rinascimentali come “Pellegrin che vien da Roma” e “A gh’era il fiol d’un conte” .
El magnano, el molètta, el polliroeu sono alcuni dei mestieri citati nel suo repertorio...
El magnano aggiustava le pentole, el molètta affilava i coltelli, el pollireu vendeva i polli e le uova. Poi c’erano l’ombrellée, el cadreghée…
Fra le canzoni della mala “La povera Rosetta” è forse la più famosa: si parla di un fatto di cronaca nera avvenuto dalle parti di piazza Vetra nel 1913…
Questa storia ha avuto diverse versioni: protagonista una ragazza molto bella che la sera lavorava in un caffé chantant ai Giardini pubblici e di notte raggiungeva piazza Vetra a fare la vita. Venne uccisa dall’amante geloso che era un agente di polizia, pare… questa è la versione più nota.
Altra gemma del suo repertorio è “Porta Romana”, melodia che ricorda certi stornelli romani…
È una canzone “carceraria” e pertanto risente di influenze di altre regioni; poi è entrata nel repertorio popolare con strofe goliardiche e d’osteria.
Com’era Corso Buenos Aires – dove lei è nato – negli anni ‘50?
C’erano 5 o 6 linee di tram che mi portavano dappertutto. Non esisteva la metropolitana. Noi ragazzi ci trovavamo al Motta di piazza Lima e passeggiando arrivavamo a bere l’aperitivo in San Babila.
Come mai se ne è andato da Milano? Come si trova sulle rive del lago Maggiore?
Sai, a una certa età non vivi le notti milanesi… Poi l’aria inquinata, il traffico. Vivo sul Lago da dieci anni, sto benissimo, coltivo l’orto e ho una barchetta per andare a pescare. A Milano comunque torno sovente per motivi di lavoro o per vedere la mia nipotina.
Il lago come fonte di ispirazione... Cosa ne pensa dei racconti di Andrea Vitali (da alcuni considerato il nuovo Piero Chiara) e delle canzoni di Davide Van de sfroos?Vitali come Chiara sa riportare personaggi e atmosfere che un amante del lago non può non apprezzare. Davide ha avuto il grande merito di rendere attuale e addirittura internazionale il dialetto lariano con testi molto belli oltre che originali.
Si parla tanto di morti bianche e lei nel 1964 ha composto i seguenti versi: “Si può morire facendo il presidente, si può morire scavando una miniera, si può morire d’infarto all’osteria, o per vendetta di chi non ha niente. Si può morire uccisi da un regime, si può morire schiacciati sotto il fango, si può morire attraversando il Congo, o lavorando in alto sul cantiere”. Sono ancora attualissimi…
Ho anticipato i tempi con una canzone che, in realtà, era un brano di speranza. Purtroppo le cose da allora non sono cambiate, anzi in certi casi sono addirittura peggiorate. Il dramma delle morti bianche è solo uno dei tanti problemi dei nostri giorni.
Dario Fo, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber. Chi ha frequentato di più?
Ci siamo incontrati in qualche occasione, ma non abbiamo mai collaborato.
Però ha riproposto dal vivo dei pezzi di Jannacci come “L’era tardi”...
Ma anche “Andava a Rogoredo”, “Prendeva il treno” e “Per un basin” sono entrati nelle mie antologie discografiche sugli autori milanesi.
Milanoweb sta cercando di intervistare i milanesi che hanno contribuito di più alla salvaguardia della cultura popolare. Ha qualche nome da proporci?
Umberto Faini a Milano e Francesco Magni in Brianza.
“Salve o Regina, madre di misericordia, vita e dolcezza e speranza nostra”. È in grado di proseguire?
No, sono ateo e non mi interessa.
Però anche questa è cultura popolare…
La mia cultura è contro tutte le religioni che hanno ammazzato il progresso e qualche fautore della libertà di pensiero. A parte le stragi e le guerre sante.

(Intervista condotta in via Pacini, il 27 ottobre 08)

'Twenty Questions' a Riccardo Luna, direttore di Wired

Nome, cognome e luogo di nascita...
Riccardo Luna, Roma.
Che soprannome aveva da piccolo?
Rickymoon.
Il primo ricordo dell’infanzia?
Vaghi.
Su che giornale ha scritto il primo articolo?
Il giornalino murale del mio liceo, 'Giulio Cesare'.
Il nome del giornalista che, più di altri, ha influito sul suo stile...
Nessuno. Da piccolo leggevo volentieri Zucconi, Pansa e Biagi.
In che percentuale gli assunti regolarmente in una redazione si possono dire ‘raccomandati’?
Zero nelle mie, le altre non so, temo di più.
Lenin diceva che “i comunisti sono la parte progressiva più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi; Mussolini che “il fascismo non è un partito, ma un movimento”. Quale frase preferisce?
Lenin? Mussolini? Preferisco domande con più senso (o almeno dove capisca il senso).
Cosa ama di Milano?
La metropolitana.
E cosa la disgusta?
Mi disgusta il razzismo ovunque si trovi, c'è sempre qualcuno più a sud di noi. Ma in un anno e mezzo a Milano non ne ho trovato più che altrove.
Un vizio al quale non può rinunciare...
Non saprei, davvero.
Proust diceva: “Lasciamo le donne belle agli uomini senza immaginazione”. Come interpreta questa massima?
Vale la risposta alla domanda su Lenin e Mussolini.
L’effetto serra: è tutta colpa dell’uomo... Oppure: l’uomo non c’entra niente, è la natura che fa il suo corso...
E' molto colpa dell'uomo ma siamo in tempo per rimediare.
Scopriremo gli extraterrestri fra il 2015 e il 2025. È il parere di molti scienziati. Dovesse incontrarne uno affamato, che piatto gli consiglierebbe?
La pizza.
Quanto è difficile pronunciare la parola “ti amo”?
Facilissimo, se si ama.
Emily Dickinson spiegava così l’aldilà: “È invisibile come la musica, ma concreto come il suono”. Margherita Hack invece: “Io non credo assolutamente né a Dio, né all'anima, né all'aldilà: l’anima è nel nostro cervello”. Dove si ritrova di più?
L'aldilà e dio non riesco a chiuderli in una massima, non ancora almeno.
Quante mail riceve in media al giorno il direttore di un giornale importante come il suo?
Trenta al minuto nei giorni feriali, nel weekend pochissime.
E quante ore passa al telefono?
Troppe, ma su internet di più.
Salari bassi per molti, altissimi per pochi. È la cosiddetta crescita diseguale, (in inglese “growing unequal”, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Perché l’uguaglianza sociale continua a essere un’utopia?
Il problema non è la diseguaglianza, quanto l'assenza di meritocrazia.
La sera prima di addormentarsi... un quotidiano o un romanzo?
Romanzi solo in vacanza.
Un pomeriggio di relax: un disco rock o un cd di musica classica?
Qualunque cosa, con mia moglie e mia figlia.

giovedì 27 agosto 2009

A due passi dal "Duomo di Notte"

Due anni dopo “In viaggio” rieccoti con “Vai protetto”, il risultato di 30 anni di successi. Il nuovo disco comprende alcune delle tue più belle canzoni, ma anche ‘chiccherie’ del tutto inaspettate come la versione ironica di “A voi romani”. Qual è la molla che ti porta ancora a sperimentare e rinnovarti?
La grande passione che, nonostante gli anni, continuo a nutrire per la musica. Da ciò scaturisce il desiderio di rinnovarmi di continuo, individuando soluzioni nuove nei testi e nelle musiche e collaborando con musicisti di ogni provenienza. Per quanto riguarda la versione ironica di “A voi romani” è per ribadire il fraintendimento patito dalla mia prima versione, considerata una condanna nei confronti dei romani. In realtà nelle mie intenzioni c’era solo la volontà di accusare una certa classe politica. A riprova di ciò in questa mia ultima versione sono affiancato da Franco Califano, mitico rappresentante (benché nato a Tripoli) della città eterna.
Relativamente all’industria discografica hai recentemente confidato a un tabloid che “siamo in un territorio anestetizzato dalla velocità e così oggi non si creano più le carriere, non c’è tempo”. C’è dunque il rischio che il mercato discografico di domani possa essere rappresentato solo dalla cosiddetta musica ‘usa e getta’?
Certamente, oggi, è molto più difficile dar vita a progetti a lungo termine, coltivare negli anni un artista prima di farlo esplodere a livello nazionale, ma questo non significa che la musica ‘usa e getta’ avrà il sopravvento. Probabilmente, nei prossimi anni, assisteremo a una grossa rivoluzione in ambito discografico che, in qualche modo, consentirà ancora ad artisti di talento di emergere.
Un tempo, peraltro, c’era meno concorrenza...
In effetti il mercato attuale è stracolmo di proposte discografiche che però, nella maggior parte dei casi, rimangono fenomeni di nicchia, ‘di quartiere’. Diciamo che oggi, rispetto a quando ho iniziato io sul finire dei Settanta, occorre darsi da fare tre volte tanto per ottenere magari metà di quello che si poteva ottenere un tempo.
Al di là di questo periodo di transizione discografico, c’è qualche artista italiano che continua a emozionarti?
Vasco Rossi, con cui, peraltro, ho avuto modo di esibirmi a inizio carriera. Mi riferisco a un concerto che mise in piedi Bibi Ballandi (organizzatore di grandi eventi televisivi, l’uomo che riportò Adriano Cementano in televisione, che ha rilanciato alla grande Gianni Morandi, che ha inventato la nuova star del sabato sera, Rosario Fiorello, ndr), invitando a alternarsi sul palco sette cantautori fra cui il sottoscritto e, appunto, l’autore di "Anima fragile".
Che anno era?
Il 1979.
Poi?
Direi Zucchero, di cui mi piace la grande capacità di rinnovarsi, e Niccolò Fabi, figlio del mio storico produttore (Claudio Fabi), fra le migliori proposte della cosiddetta ‘generazione di mezzo’.
Con la canzone “Cina” ritroviamo l’oriente nel messaggio che accompagna la presentazione del tuo nuovo disco: “L’arte è come un fiore che nasce sul bordo della strada senza chiedere niente a nessuno, ma sempre pronto a farsi cogliere da chi lo sa riconoscere”. Sono le parole di Osho, maestro spirituale indiano, padre del controverso movimento ‘Osho-Rajneesh’. In che modo culture tanto lontane influenzano il tuo pensiero?
In realtà non le vedo come culture così lontane. In fin dei conti il confronto con il cosiddetto oriente, può anche essere inteso semplicemente come un modo particolare di guardare al di là dei confini del proprio orticello. Osho, peraltro, ci ricorda che tutti i grandi padri spirituali - Gesù, Budda, Maometto - dicevano la stessa cosa, a riprova di un’origine comune di tutte le culture, poi strumentalizzate da politici e religiosi.
La canzone “Il Duomo di notte” è stata inclusa nella classifica delle 100 canzoni fondamentali nella storia del pop-rock. Cosa si prova a vedere il proprio nome di fianco a mostri sacri come John Lennon (presente con “Imagine”) e Bob Dylan (con “Like a Rolling Stones”)?
È una grandissima soddisfazione, considerando anche il fatto che per i primi tre anni della mia carriera nessuno era interessato a canzoni come questa. E invece, proprio “Il Duomo di notte” è arrivata a essere inclusa fra le 100 migliori canzoni della storia del pop-rock. È un aneddoto che mi piace raccontare a chi inizia oggi la carriera di musicista: dietro a un insuccesso, infatti, può sempre celarsi un inaspettato traguardo.
Sempre a proposito di Dylan, nel 1992 apri un suo concerto a Genova in occasione del 500esimo anniversario della scoperta dell’America... Sei riuscito a scambiare due chiacchiere con l’autore di “Blowin’ in the wind”?
Scambiai con Dylan qualche parola nel backstage e fui impressionato dalla sua cordialità. Poi negli Stati Uniti ho più volte avuto modo di chiacchierare con suo figlio Jesse, oggi regista affermato, e la mamma di Suzie Rotolo, storica fidanzata di Bob ai tempi del Greenwich Village.
‘Milano da bere’ è un’espressione giornalistica che definisce alcuni ambienti meneghini nel corso degli anni ’80, periodo in cui il capoluogo lombardo è un centro di potere presieduto dai socialisti e contraddistinto da un benessere diffuso, dal fashion e dal rampantismo. Tu, questi anni, li hai vissuti in prima persona, al fianco di altri personaggi celebri della canzone italiana come Alberto Camerini, Eugenio Finardi...
Era una Milano piena di energia, frizzante, dove si respirava un’atmosfera internazionale, sembrava di essere a Londra o a New York. Anche artisticamente era molto viva, le mostre d’arte moderna erano il pretesto per incontrarsi e ‘fare cultura’. Poi però le cose cominciarono a cambiare fino al patatrac finale di Tangentopoli.
Ricordi qualche locale tipico di quegli anni?
Innanzitutto il Plastic, frequentato da ogni genere di persona e con un atteggiamento molto – diremmo oggi – ‘di tendenza’.
Se non sbaglio hai perfino dedicato una canzone a questo storico locale...
“Plastic Messico”, nel biennio ’83-’84, praticamente il primo rap italiano.
Alberto Fortis cantautore, ma anche poeta. Nel 1986 debutti con la raccolta di poesie “Tributo Giapponese” (ancora l’oriente), nel 1994 con “Dentro il giardino”. Oggi sei direttore artistico del “Progetto Quasimodo”, il cui scopo è quello di far sposare le liriche del Nobel siciliano alle musiche di Fortis. Qual è la differenza fra canzone e poesia?
Può non esserci differenza fra canzone e poesia, infatti molti cantautori sono anche poeti. Cito un esempio su tutti: Jacques Brel.
E “Via del Campo” di De Andrè, da te interpretata?
Questa, probabilmente, è la migliore poesia di De Andrè.
Claudio Fabi il produttore, Niccolò Fabi il cantautore. Qualche altra collaborazione in vista?
Nulla di imminente, ma non escludo che nel mio prossimo album possa invitare Niccolò a cantare un pezzo.
È vero che ti sei esibito al Cavern Club, storico locale in cui debuttarono i Beatles?
È successo ad agosto di quest’anno grazie all’amicizia che mi lega a Rolando Giambelli, presidente di “The Beatle People Association of Italy”. Una serata emozionante in cui abbiamo proposto molte cover di Lennon e McCartney.
Hai collaborato anche con George Martin, mitico produttore del quartetto di Liverpool?
In “Fragole infinite”, mio quarto album. Registravamo a Londra, di fianco allo studio di Paul McCartney.
Che tipo era Andrea Pazienza, geniale disegnatore dei fumetti presenti nel video “Milano e Vincenzo”?
L’ho conosciuto pochissimo. Ci siamo sentiti al telefono, dopo aver saputo che gli piaceva la mia canzone. Credo fosse il primo videoclip illustrato da Andrea. Quest’anno in compenso – in occasione del decimo anniversario della sua scomparsa – ho preso parte a un concerto organizzato nel suo paese natio – San Menaio, in Puglia – dove ho conosciuto l’intera famiglia del fumettista.
Un video nuovo in programma?
Sarà pronto per il 2009.
Hai ascoltato “Circo Immaginario”, disco del 2006 di Rossana Casale, tua storica partner?
Sì e mi è piaciuto. Rispetto ai dischi precedenti c’è meno jazz e più pop, è la Rossana che prediligo. Personalmente la ritengo la Stevie Nicks d’Italia.
"Milano e Vincenzo" è una delle tue canzoni di maggiore successo... Il Vincenzo che vorresti ‘ammazzare’ è il famoso produttore Micocci, padrino anche di altri artisti come De Gregori, Venditti, Rino Gaetano. Alla fine vi siete riconciliati?
Certamente. Ho perfino collaborato con suo figlio, in un recente tour. In fondo Vincenzo è stato un grandissimo talent scout...
È il periodo romano di Fortis e stava per esplodere l’ermetismo di De Gregori...
Ricordo un giorno che stavamo aspettando Micocci... Mi propose di ascoltare dei suoi provini che apprezzai molto. Poi venni a scoprire che sarebbero serviti per dare alle stampe “Rimmel”.
Poi c’è l’intramontabile “Settembre”...
È la canzone che mi ha cambiato la vita. Ci sono il ricordo delle vendemmie che vivevo nella casa dei nonni vicino a Gattinara, in Piemonte, e l’immagine più o meno definita di un amore.
Nel 2006 arrivi quarto a ‘Music Farm’. Come hai vissuto l’esperienza con Simona Ventura, sempre più proiettata nella dimensione di ‘talent scout’?
È stato un incontro importante, maturato grazie al lavoro di Fio Zanotti, mio ex produttore. Simona Ventura è stata molto brava a valorizzare le potenzialità artistiche dei partecipanti, a scapito dei battibecchi creati apposta per fare audience.
Grazie a una lunga permanenza negli Stati Uniti sei riuscito a coinvolgere in alcuni tuoi progetti musicisti di assoluto valore, comprimari di icone leggendarie come Al Jarreau o i Supertramp. Chi è il musicista che stimi di più fra i tanti che ti hanno accompagnato nella tua lunga carriera?
Sono davvero tanti... Potrei citare Alex Acuna, batterista, collaboratore dei Weather Report, e Abraham Laboriel, bassista, più volte sul palco con Steve Wonder.
Benché tu sia nato a Domodossola, con tutti gli anni che hai trascorso a Milano, ti puoi ormai ritenere un autentico ‘bauscia’, peraltro abiti a due passi dal Castello Sforzesco... Come si dice in milanese: “Usciamo a mangiare la trippa?”.
Ah, non lo so. La Milano a cui sono interessato – benché conscio dell’importanza delle tradizioni e dei costumi locali – non è quella di una volta, ma quella che guarda al futuro, all’Europa.
Probabilmente mi sentirei più a mio agio sentendomi domandare in milanese “Usciamo a mangiare il sushi?”.

(L’intervista è avvenuta in via Rovello 19, zona Cairoli, Milano).

"Il sottosuolo milanese è ricchissimo di reperti archeologici"

Settimana scorsa l’inaugurazione della nuova sala dedicata ai Greci, in presenza dell’assessore alla Cultura Finazzer Flory. Come è andata la cerimonia?
Direi molto bene. Grazie all’assessore e al folto pubblico presente.
Nella nuova sala dedicata ai Greci, appena superato l’ingresso, colpisce immediatamente il ‘Cratere di Parthenopaios’. Cosa narrano i bei disegni del lato A?
Il cratere si ispira a una tragedia di Eschilo, “I sette contro Tebe”, che narra la tragica storia di Laio, re di Tebe e della sua discendenza e che si conclude con la guerra fratricida tra Eteocle e Polinice, figli di Edipo, per il possesso della città.
Cosa ci può raccontare delle affascinanti statuette cicladiche?
Sono il prodotto della cosiddetta civiltà cicladica del III millennio a.C. - società di esperti navigatori e commercianti - sviluppatasi nelle isole Cicladi. Si tratta di figurine molto stilizzate in marmo che rappresentano di solito una figura femminile, interpretata come la dea madre.
Molto bella anche la sezione dedicata ai bambini, con giocattoli risalenti a più di 2.500 anni fa...
Il mondo dei bambini ci sfugge, anche a causa dell’altissimo tasso di mortalità alla nascita (oltre il 90%) e dell’abitudine di esporre (cioè abbandonare) i bambini nati deformi o comunque non graditi. Quello che ci rimane sono i giocattoli rinvenuti nelle tombe. La condizione dei bambini non era certo delle migliori, ma far figli, soprattutto maschi, era indispensabile, in quanto futuri soldati per la protezione del territorio dai nemici.
E quella dedicata alle stoviglie degli antichi greci. In questo caso, è possibile risalire alla loro dieta?
Abbiamo notizie dalle fonti storiche (ad esempio i Depnosofisti, un trattato di II-III sec. d.C. con ricette, diete, elenchi di cibarie per banchetti) e poi dati degli scavi archeologici. Si trattava di una dieta comunque frugale, rispetto ai canoni odierni, a base di pesce, verdure, cereali, miele, destinata soprattutto alle classi più abbienti.
Che relazioni ci sono fra Maria, madre di Gesù, e la dea greca Demetra, madre di Kore?
Ci sono profonde e persistenti relazioni tra le divinità greche e il mondo cristiano. I cristiani, spesso, festeggiano ricorrenze di santi proprio negli stessi periodi in cui si svolgevano feste pagane. Basti pensare alla nascita di Cristo, il 25 dicembre, che corrisponde alla nascita di Mitra, divinità orientale, che nasce in una grotta e a cui era sacro il toro. Demetra, in quanto dea della natura e della fertilità, si identifica naturalmente con la Vergine Maria, soprattutto in santuari campestri dove le donne vanno ancora oggi a pregare per la fertilità (ad esempio il santuario di Bitalemi vicino a Gela, in Sicilia).
Avete contatti con il prestigioso Museo Archeologico di Atene?
Non in maniera specifica, come con altri musei, per scambi di pubblicazioni, prestiti, documentazione fotografica di reperti...
Spostandoci nelle altre sale del Museo scopriamo un’intera area dedicata agli Etruschi. Nella città di Milano rimane qualche traccia del misterioso popolo proveniente dall’oriente?
Purtroppo no. La collezione etrusca del Museo è frutto di acquisti e donazioni.
Mediolanum è stata innanzitutto una città romana e lo testimoniano i numerosi reperti ritrovati. In questo momento vicino alla Basilica di Sant’Ambrogio sono in corso degli scavi...
Bisogna rivolgersi alla Soprintendenza Archeologica che ha la direzione dei lavori. Comunque il sottosuolo milanese è ricchissimo di reperti archeologici, che testimoniano la continuità di vita della città dal V sec. a.C. fino ad oggi. Purtroppo non avendo Milano cave di pietra o argilla nei paraggi, capitelli, statue e materiali archeologici dei periodi più antichi sono spesso stati reimpiegati nella costruzione degli edifici più recenti (ad esempio le cantine del sei-settecento).
Qual è il cimelio di età romana che le altre città ci invidiano di più?
Non saprei. Ogni città ha tracce del suo passato che sono uniche e importantissime per i suoi abitanti.
Dove potrebbero ancora nascondersi tracce romane?
Nel centro storico, sotto le fondamenta dei palazzi, lungo gli assi viari più importanti, quasi tutti di origine romana.
Curiosa, poi, la parte dedicata all’arte del Gandhara. Da dove provengono i reperti conservati in questa ala del Museo?
Sono il risultato di un acquisto effettuato dal Museo negli anni Ottanta presso il mercato antiquario.
Capitolo Medioevo. Immaginiamo una cartina tridimensionale della città di Milano datata anno Mille: cosa potremmo vedere?
Molti monasteri e conventi, e una serie di edifici molto poveri in legno e terra battuta. Abbiamo pochissime tracce archeologiche di quel periodo. Le ricostruzioni dei secoli successivi hanno infatti distrutto le tracce più antiche.
Esistono ancora oggi costruzioni in muratura risalenti al periodo di Anselmo da Baggio?
Anselmo da Baggio fu papa nella seconda metà dell’XI secolo. Di quel periodo rimangono alcune illustri testimonianze soprattutto nel campo dell’architettura religiosa (ad esempio parte della basilica di sant’Ambrogio, successivamente ricostruita e la chiesa sotterranea del santo Sepolcro ) e molti capitelli a testimonianza di edifici cultuali successivamente demoliti.
Quanti sono i pezzi archeologici attualmente presenti nel Museo?
Il Museo è diviso in sette sezioni, cinque in corso Magenta 15 (greca, etrusca, Milano antica, gandhara e altomedioevo) e due al Castello (Egitto e preistoria). Esposti sono solo una piccola parte degli oggetti, per motivi di spazio (qualche centinaio) ma nei depositi vi sono migliaia di reperti.
Con quale frequenza le collezioni vengono aggiornate?
Il Museo di corso Magenta è stato rinnovato completamente nel 2003. Le sezioni del Castello sono state riallestite nel 2000.
Qual è l’oggetto più prezioso conservato fra le mura della struttura di corso Magenta?
La coppa diatreta. Si tratta di una coppa in vetro intagliato e traforato di IV sec. d.C., unico esemplare integro conservato di questa particolare tipologia di manufatti. Venne rinvenuta nel XVII secolo in una tomba a Castellazzo Novarese, acquisita dalla famiglia Trivulzio e successivamente dal Comune di Milano.
E fra quelle del Castello Sforzesco?
Nella sezione egizia di grande interesse è il “Libro dei morti”, un papiro lungo circa sei metri con tutte le formule che servivano al defunto per il viaggio nell’oltretomba.
Il Museo Archeologico è collocato in un contesto architettonico molto particolare, l’ex convento del Monastero Maggiore di San Maurizio. Ci può raccontare la storia di questa affascinante costruzione?
Il Museo archeologico sorge sui resti di una domus (ricca dimora) del I secolo d.C. e sui resti del circo (edificio destinato alle corse dei cavalli) e della cinta muraria di IV secolo. Al suo interno si conservano ancora i resti di una delle torri del circo e di una torre poligonale a 24 lati.
È vero che, prossimamente, il Museo amplierà il suo spazio?
Sì, nell’immobile adiacente di via Nirone, si spera nel 2010. Qui verranno spostate le sezioni greca etrusca e altomedioevale e creato un ampio spazio per le attività didattiche del Museo, mentre l’area di corso Magenta 15 sarà destinata alla Milano antica.
Finiamo con il calendario delle visite gratuite per adulti, famiglie e bambini. C’è qualche appuntamento particolare che si sentirebbe di consigliare ai lettori di Milanoweb?
Ogni fine settimana il museo archeologico offre visite guidate gratuite e a pagamento per adulti e bambini. Il calendario è scaricabile dal sito del comune di Milano, cultura, museo. In questo mese vi sono molte iniziative collegate alla nuova sezione greca di recente inaugurata.

(Intervista condotta il 23 gennaio 09)

mercoledì 26 agosto 2009

Carla De Albertis e "l'opportunitsta" Fini

Carla De Albertis candidata alla Provincia per NordDestra. Cosa si aspetta da queste nuove elezioni?
Di potenziare la voce della destra del Nord. E di portare in Provincia coerenza, concretezza, serietà ed attenzione ai cittadini. Cose che alla politica mancano molto di questi tempi.
Secondo Berlusconi vincerà al primo turno Podestà...
Si vedrà. Decideranno i cittadini.
Quali sono i tre problemi milanesi che vorrebbe immediatamente risolvere se dovesse essere eletta?
La sicurezza delle donne, l’invasione di rom, clandestini e “nomadi”, la crisi delle piccolissime, piccole e medie imprese del territorio.
Recentemente la Lega ha proposto di istituire lo studio dei dialetti nelle scuole. Cosa ne pensa di questa iniziativa?
Perché no? Purché siano intesi come materia integrativa. Le scuole godono di un certo margine di autonomia. Se questa scelta fosse coerente con l’offerta formativa, potrebbe essere un bel modo per valorizzare il patrimonio culturale del nostro territorio. Naturalmente, prima l’italiano e senza trascurare le lingue straniere…
Anche voi, infatti, siete per la difesa della cultura locale...
Noi siamo per la difesa della nostra identità, dei nostri valori, della nostra cultura e tradizione. Siamo quindi certamente per la valorizzazione delle specificità culturali, non in opposizione ma in sinergia con i nuovi saperi. Serve parlare inglese e conoscere il computer ma se si trascura la tradizione culturale dalla quale si viene, si rischia di perdere un capitale che ci rende unici, e quindi potenzialmente più competitivi. Aperti al mondo ma sempre italiani.
Recentemente ha dichiarato: “Io sto con gli sbirri”. In che modo un potenziamento delle forze dell’ordine potrebbe risolvere i numerosi problemi della città?
“Io sto con gli sbirri” contro chi gli sbirri li demonizza. Le forze dell’ordine rischiano la vita per la nostra sicurezza, hanno stipendi da fame e condizioni operative ridicole. E quando, per difenderci, ci scappa la vittima, beh, sono loro che finiscono in galera mentre il ladro la fa franca. Le sembra giusto? Il controllo del territorio è pregiudiziale alla sicurezza, a quella percepita come a quella effettiva. Ma per garantire sicurezza, le forze di polizia devono poter esser messe nella condizione di operare. E questo significa più mezzi, una migliore organizzazione del personale, ed un maggior riconoscimento del loro valore professionale.
Sempre relativamente agli sbirri NordDestra propone quindi un aumento degli stipendi dei poliziotti e dei carabinieri...
Per intenderci, in una città come Milano con lo stipendio medio di un agente non ci si può permettere neppure un monolocale in affitto. Per questo, NordDestra propone due interventi precisi: un “piano casa” straordinario per gli agenti. Ed un adeguamento di una porzione variabile del salario al costo della vita del contesto “locale”. È anche così che si fa sicurezza. Incentivando le nostre migliori risorse umane a rimanere sul nostro territorio, dove si sono professionalmente formate e dove hanno acquisito esperienza. Sennò è evidente che alla prima occasione utile, questi agenti chiederanno il trasferimento in quelle regioni del paese dove vivere costa meno.
“Nelle oasi di benessere di Landi (attuale assessore alla salute del comune di Milano) non si fuma ma si stupra”. Vuole commentare meglio questa affermazione?
Se vivessimo in un paese a criminalità zero, potremmo anche dedicarci a questo. Ma nei nostri parchi – anche in pieno giorno - avvengono crimini ben più inquietanti: stupri, spaccio di droga, molestie ai minori, clandestinità impunita ed incontrollata. Non crede che sarebbe meglio se gli agenti si occupassero di impedire la violenza contro le ragazze piuttosto che perseguitare un fumatore, magari adulto, consapevole, solitario ed inoffensivo? La lotta al tabagismo, di per sé, è una battaglia giusta. Ma imporre il divieto di fumo anche in un’area aperta, come i parchi, ha senso solo se c’è chi, quel divieto, lo fa rispettare. Quindi, al momento le priorità sono altre.
NordDestra chiede da tempo l’istituzione del reato di Terrorismo urbano organizzato. Come procede la causa?
Stiamo raccogliendo migliaia di firme di cittadini. I milanesi sono stufi di vedere i “bravi ragazzi” dei centri sociali terrorizzare la città, danneggiare i beni pubblici, di occupare proprietà private…e farla franca come fossero solo “ragazzi un po’ esuberanti”. Sono terroristi, invece, sono organizzati, sono pericolosi e sono “coperti” dalla sinistra salottiera e intellettualoide vicina al presidente della provincia uscente.
Alla proposta di Salvini di disporre vagoni del metrò solo per le donne italiane, lei risponde proponendo l’impiego di poliziotti sulle carrozze dei mezzi pubblici...
Quella di Salvini, la prendo come una provocazione. Tutti noi milanesi siamo stufi della presenza di rom, clandestini, pseudo-mendicanti sui mezzi pubblici ma la proposta di Salvini oggettivamente è impraticabile e non risolve il problema all’origine. La presenza di forze dell’ordine sui mezzi pubblici, invece, significa deterrenza e possibilità di intervento tempestivo.
In che senso Fini cede all’ideologia dell’accoglienza?
Guardi, con il voto agli immigrati, il Corano nelle scuole, l’accorciamento dei tempi di cittadinanza… e dopo aver celebrato il funerale di Alleanza Nazionale, beh, ormai Fini è a tutti gli effetti il capo “carismatico” della sinistra.
Allora è anche lui un buonista?
Peggio, è solo un opportunista. La sola coerenza di Fini è la sua incoerenza. È un po’ un “personaggio in cerca di autore”…
Come risolverebbe il problema rom? Una volta smantellato un campo irregolare (o regolare) dove indirizzerebbe gli sfollati?
Ma quali sfollati? Sono nomadi, no? E allora che girino un po’ dove gli pare ma non a casa nostra. Vadano nei campeggi, paghino, lavorino ma soprattutto che nessun euro dei milanesi vada ai rom.
Chi è don Colmegna?
Uno impegnato nel business dell’accoglienza “a prescindere” agli extra-comunitari e ai rom. Si occupasse con la stessa foga degli umili di casa nostra… Come i comunisti che amano talmente i poveri che li vogliono moltiplicare, così le associazioni che si occupano di extracomunitari e rom hanno come obiettivo di favorirne l’invasione.
Lei è credente? Se sì, non pensa che il Dio dei cristiani e Allah siano la stessa cosa?
La religione è un fatto di credo personale e di coscienza individuale, e ritengo che lo Stato debba essere laico. Non è così per i musulmani: per loro la religione non è un fatto di coscienza ma di legge. È questa la differenza tra il “nostro” Dio ed il loro.
Punti in comune con Forza Nuova?
Nessuno.
E con il Pdl?
Come si fa a capire quale sia la linea del Pdl? Sono una sorta di società “multi-culturale”, dove ognuno dice la sua, dai socialisti a Mastella, alla “fu” An, sino ai radicali ecc. Di sicuro, almeno spero, anche loro sono come noi anticomunisti.
Il “pasticcio” Ecopass?
È stato un vero inganno, un mettere iniquamente le mani in tasca ai cittadini illudendoli che fosse un provvedimento a tutela della salute. Ma quale salute… Pur di non permettere un simile insulto ai cittadini, io ho preferito lasciare la “poltrona” di assessore. L’ecopasticcio della Moratti, come direbbe Talleyrand (politico e diplomatico francese del ‘700, ndr.) “è stato peggio che un crimine, è stato un errore!”.

(Intervista condotta nel mese di maggio 09)